di Emilio Del Bel Belluz
Nei miei tanti
vagabondaggi nel mondo dei libri, un giorno trovai in una bancarella a
Pordenone un volume di Federigo Tozzi . Era nato nel 1883 e morì nel 1920.
Di
questo scrittore ho letto tutti i suoi libri, e con rammarico constato che è
caduto nell’oblio. Sono rari gli scrittori che lo ricordano nelle pagine dei
giornali.
Eppure Tozzi è molto attuale in questo periodo economico difficile.
Rileggendo le prime pagine del libro - Tre croci - si scopre come si viveva agli
inizi del novecento.
Nel 1943 il Paese era attraversato dal tormento della
guerra, e le sorti del conflitto erano ancora incerte Questo libro è il primo
volume dell’opera omnia dello scrittore, stampato dall’editore Vallecchi di
Firenze. Grande fu la mia sorpresa nel leggere sulla pagina interna del libro
la dedica del figlio di Federigo Tozzi:“ Omaggio di Glauco Tozzi Siena, Marzo
1943 V. Cappuccini 150 “.
Provai una grande gioia nello scoprire che questo
testo fosse appartenuto al figlio Glauco e che lo avesse donato a un critico
affinché lo recensisse. All’interno del libro trovai una recensione su Federigo
Tozzi, apparsa sulle colonne del Corriere
della Sera a firma di Corrado Alvaro. L’articolo era stato ritagliato e piegato
con precisione, forse dallo stesso figlio, e datato 13 Marzo 1943. In questa recensione ho sottolineato alcune
parole: “
Di quella stanza di via in
Arcione ho un’ immagine da una novella di Tozzi. Vi si racconta di un
uomo che aspetta una donna, e la donna non arriva e non arriverà. Tozzi era un
poeta di questi ambienti, delle quattro mura in cui si svolge gran parte, e la
più drammatica, della scena umana. Era uno scrittore cittadino, come la maggior
parte degli scrittori toscani, che hanno città perfette, e antiche mura, e una
campagna ugualmente civile.
Qualcuno vuole chiamare Tozzi un barbaro, perché
figlio di un oste e autodidatta. Questo della barbarie, e della primitività, è
un vezzo dei critici ingenui e degli scrittori decadenti: uno scrittore
barbaro, da noi, con tanto passato, è una imitazione e una falsificazione, del
resto non infrequente. Le quattro mura di Tozzi, dicevo, hanno una memoria,
sono piene di dramma; spirano una violenza, un bollore di passioni, di
aspirazioni, di odi, dietro al denaro e al piacere, dietro all’amore, alla
purezza, alla bontà”. Il primo volume dell’opera omnia di Federigo Tozzi conteneva il romanzo – Tre croci- e Giovani
“.
Leggendo questa recensione mi è venuta in mente la novella di Tozzi : “ La
casa venduta” Mi è rimasta incollata al cuore come i suoi battiti. Il racconto
analizza il comportamento del genere umano. Narra di un uomo costretto a
vendere la sua casa per problemi economici, la proprietà inoltre é anche
gravata da un’ipoteca. Il valore dell’immobile è superiore all’offerta dei tre
acquirenti. Al povero proprietario non gli rimane altro da fare che vendere per
ripianare l’ipoteca. Questo triste racconto mi fa pensare alla società attuale,
in cui le persone che sono in difficoltà devono svendere a veri e propri
approfittatori. Nel racconto di Tozzi si conferma l’animo umano che non ha
pietà del prossimo in difficoltà. In
quella casa il protagonista abbandonava tutti i suoi ricordi e con il cuore in
mano chiedeva solo di poter avere qualche soldo per sé. Nessuno dei tre
acquirenti si dimostrò compassionevole, si erano accordati tra di loro per
chiudere quest’affare a loro vantaggio.
Cedendo la casa, il proprietario
lasciava anche le foto che erano appese ai muri, erano quelle della sua
famiglia, quella famiglia che ora non c’era più. La pietà moriva con i nuovi
proprietari che con il bastone hanno buttato giù le foto rovinandole. “ Allora
si fece dare il bastone dal signor Achille e ne buttò giù quasi una fila:
quelle che erano senza cornice. Io avrei voluto raccattarle, ma pensai di
aspettare che se ne fossero andati. Volevo, non di meno, far loro sapere che
erano proprio quelle di mia madre e della mia sorella morte. Forse avrebbero
capito il mio sentimento. Ma non mi arrischiavo, giacché il signor Leandro,
ormai padrone, le aveva buttate giù a quel modo. Non volevo fare una cosa che
non era sicuro se facesse piacere. Allora, siccome era restata, un poco più
alto, una fotografia di mio padre dissi: butti giù anche quella!”
Nel racconto
di Tozzi il vecchio proprietario sprofondava in una grande malinconia data dal
dover stare in compagnia con questi mercanti di disperazione, che non avevano
che un cuore di pietra. Penso a un soldato vinto, che deve stare a tutti i
costi alla mercé del vincitore, ricco
solo d’odio e non di compassione. Quella sera il vecchio rimase senza casa,
dopo essere stato dal notaio, non sapeva dove andare per la notte. La casa
ormai non era più sua e neanche un ricordo aveva potuto salvare. “ Scesi le
scale del notaio, come se mi fossi tolto un peso d’addosso.
Poi non ricordo più
quel che feci e dove passai il resto della giornata. Per la sera non avevo né
da mangiare né da dormire; e mi sentivo affranto. Ma facevo di tutto per
resistere. Quando fu buio, cominciò a piovere dirottamente. Io, allora, andai a
ripararmi sotto le grondaie della mia casa venduta.
Ero tanto triste; ma avrei
voluto essere contento, almeno come la mattina, perché a quell’ora sapevo che i
miei pigionali cenavano, e quelli del quartiere di mezzo avevano l’abitudine di
suonare il pianoforte: sempre qualche polka nuova”.
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