NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

venerdì 14 dicembre 2018

Il libro azzurro sul referendum - XIII cap - 3


S. M. il Re a colloquio coll’On. De Gasperi subito dopo l'adunanza alla Corte di Cassazione del 10 giugno (1)


De Gasperi: «Maestà, le porto il verbale della riunione della Suprema Corte, testé conclusa ». Gli consegnò la busta gialla.
Re Umberto: «La ringrazio. Già lo conosco per averlo ascoltato alla radio»... prese il testo, lo lesse adagio, senza dimostrare speciale emozione.
De Gasperi: «Si tratta del documento previsto dalla procedura conte stabilita alla legge».
Re Umberto alzando lentamente gli occhi su di lui, con tono significativo: «Le pare? Ho motivi di perplessità di fronte a questo documento. E’ una comunicazione provvisoria».
De Gasperi: «La suprema Corte si è attenuta alla forma ed ai limiti stabiliti dalla legge all’art. 17».
Re Umberto: «Non si tratta di questo. La comunicazione della Corte non è quella elle la legge prevede per il passaggio dei poteri. La maggioranza repubblicana non è stata proclamata. La Corte ha fatto esplicito riferimento ad una seconda adunanza, in cui darà il risultato definitivo. Ci troviamo in una fase di passaggio. Del resto sarà cosa di una settimana al più».
De Gasperi cedendo terreno, di fronte all'atteggiamento fermo del Re: «Ma dunque, quale decisione, Maestà, ritiene di prendere?».
Re Umberto: «Mi riservo di pensarci e di decidere. Devo continuare le mie consultazioni. Comunque desidero dire che non intendo aggravare la tensione, che tutti avvertiamo con una intransigenza che potrebbe essere travisata. Animato da spirito di conciliazione, sono disposto a cedere l’esercizio dei miei poteri. In tal modo, restando formalmente immutata la mia posizione di Capo dello Stato, sostanzialmente si apre la porta ad un accordo delle parti, si elimina l’ ostacolo alla collaborazione per l’ultimo periodo. Potrei fare a Lei stessa questa cessione. Sono disposto a lasciare Roma, ritirandomi in altre località, penso a Castel Porziano, si che risulti evidente il mio proposito di non intralciare, nemmeno con la presenza tisica, il normale sviluppo degli eventi. Per il resto, sia la Corona che il Governo si rimettono alla Suprema Corte ».
De Gasperi lo ascoltò pensoso; restò in silenzio, poi rispose con aria sottomessa : « Maestà, Lei mi conosce troppo bene per non rendersi conto che io personalmente accetterei senz’altro questa sua proposta. Ma devo tener conto del Governo. Esso mentre noi parliamo è riunito al Viminale. I suoi principali esponenti mi hanno già espresso la loro intransigenza. Come potrò fare accettare la proposta che Ella mi comunica a un Governo che conta di proclamare la repubblica in serata? Ella sa quali sono i limiti entro cui posso manovrare l’eterogenea formazione governativa, lo mi sforzerò di raggiungere questo compromesso, di esercitare, sia pure con le mie modeste forze, una provvidenziale azione di freno, ma non posso astenermi dall’esprimere profonda preoccupazione per quanto Ella mi dice, anche valutando il turbamento che ne subirà il Paese ».
Come si seppe poi, De Gasperi fu stupito (egli, che aveva bene  interpretato l’atto della Cassazione come una legittima e tardiva ribellione ai soprusi del Governo) della tenacia con cui il Re tendesse ad evitare una rottura, anche a costo di spogliarsi da sé della propria autorità. A uno dei suoi più fedeli collaboratori confidenzialmente disse: «Certo è un galantuomo; d’altri tempi purtroppo... ».

(1) Da Storia segreta..., pug. 158, 159.

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