NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

giovedì 20 dicembre 2018

I Monarchici e il problema dell'Alto Adige - III parte

Una politica nazionale per l’Alto Adige

Dal  quaderno edito nel  1958  dal  Movimento Giovanile del Partito Nazionale  Monarchico

dell’on. Roberto Cantalupo

L’agitazione degli italiani di lingua tedesca nell’Alto Adige diventò d’un colpo violenta e francamente sovversiva subito dopo la firma clamorosa del trattato d’indipendenza dell’Austria: questo segnò il momento culminante della politica sovietica della «distensione». Fissiamo questo punto: indipendenza della repubblica austriaca, proclamazione della sua neutralità nei confronti del conflitto europeo ed inizio vulcanico della propaganda contro lo Stato italiano a Bolzano e Merano, sostenuta strenuamente dal Governo viennese. C’era, o c’è, insomma, un nesso tra quella indipendenza e quella neutralità da una parte, e questa insurrezione antitaliana dall’altra? C'era e c’è ed è un nesso di politica russa.
L’Austria, infatti, vuol rivendicare sul piano irredentistico i territori dell’Alto Adige ed il governo di Mosca è segretamente impegnato ad appoggiare incondizionatamente l’azione austriaca, perché la neutralità permanente austriaca in caso di conflitto europeo verrebbe estesa a tutto l’Alto Adige, ove questo diventasse austriaco: cioè si allargherebbe a sud la zona neutrale europea, che è una concezione puramente sovietica.
Così la pressione russa contro l’Italia, attraverso l’irredentismo altoatesino è la terza grande minaccia slava sull'Italia, intorno all'Italia, per soffocare l’Italia. La prima sale intorno a noi e ci avvolge dal Mediterraneo Orientale per il tramite dei popoli arabi che Mosca tenta di acquisire al suo giuoco; la seconda ci avvolge dai Balcani tramite la Jugoslavia e stringe alla gola dell’Italia la cravatta adriatica che ci strangola; la terza calerà dal Danubio, tramite l’Austria che vi trova la sua palese convenienza nazionalista, se il Governo italiano non reagirà con decisione alle pazzesche pretese dell’imperialismo artigiano e lillipuziano di Vienna.
Le pretese espansionistiche dell’Austria dopo la riacquistata indipendenza, seppure condizionata all'impegno di neutralità, trovano la loro particolareggiata, ma grottesca motivazione, in un memorandum » al governo italiano. In esso il governo austriaco, che minaccia di invocare in merito alle sue rivendicazioni addirittura l’ONU, tentando subdolamente di inserire la questione altoatesina in un meccanismo internazionale che alla lunga potrebbe privare l’Italia della sua libertà di azione, si occupa delle due lingue parlate, in Alto Adige, per lamentare che la parità tra l’italiana e la tedesca non sia di fatto obbligatoria negli atti e rapporti delle amministrazioni in provincia di Bolzano, insistendo nel domandare cioè bilinguismo ufficiale ed amministrativo e conoscenza della lingua tedesca come «condizione indispensabile» per le assunzioni nella pubblica amministrazione alto-atesina!
Se noi accettassimo il bilinguismo amministrativo, l’obbligo ai funzionari di parlare il tedesco, vedremmo presto i nostri municipi della provincia di Bolzano diventare rapidamente «dépendances» del municipio austriaco di Innsbruck, vedremmo funzionari tedeschi rifiutarsi di parlare italiano, e la nostra lingua cadere presto in disuso per il fatto stesso di non essere la sola lingua ufficiale. Slavo a Trieste, francese ad Aosta, tedesco a Bolzano, addio unità linguistica dell’Italia nostra; Il legame che gli austriaci tentano di stabilire tra bilinguismo ufficiale e parlata tedesca dei funzionari, è il disegno di una macchina snazionalizzatrice, che la impudente e tracotante minoranza metterebbe in moto ai danni della maggioranza.
Si badi soprattutto a questo: il concetto di «gruppo etnico tedesco» acquisterebbe cosi un valore di fatto, otterrebbe un riconoscimento di diritto ed equipollenza assurda col «gruppo etnico italiano», e nel complesso determinerebbe la negazione dell’unità nazionale della popolazione alto-atesina nella uguale sudditanza all'Italia. Sarebbe la distruzione di centocinquanta anni di storia vera dell’Alto Adige. Ebbene se la D.C. vuole assumersi questa enorme responsabilità, lo faccia almeno conoscere in modo responsabile sicché gli elettori italiani possano darle adeguata risposta perché la frontiera del Brennero è frontiera anche degli italiani non democristiani!
Inoltre la minoranza tedesca nella regione è prevalentemente agricola, crea poca e fragile ricchezza nelle campagne, vanta una produzione economica solo accessoria in confronto della imponente capacità costruttiva degli alto-atesini italianissimi che popolano i centri urbani e vi creano fonti di lavoro e di denaro continue e generose. Il Governo italiano deve persuadersi che gli accordi De Gasperi-Gruber costituiscono uno strumento per noi pericoloso nelle mani di qualsiasi governo austriaco: sono quegli accordi che limino fatto dell’Alto Adige una provincia diversa da tutte le altre. E’ questo che non deve continuare. La provincia di Bolzano perciò deve ritornare una provincia come tutte le altre ed il Governo italiano può farlo, difendendo così con piena efficacia l’Italianità dell’ Alto Adige, soltanto se oserà operare contro la politica suicida della D. C. trentina.
Purtroppo, invece, alle tesi austriache non si risponde da Roma con la dovuta fermezza, ma si lascia avvalorare l’impressione che il nostro Governo ammette il diritto austriaco ad intervenire nella politica interna italiana, permettendo all'Austria di innovare il concetto di un territorio alto-atesino, non più sottoposto alla sovranità Italiana, ma ad una vera e propria potestà e giurisdizione internazionale, attraverso la istituzione di una commissione mista italo-austriaca competente a vigilare sull'applicazione degli accordi De Gasperi-Gruber; con l’intuibile funzione di  mostrarne l’insufficienza protettiva e farne cosi non un limite d’arrivo, ma una linea di partenza per l’ulteriore offensiva.
La morale di questa brutta favola anti-italiana è che siamo ora in presenza delle conseguenze fatali di una politica regionalistica, autonomistica, ignara o addirittura spregiatrice del concetto dello Stato Unitario al quale ha opposto larvate forme di separatismo psicologico ed economico: ne è derivato da ciò la rapida decadenza dell’autorità centrale e gli stranieri ne hanno tratto per sé tutti i vantaggi, come l’Austria con l’Alto Adige. Intorno ad un regime che «largheggia» in materia di sovranità statale ed ha quasi il complesso di una generica «colpa nazionale», scoppiano appetiti, ambizioni e cupidigie dei popoli confinanti.
Ora noi avevamo previsto tutto ciò da tempo ed alla Camera chiedemmo più volte al Governo di definire e fissare una buona volta la nostra condotta nei riguardi degli italiani di lingua tedesca, imprimendole una linea costante, una finalità precisa e positiva, una libertà completa interna ed esterna escludendo ogni ingerenza straniera, ma tutto ciò che è proposto da destra è respinto a priori dai democristiani ed alleati, quasi si trattasse di inclusioni illecite.
Oggi stiamo constatando dove ci conduce appunto una politica regionalistica male intesa e paggio attuata. Il rimedio, però, c’è, esiste ed è una politica energica e leale, giusta e serena, ferma e sovrana, capace di attirare gradualmente allo Stato, i cittadini di lingua tedesca e, certo, una politica che riuscisse a tanto avrebbe raggiunto una finalità della più grande importanza e darebbe al nostro Stato prestigio larghissimo in Europa.
Ma finché Interessi elettorali regionali, la concorrenza incredibili fra i partiti con le loro passioni segrete e con le loro impostazioni unilaterali anche rispetto agli interessi vitali della nazione, la posizione faticosa e bivalente dei liberali che non possono attuare entro II governo la politica che certo rivendicherebbero se fossero alla opposizione; fino a che vi saranno governi tanto deboli da dover chiedere in Parlamento l’ossigeno dei tre voterelli dei tedeschi di Bolzano; fino a quando insomma il complesso extra unitario che domina la politica dei nostri governi impedirà per mille ragioni che gli alloglotti si ricongiungano a Vienna, invece che  Roma», non c’è che attuare la legge.
«Legge » in sede internazionale significa denunziare gli accordi De Gasperi-Gruber, visto che sono semplici atti tra governi non vincolanti; in politica interna significa procedere con il massimo rigore contro gli attentatori all'unità dello Stato italiano.
La legge e il codice, nient’altro; il diritto internazionale e niente altro, e legge e diritto siano!

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