Periodicamente la Nazione si ritrova a dover affrontare il "problema" di una minoranza alloglotta, la più tutelata del mondo, che forte di questa sua tutela spesso e volentieri ricambia con discreta protervia nei confronti della "minoranza" italiana che è tale solo nella provincia di Bolzano e che viene tenuta spesso ai margini grazie ad artifizi legali, che derogano dalla stessa costituzione repubblicana, come percentuale etnica rigidissmamente intesa ed altre amenità simili.
Sono recenti i tentativi di cancellare la toponomastica italiana, il divieto agli italiani non residenti di possedere una seconda casa in località turistiche, il tentativo del governo di Vienna di annettersi se non il territorio almeno i cittadini di lingua tedesca e ladina.
Il che è decisamente irritante soprattutto quando pensiamo alla sparuta minoranza italiana rimasta al di là di Trieste che dopo più di 70 anni festeggia il fatto che a Fiume ci sia un cartello stradale che rechi il toponimo italiano.
Sono recenti i tentativi di cancellare la toponomastica italiana, il divieto agli italiani non residenti di possedere una seconda casa in località turistiche, il tentativo del governo di Vienna di annettersi se non il territorio almeno i cittadini di lingua tedesca e ladina.
Il che è decisamente irritante soprattutto quando pensiamo alla sparuta minoranza italiana rimasta al di là di Trieste che dopo più di 70 anni festeggia il fatto che a Fiume ci sia un cartello stradale che rechi il toponimo italiano.
Riportiamo il documento del 1957 con la posizione dei Monarchici Italiani del Partito Nazionale Monarchico in merito alla suddetta questione, rimpiangendo ancora una volta che non ci sia una adeguata rappresentanza politica per le nostre idee.
«Giuriamo per i nostri morti, per i nostri discendenti
che questo passo sarà eternamente nostro »
Vittorio Emanuele
Queste parole, che il Re Soldato pronunciò
nei lontano 1921 durante una suggestiva cerimonia al Passo del Brennero a consacrazione
del diritto dell’Italia a quella frontiera, costituiscono per il Partito Nazionale Monarchico, che è appunto « l’appropriato strumento
politico di tutti gli Italiani che intendono essere dichiaratamente monarchici»
(Umberto II) e quindi fedeli alle tradizioni risorgimentali, una consegna alla quale esso non verrà mai meno.
Ed infatti il P.N.M. nella sua ormai più che decennale vita, ha sempre affermato e richiesto ai vari governi ciellenisti e quadripartiti l’adozione di una politica di dignità nazionale in difesa dell’integrità ed unità dello Stato Italiano, da più parti minacciata, politica che prevenisse le artificiose pretese di governi stranieri ad intromettersi negli affari interni dell’Italia come poi purtroppo accaduto nel caso dell’Alto Adige.
Ora quindi, di fronte alla « gonfiatura »
da parte dell’Austria di un « problema dell’Alto Adige » ed alla inerzia con la
quale da parte italiana si segue lo sviluppo della questione, i giovani monarchici
denunciano all’opinione pubblica questo pericoloso stato di cose e per
dimostrare che la critica è valida solo se da essa discenda una soluzione
migliore di quelle fino ad oggi proposte ed attuate, hanno raccolto nel presente opuscolo tre articoli di insigni parlamentari del
PNM, on.li Bardanzellu, de Francesco, Cantalupo, articoli nei quali sono
trattati i diversi aspetti del problema ed è tracciata la strada per
risolverlo. E che siano i giovani ad attuare questa iniziativa non è senza
significato, giacché testimonia ai troppi pavidi ed agli immemori l’attualità e
necessità dell’Istituto Monarchico e l’indissolubilità del binomio
Monarchia-Nazione si che come disse il grande invalido Carlo Delcroix « Italia
e Monarchia insieme sono cadute, insieme risorgeranno ».
Roma, aprile 1957
Il Commissario Nazionale DOMENICO GIGLIO
dell’ on. avv. Giorgio Bardanzellu
Per valutare bene il problema bisogna
tener conto delle ragioni storiche di esso prima che delle argomentazioni
politiche.
Che l’Alto Adige o sud Tirolo, come i
tedeschi lo chiamano, sia Italia è, per chi serenamente ragioni, fuori
questione.
La chiostra dalle Alpi fu considerata dai
Romani prima, dai Longobardi poi ed anche da Napoleone come Claustra Italiae ed
il Brennero come Castrum Italiae.
E’ la geografia che comanda, è Dio che ne
ha fissato i confini in ossature di montagne ed in precisi percorsi di fiumi: Haec
est Italia diis sacra, scrive Plinio il Vecchio!
Italia ad Alpibus incipit, hanno tutti sempre conclamato.
Alberto Dauzat ha scritto che il Brennero
e la linea dello sparti-acque costituiscono la naturale frontiera tra le due
lingue: «i tedeschi che abitano al sud sono ospiti del suolo Italiano», egli
afferma.
afferma.
Ma valga per tutti il
pensiero di Mazzini: « nostro, egli dice, semmai terra nostra è il Trentino,
nostro fino alle Alpi Retiche e nostre sono le acque che ne discendono a
versarsi nell’Adige nel Golfo Veneto. Porta d’Italia: valida frontiera segnata
dalla natura lungo i vertici che separano le acque del Mar Nero da quelle dello
Adriatico».
La realtà storica conferma quella
geografica.
Il dominio romano, iniziato il 15 A. C., è
durato per sette secoli e ritroviamo le orme eloquenti di Roma nedl’Editto di
Claudio in Val di Non che conferma ai Trentini la cittadinanza romana,
nella torre e nel ponte di Druso presso Bolzano.
nella torre e nel ponte di Druso presso Bolzano.
Dopo Roma le popolazioni subirono il giogo
di Teodorico.
I longobardi resistettero per lungo tempo
ai Germani in Val Pusterla e ai Bavari nei valichi di Resia e sul Brennero.
Vinta la resistenza, costoro iniziarono la
marcia verso il sud, dividendo le terre in contee: Tirolo, Eppan, Audach.
Ma, appena ne presero possesso, si dilaniarono fra di loro per il
predominio. Essi erano di origini bavaresi, non austriaca, e tale rimasero fino
a quando la « brutta contessa », Margherita Montasch, trasmise nel 1369 la
contea del Tirolo al cugino austriaco Rodolfo IV.
Fu così che il Tirolo passò agli Asburgo, che ebbero una sola preoccupazione: cancellare quanto vi era di romano e di italico sulle terre di loro dominio.
Fu così che il Tirolo passò agli Asburgo, che ebbero una sola preoccupazione: cancellare quanto vi era di romano e di italico sulle terre di loro dominio.
Ma non riuscirono a spegnere la memoria
degli istituti romani e gli Statuti di Bolzano e di Bressanone ebbero
l’impronta italica come quelli di Trento. Larghe correnti di mercanti e di
banchieri genovesi, lombardi, piemontesi alimentarono, col commercio, la lingua
e la civiltà italica.
La rivoluzione francese portò i
repubblicani a Bolzano, ma, col trattato di Campoformlo, ridiede la regione
all’Austria.
Il trattato di Presburgo (1805) assegnò
Alto Adige e Trentino alla Baviera. Contro di essa si ribellò Andrea Hofer che,
catturato dai francesi, fu fucilato a Mantova nel 1810.
Napoleone incluse la Regione nel Regno
d’Italia ed essa dopo il trattato di Vienna, ritornò all’Austria fino a quando
il valore dei nostri soldati non spinse il Tricolore vittorioso fino alle vette
d’Italia.
Là sono i termini sacri della Patria
nostra.
Le vicende storiche, in Alto Adige come
altrove, hanno determinato correnti umane che si sono sovrapposte, modificando
talvolta caratteristiche e razze.
Vi sono però dei problemi ineliminabili
che nascono dalle viscere stesse delle cose, dei problemi per cui la storia
finisce per ubbidire al diritto divino della terra.
Non può mettersi in dubbio la legittimità
del nostro confine geografico, che è indispensabile alla nostra esistenza
nazionale.
Prima della liberazione, l'iniquità della
frontiera settentrionale gravò, sempre sulle vicende della nostra storia. Vi
furono 144 invasioni dal Brennero: se il Brennero è la Porta d’Italia, un
grande Stato non può vivere con la chiave della porta in mano altrui.
Il diritto alla vita e alla sicurezza del
Paese pretendono il confine delle Alpi. Noi abbiamo preso possesso dei nostri
confini non tanto per diritto di conquista quanto per consacrazione di una insopprimibile
verità storica.
E’ una verità eterna che supera il tempo,
ma è anche un diritto che comporta da parte' nostra il compimento di una
imponente schiera di doveri.
La guerra santificò e suggellò la nostra
unità, unità delle nostre terre, unità delle nostre coscienze. Anche dopo le
dolorose vicende recenti noi siamo rimasti fedeli al nostro destino. Siamo
rimasti fedeli, cioè, ai voleri eterni dello spirito che si riassumono nella fede
religiosa, nell'amore alla famiglia e nella devozione alla Patria.
Abbiamo però la consapevolezza dei doveri
che ci incombono verso le popolazioni idi stirpe diversa che con noi convivono.
Non soltanto in Alto Adige esistono
comunità d’altre stirpi entro 1 nostri confini: alcuni nuclei slavi vivono
presso le frontiere orientali e potrei ricordare anche che una comunità di
origine catalana, che si sente italiana nell'animo, costituisce la popolazione
di Alghero, in Sardegna.
Possono sorgere per essi problemi
particolari, ma sono problemi che devono risolversi entro il confine dello
Stato.
Lo Stato è una forza morale che compie quei
patti che né gli individui né le classi possono compiere e dai quali per secoli
viene trasformato il mondo.
I tedeschi d’Austria ebbero un esempio
della forza dello Stato quando l’Impero comprendeva razze diverse con religioni
diverse, con lingue costumi e civiltà diverse. Tutti obbedivano alle leggi dello Stato come nella Confederazione Svizzera ubbidiscono alle leggi dello
Stato tedeschi, francesi, italiani e ladini.
La questione dell’Alto Adige non va posta
pertanto sul piano Internazionale poiché i limiti riconosciuti e consacrati dai
trattati internazionali e dalla coscienza universale sono intoccabili e inviolabili: Pacta sunt servanda.
La questione va posta su di un piano di
lealtà nazionale.
Io conosco e stimo la popolazione
tirolese. I tirolesi sono arditi, laboriosi, Intelligenti: la loro vita è
semplice, rude, informata dei principi della religione cristiana.
I loro costumi e il loro carattere
ispirarono poeti e scrittori da Alberto Wolf a Giulio Leclerque, da Amelia
Edwars a Gualtiero White e a molti altri.
Perciò mi appello alla loro lealtà.
L’Italia li accoglie con ampio riconoscimento dei loro diritti, con rispetto ai
loro costumi, alle loro tradizioni, alla loro lingua, alla loro religione che
fortunatamente è anche la nostra.
Ma bisogna che essi non si lascino
sobillare da elementi che hanno tutto l’interesse ad alimentare contrasti, a
dividere la compagine dello Stato, a distruggerlo e ad accrescere in questa tormentata
Europa le confusioni e i pericoli.
L’Alto Adige può considerarsi un punto nevralgico
dell’Europa, confinante com’è, con un’Austria neutrale e preda possibile di
ideologie che noi combattiamo.
Non deve perciò costituire un varco aperto
a quelle propagande sovvertitrici mascherate di nazionalismo che, attraverso i torbidi, creano e
preparano l’avvento ad un predominio distruttore di ogni fede sia nazionale che
religiosa.
Possono sempre sorgere, di fronte a
svariati problemi, delle difficoltà e degli inconvenienti. Ma in tal caso gli
interessati è ai Governo che devono proporre le loro questioni, ma non devono agire contro l’Italia.
Se invece, sotto l’influenza di cattivi
consiglieri essi tentano di incrinare l’unità dello Stato e di comprometterne
la sicurezza, sbagliano nel loro stesso interesse.
In ogni modo ciò non può essere consentito
a nessuno, come a nessuno straniero può essere consentito di interferire nelle
cose interne del nostro Stato.
Abbiamo dimostrato al mondo che soffrendo
e combattendo ci siamo guadagnati la nostra unità e questa unità vogliamo difendere
con tutte le nostre forze.
Nessun commento:
Posta un commento