di Emilio Del Bel Belluz
Quando scrivo della Regina d’Italia, Elena del Montenegro penso al duro periodo che trascorse in esilio, dopo la morte del sovrano. Lasciò l’Egitto dove fu ospite di Re Faruk assieme alla sua famiglia. Dopo si trasferì in Francia su consiglio di un luminare della medicina e, precisamente, a Montpellier. Nella mia vita ho conosciuto delle persone che si erano intrattenute a parlare con la Regina. Nel suo cuore aveva l’Italia che non rivide più.
Dal giornale il Candido di Giovannino Guareschi ebbi modo di conoscere alcuni episodi della sua permanenza in Francia. I primi tempi del soggiorno furono molto duri, non era facile abituarsi ad una vita nuova, lontana dal suo semplice mondo. Con il tempo si riprese e incontrò la vera serenità e l’amore verso gli altri. Non era di sicuro una donna che amava frequentare i salotti, ma le case dei poveri e, purtroppo, di questo non se ne parla affatto.
Questa Serva di Dio attende d’essere considerata per il bene che ha fatto. Un esempio potrebbe essere rappresentato proprio dall’ultimo periodo della sua vita, in quella terra che per lei era straniera.
La Regina era la dimostrazione che il bene si fa in ogni momento e in qualsiasi posto. “ Qualche settimana dopo il suo arrivo conobbe una povera paralitica che viveva in uno stambugio assieme alla vecchia madre, anche lei estremamente malandata in salute. Il primo giorno offrì alle due donne tutto il denaro che aveva con sé. Poi mandò biancheria, viveri e persino una radio. Un mese dopo ordinò che si acquistasse una casa. Voleva offrirla alle sue protette. Quel generoso gesto preoccupò non poco il commendatore Gaetano Scalici, segretario privato della Regina e amministratore unico dei modesti beni rimasti alla Sovrana. “ Dove andremo a finire “, pensò Scalici , “ se la Regina appena arrivata a Montpellier comincia col regalare una casa ad una sconosciuta, la quale ignora persino il nome dell’augusta donatrice?”. L’amministratore della Regina aveva compreso che il cuore della Madre d’Italia era talmente grande che non le importava neppure di cadere in miseria, pur di aiutare qualcuno. La preoccupazione di finire il denaro non la toccava, la sua frase era sempre quella: “ Iddio non ci abbandonerà ”.
La casa non riuscì a comprarla, ma la vecchia stamberga delle donne fu rinnovata, sistemata. Fu la stessa sovrana ad andare a ordinare le finestre nuove e le tende, rendendo quello stambugio abitabile, e degno d’ospitare le due creature molto sfortunate. Il buon cuore serve sempre a favorire la tranquillità interiore, e la missione della Mamma d’Italia era quella di aiutare il prossimo, anche se all’estero. La Regina si sentiva viva solo se poteva essere utile a qualcuno. La sofferenza della Sovrana era tanta, si pensi alla morte della figlia Mafalda in un campo di concentramento, e a quella del marito in esilio. La Regina amava tutto quello che l’aiutava a superare il dolore e la nostalgia per il proprio Paese. Anche il successivo episodio l’ho trovato nelle pagine del Candido del 2 novembre 1958. Quando seppe che a Montpellier vi si trovava un orfanatrofio tenuto da suore sarde volle visitarlo. Anche in Italia spesso andava a trovare gli orfani, e la povera gente che aveva bisogno. Questa era una missione che le aveva dato il buon Dio: “ Iddio non ci abbandonerà”, queste le sue parole più care. Le suore cercarono di insegnare alle bambine l’inno sardo, in onore della Regina, e nel momento in cui la sovrana varcò la soglia del collegio fu accolta con le parole “ Cunservet Deus su Re!” .
L’emozione fu davvero dirompente, e le scesero le lacrime, aveva ritrovato in quel posto un pezzetto d’Italia, e ne era felice. Da quel momento volle che il collegio fosse rifornito di viveri, vestitini, e giocattoli. Quella giornata l’aveva resa felice, sapeva che l’amore delle suore e delle bambine era sincero. Avrebbe voluto rimanere li. Una volta confidò alle suore . “ Sono contenta di vedere che queste bambine non soffrono: sono ben trattate, ben vestite, non mancano di nulla. Hanno solo bisogno di giocattoli. Ma di questo me ne incarico io”. La sovrana s’intratteneva anche a giocare con loro, era abilissima, soprattutto, nel gioco con la palla. Tra le bambine dell’orfanotrofio ce n’era una molto piccola che non s’era ancora capacitata di non vedere mai sua madre. Quando qualcuno veniva in visita chiedeva sempre se era sua mamma. Un giorno alla solita domanda le fu risposto di sì: si trattava della Regina Elena.
Le corse
incontro singhiozzando e la sovrana la prese in braccio, la accarezzò e la
consolò amorevolmente fino a farla quietare. Ogni volta che si recava in visita
voleva vedere la piccola orfana e quando mandava dei doni per le piccole ospiti
c’era sempre qualcosa di speciale “per la piccina che mi ha chiamato mamma”
La Regina amava andare a
pescare, lo faceva spesso con il Re, anche nel periodo trascorso in Egitto. La
pesca la distraeva dai pensieri, e in questo modo era costretta ad uscire di
casa. Si sa che con il passare degli anni i pensieri belli scompaiono lasciando
il posto a quelli tristi. La Regina quando andava a pesca era un ottima
pescatrice, e il pesce lo portava alla casa delle ragazze sfortunate. Lo
disponeva direttamente lei su un piatto d’argento.
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