NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

lunedì 19 ottobre 2020

Io difendo la Monarchia Cap X - 3

 

Questa distinzione tra governo diretto del popolo e governo rappresentativo e in sostanza tra democrazia diretta e democrazia indiretta o rappresentativa è fondamentale. Si guardi per esempio alla, vita della nostra repubblica esemplare, la più compiuta nella sua storia e nel suo fiorire, la più illustre nelle sue lettere e nelle sue arti: la repubblica di Firenze. La democratica di Firenze fu senza dubbio quella del Savo­narola. Essa costituiva il Consiglio Maggiore e gli dava facoltà di creare tutti i principali magistrati, di appro­vare tutte le leggi; in altri termini lo faceva sovrano dello Stato.

«Erano chiamati (1) a far parte del Consiglio tutti quelli che avevano l'età di 29 anni ed avevano pagato le imposte; erano cittadini beneficiati il che secondo una antica legge, voleva dire quelli che fossero stati veduti o seduti in uno dei tre maggiori uffici o che avessero avuto questo beneficio dal padre, dall'avo, dal bisavo­lo». Siamo dunque ben lontani da una democrazia mo­derna. Su una popolazione totale di circa go mila per­sone soltanto 3200 erano in possesso dei requisiti neces­sari per entrare nel Consiglio. Ma erano già troppi per quel consesso: essi venivano allora sterzati e cioè divisi in tre parti ognuna delle quali formava il Consiglio per sei mesi. La democrazia del Savonarola, la più spinta di Firenze, differiva quindi assai poco dalla oligarchia veneziana. Va da sé che Lucca era governata da Firenze senza avere suoi rappresentanti nel Consiglio Maggiore.

Nota il Quinet nel suo libro sulle Rivoluzioni d'Ita­lia (2) che Firenze e Venezia riposavano entrambe sul terrorismo. A Firenze il sistema era intermittente e nei periodi di umanità la repubblica moriva. A Venezia il sistema era costante e così Venezia sopravvisse di tre secoli a Firenze. Instabili erano le posizioni sociali ed economiche delle famiglie e anche degli ottimati. Co­stantemente con le proscrizioni e le esecuzioni si muta­vano e si rovesciavano le classi. La nobiltà diventava borghesia e viceversa. Entrambe rientravano e si con­fondevano nel popolo minuto per uscirne di nuovo con le nuove violenze. Con questo fenomeno il Quinet spiega il cosmopolitismo così frequente nel genio italiano. Egli scrive: «Dopo tante proscrizioni un gran numero di uo­mini erano senza patria. Tutte le famiglie avevano pa­tito l'esilio. Erano sradicate. Una, parte dei loro membri non avevano più focolare; dopo la seconda generazione i figli perdevano ogni sentimento di nazionalità. Banditi dai loro focolari essi si facevano cittadini del genere umano» ... «Esuli o figli di esuli, gli scrittori, i poeti, gli artisti non sono chiusi nei limiti di nessuna nazionalità. Dante, Petrarca, Leonardo Aretino, Leonardo da Vinci, Michelangiolo, Machiavelli, Cristoforo Colombo, cacciati o respinti dal loro paese si fanno del mondo la loro pa­tria». E concludeva il Quinet questo suo capitolo sul tenore come fondamento delle repubbliche italiane, con un avvertimento di grande attualità: « Una tale esperienza, unita a tutte le altre mi au­torizza a trarre da questo capitolo la seguente conclu­sione: che in un'epoca corrotta ogni democrazia che na­scerà dopo una lunga abitudine di servitù e che si con­tenterà della pura gioia di nascere senza prendere nes­suna garanzia contro la furberia dei suoi nemici diven­terà per forza loro preda e scherno ».

Ma il nemico della democrazia parlamentare nell'età contemporanea, con i partiti di massa non è il Principe costituzionale ma il capo-popolo, il demagogo che secondo il temperamento e la tradizione italiana dei Masaniello, dei Michele di Lando, dei Cola di Rienzo, dei Mussolini mira a sostituire il Principe.

Assai impressionante infatti è il paragone tra il re­gime mediceo e quello instaurato da Mussolini a Roma con le sue «prese di contatto con il popolo», le adunate in piazza Venezia, le proclamazioni dal balcone, i riti, le insegne, le legioni, il saluto al duce, e tutto l'arma­mentario della dittatura. Sono due forme di falsa de­mocrazia, singolarmente vicine. Anche allora venivano conservati gli istituti tradizionali ma se ne falsava il fun­zionamento con ignobili trucchi, finte elezioni e falsi sor­teggi: in definitiva il signore e i suoi clienti e parenti disponevano di tutto facendo ricorso alla acclamazione della folla che si adunava in Piazza della Signoria al grido: Palle! Palle! Questo singolare riavvicinamento non deve meravigliarci. Abbiamo già visto come il fa­scismo avesse distrutto il Risorgimento e quella forma di Governo parlamentare e di democrazia rappresenta­tiva o indiretta che in Italia era stata importata con Ca­vour dall'Inghilterra e successivamente dalla Francia. Tolta via la vernice del Risorgimento era venuta in luce la vecchia natura italiana prima dei governi stranieri dell'età moderna. Da sotto la coltre dei secoli (ottocento, settecento e seicento) rispuntava fuori l'Italia del Ma­chiavelli e del Guicciardini, con i suoi venturieri, i suoi capitani e il suo popolo pittoresco, acceso e mutevole, ma senza il fulgore inimitabile del Rinascimento. D'An­nunzio aveva annunziato il ritorno di quest'epoca con i suoi romanzi e i suoi drammi appartenenti al ciclo del superuomo. È stato un breve e fortunoso ciclo che ha avuto per protagonista il demagogo romagnolo e che si è concluso nuovamente con le invasioni straniere, Prorompeva Machiavelli nella sua corrispondenza con il Vet­tori tutta intonata ai piaceri volgari del tempo.

Però se alcuna volta io rido o canto

facciol perché non ho se non quest'una via da sfogare il mio angoscioso pianto.

 

E anche con D'Annunzio la disfrenata sensualità della vita e dell'arte dà luogo assai spesso a un disperato amore della sua terra e a sentimenti di vera grandezza.

 

(1) Pasquale Villari: Savonarola, vol. l, pag. 287-289. - Cecil Roth: L'ultima repubblica fiorentina. Vallecehi, Editore, Firenze.

(2) Edgar Quinet : Le rivoluzioni d'Italia. Bari. Laterza, pag. 154.

Nessun commento:

Posta un commento