di Emilio Del Bel Belluz
“Un elenco di libri che sia assolutamente necessario aver letti e senza i quali non si avrà salute né cultura, non esiste. Vi è invece per ogni uomo un notevole numero di libri nei quali proprio lui, quel singolo uomo, può trovare soddisfazione e godimento. Scoprire via via questi libri, intrecciare con essi un rapporto duraturo, possibilmente appropriarsene a poco a poco fino a renderli uno stabile possesso estrinseco e intrinseco, costituisce per ogni singolo un compito particolare e personale, ch’egli non può trascurare senza restringere sostanzialmente la cerchia della propria cultura e delle proprie gioie, e con ciò il valore della propria esistenza. (Hermann Hesse)
Quando penso allo scrittore Marino Moretti mi vengono in mente le parole suindicate del premio Nobel Hermann Hesse. Lo scrittore Marino Moretti nacque a Cesenatico il 18 luglio 1885, frequentò le scuole elementari nello stesso paese. Ebbe come insegnante la propria madre, che lo forgiò nel miglior modo possibile, riversando su di lui la massima attenzione di mamma e di maestra. Dopo le elementari venne mandato in collegio a Ravenna e a Bologna, ma in quell’ambiente duro e lontano dagli affetti dei genitori, divenne ribelle. Il padre commerciante avrebbe voluto che si iscrivesse alla facoltà di farmacia, ma non fu così. Dopo una breve parentesi a Firenze in una scuola di recitazione, scelse la letteratura come mestiere.
La permanenza a Firenze gli permise di conoscere la realtà degli intellettuali fiorentini, quali Papini e Prezzolini, vicini alle riviste La Voce e L’Acerba. Durante il periodo della Grande Guerra fece parte della Croce Rossa, e in questo modo ebbe la possibilità di fare la conoscenza di molti militari e di scrivere più tardi le loro storie, raccolte nel libro Cento novelle . Un passo importante della sua vita è la sottoscrizione al manifesto degli intellettuali antifascisti, voluto da Benedetto Croce. Fu un passo difficile da compiere negli anni in cui l’entusiasmo per il fascismo era grande e sfociò nel manifesto degli intellettuali fascisti, voluto da Giovanni Gentile.
Marino Moretti non aveva voluto firmare l’appello di Gentile, anche se tra loro vi erano dei suoi preziosi amici. Questa scelta e presa di posizione vennero rievocate nel seguente scritto di Carlo Bo: “ Quando si parla degli scrittori che durante il fascismo non si sono mai piegati si dimentica sempre il nome di Marino Moretti che è stato uno dei rari esempi di libertà sofferta e pagata. Non venne eletto all’Accademia, dove aveva da tempo prenotato un posto fra Panzini e Baldini, tanto per restare ancora nell’area romagnola, non ebbe premi, ma gli furono sottratti. Tutto ciò ci aiuta a capire la natura dell’uomo: era semplice e fiero, era umile ma ben convinto dei valori della letteratura e dei meriti acquisiti in tanti anni di lavoro. Moretti morì a 94 anni ma prima ebbe la soddisfazione di veder intorno a sé tanti lettori che erano andati a Cesenatico a rendergli onore”. La vicenda umana del poeta è considerata davvero singolare e merita d’essere ricordata per comprendere cosa fosse allora l’Accademia d’Italia che faceva capo a Giovanni Gentile.
Nel 1932
l’Accademia aveva deciso d’assegnare a Marino Moretti il premio Benito Mussolini,
ma Mussolini si oppose, perché non aveva dimenticato che lo scrittore di
Cesenatico, nel 1925, firmò il manifesto, voluto da Benedetto Croce, degli
intellettuali antifascisti. Tra quelli che avevano sostenuto la sua
candidatura, vi erano i suoi amici, appartenenti all’Accademia d’Italia:
Baldini e Panzini. Tale premio fu, in seguito, assegnato a Silvio Benco. Quello
che accadde non fece mutare nulla, gli anni passarono e durante la Repubblica
Sociale Italiana, gli Accademici d’Italia continuarono il loro impegno
letterario per migliorare il Paese, perché la cultura è sempre stata un
elemento vincente e determinante. L’Accademia fondata da Mussolini premiava chi
eccelleva nei diversi rami dello scibile. Le rivoluzioni hanno bisogno del
contributo del mondo intellettuale. Nel libro L’ultimo premio del fascismo -
Marino Moretti e l’Accademia d’Italia - che merita d’essere letto con la
massima attenzione, l’autore Paolo Simoncelli scrive:
“Il 21 aprile 1944 l'Accademia d'Italia, ritirata ormai a Firenze, aveva assegnato all'unanimità il suo ultimo premio letterario a Vittorio Giovanni Rossi. Il giudizio, tuttavia, fu sovvertito da un intervento politico letterario del Ministro della Cultura popolare della Repubblica sociale italiana, Fernando Mezzasoma, che, senza neanche informare l'Accademia, d'autorità assegnò il premio all'antifascista Marino Moretti. Da queste contrastate vicende prende avvio una ricerca basata su documenti e carteggi inediti dei maggiori letterati del tempo, che a rebours risale alle origini del "caso Moretti": alla sua mancata iscrizione all'Accademia d'Italia e alla sua denegata vittoria del "Premio Mussolini" nel 1932 per essere stato tra gli antifascisti firmatari del "Manifesto Croce".
Un caso emblematico del rapporto tra politica e cultura con protagonisti intellettuali come Ojetti, Cecchi, Papini, Valgimigli, Panzini, direttori di grandi quotidiani come Amicucci e Gray, e con Gentile sullo sfondo, impegnato in quello che sarebbe stato il suo ultimo lavoro di organizzatore culturale e l'ultimo premio letterario del fascismo.” A dimostrazione che l’Accademia d’Italia volle onorare uno scrittore che si era schierato contro il fascismo e che in certi momenti la letteratura ha potuto superare ogni ostacolo politico. In questa democrazia che è venuta dopo il fascismo non c’è possibilità di dialogo tra le parti politicamente e culturalmente contrapposte e, per quelli che pensano in modo diverso dalla sinistra, li aspetta l’isolamento. Una volta gli scrittori di destra potevano contare sui loro giornali, ora scomparsi, la pagina culturale è diventata sempre più rara e non c’è spazio per far conoscere delle persone valide, che aiuterebbero ad allontanarsi dalla cultura di sinistra imperante.
Ogni ideale di destra dovrebbe essere come l’albero che possiede delle radici profonde che non gelano. Il mondo cambia, ma la cultura della tradizione, quella degli antichi valori deve resistere. Lo scrittore e critico letterario Carlo Bo che scriveva sul settimanale Gente, ricordava, come sottoindicato, la terza pagina che i giornali dedicavano alla cultura. “Per molti anni le terze pagine dei giornali si vantavano di avere dei veri e propri produttori di novelle: un premio riservato ai lettori al giovedì e soprattutto alla domenica.
Basterebbe pensare al grande lavoro fatto da Pirandello, un monumento al genere poi passato nella raccolta delle - Novelle per un anno - . Subito dopo va registrata la puntualità di un Panzini. In questo registro particolare trova la sua collocazione Marino Moretti che è stato a suo modo, un maestro di questa letteratura di intrattenimento. Infatti, molti dei suoi libri non sono che delle raccolte di novelle, sia pure riviste e pulite.
Per Moretti la novella
era un modo di cantare la vita quotidiana, i piccoli fatti, meglio di
testimoniare con un tono un po’ più alto le sue speculazioni di solitario.”
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