NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

martedì 26 luglio 2011

Ma Monza non è il regicidio

Interessante premessa ad un interessante articolo. Bello che qualcuno si renda conto dell'abissale differenza nella dignità dello Stato tra ieri ed oggi. Bello che si sappia dire con onestà di mente che Vittorio Emanuele III "combatté militarismo, autoritarismo e miseria." Viva Dio qualcuno lo sa e lo dice. lo staff

 

Il presidente Fini deve aver vissuto la scampagnata dei “ministeri” leghisti a Monza come un nuovo regicidio. Il 29 luglio 1900, si sa, l’anarchico Bresci uccise Umberto I proprio a Monza, e un leader del partito socialista commentò: «Hanno tolto qualche anno di vita a un uomo e ne hanno regalati decenni alla monarchia».

Infatti, morto il re che aveva decorato Bava Beccaris, ne venne uno nuovo che fece il repulisti al Quirinale, un nuovo governo che aprì il quindicennio liberale, una nuova politica che combattè militarismo, autoritarismo e miseria.

Francamente, gettare un arco di 111 anni tra il regicidio e la sagra leghista non è consentito: in primo luogo dall’estetica.

A Monza, affianco a Umberto c’era Margherita , l’eterno femminino cantato da Carducci; il 23 luglio a fianco a Bossi e Calderoli c’era Michela Vittoria Brambilla, una specie di lonza dantesca.

E al posto di ministri veri c’era solo Tremonti, e aveva i pantaloni verdi, non a imitazione di Calderoli ma a ricordare che quattrini non ce ne sono. Mancava Maroni, che a detta dei sondaggi rappresenta i due terzi della Lega: Maroni, reo d’aver mandato in galera Papa, “uno dei miei gioielli” (come dice il cavaliere quando imita Lucrezia).

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