NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

mercoledì 6 luglio 2011

La scomparsa di Ottone d'Asburgo, nipote di Francesco Giuseppe

L'ultimo imperatore

 

A 98 anni si è spento Ottone d'Asburgo, che fu l'ultimo imperatore dell'Austria-Ungheria, figlio di Carlo I e Zita di Borbone-Parma e nipote di Francesco Giuseppe. Autore del "picnic paneuropeo" che diede avvio al crollo del Muro di Berlino, organizzato a Sopron, al confine tra Ungheria e Austria, Ottone, dopo la fine dell'impero, è stato anche deputato europeo dal 1979 al 1999. E, ovviamente, è stato a capo della dinastia degli Asburgo dal 1922 al 2007. Nel marzo 2009, Ottone concesse a Club3-Vivere in armonia l'intervista che pubblichiamo qui di seguito.

Scrittore e giornalista, storico, conferenziere, politico (è stato tra l’altro deputato al Parlamento europeo per cinque legislature), filantropo, Ottone d’Asburgo è un personaggio lontano anni luce da certi “colleghi” eredi di grandi dinastie detronizzate, incapaci di inserirsi nella nuova realtà storica. Ottone è uomo dalla vitalità impressionante: porta i suoi 96 anni con disinvoltura e lavora con la passione di sempre. Dritto, elegante, fisico asciutto, voce chiara, il rappresentante ufficiale di una delle più illustri dinastie imperiali degli ultimi mille anni è un gentiluomo affabile, brillante conversatore. Ci riceve nella splendida villa di Poecking, in Baviera, tra i boschi e le rive del lago. Qui vive dal 1954 - i sette figli sono sposati e l’hanno reso nonno di 26 nipoti - con la moglie, regina di Sassonia-Meiningen, e qui si trovano il suo studio e i suoi uffici.

Altezza, in quanto figlio di Carlo, ultimo imperatore d’Austria, lei è il legittimo rappresentante di una dinastia millenaria. Che cosa significa per lei essere un Asburgo?«Significa raccogliere la sfida della storia, portare avanti il cammino iniziato secoli or sono dai miei avi. Del resto, io stesso mi sento più un avo per le generazioni future che non un erede di quelle che mi hanno preceduto. Non vivo questa missione come un peso ma come una responsabilità, parola che ha sempre giocato un ruolo-chiave nella mia vita».

Saprebbe indicare un’altra parola-chiave della sua avventurosa vita?«Amore, che accanto alla responsabilità è il motivo ispiratore della mia esistenza. È stato l’amore per la storia, per i miei antenati, per il mio popolo. L’amore per la storia è determinante: significa consapevolezza e fierezza delle proprie origini, passione per le proprie radici. Solo se si è consapevoli della propria storia si può amare il proprio popolo e poi gli altri popoli, così come solo amando sé stessi è possibile amare il prossimo. E solo amando si può essere felici. In fondo, è una grande lezione che ci viene dal cristianesimo. Amare significa accettare, quindi comprendere, di conseguenza non giudicare mai. Il discorso vale nei rapporti tra esseri umani e tra i popoli».

In un’intervista del 1982, sua madre, l’imperatrice Zita, rispose a chi le chiedeva cosa pensasse dei governanti che l’avevano bandita dal suo Paese: “Ho sofferto, ma non li giudico. Anzi, li capisco. Qualunque scelta va considerata in base al contesto. Come potrei provare rancore contro figli del mio stesso popolo, miei fratelli in quanto figli di Dio come me”?«Sì, nostra madre, Zita di Borbone-Parma, ci ha inculcato questo grande rispetto e amore per il prossimo. Ci ha pure insegnato a calare questi valori nella politica, la mia grande passione e missione di sempre. “Non guardate mai l’altro come un cattolico, un comunista o altro ancora, ma come un figlio di Dio, vostro fratello, comunque meritevole d’amore”. Io mi sono sempre attenuto a questo insegnamento e non mi sono mai mancati amici di qualunque orientamento».

L’impero asburgico ha significato sviluppo storico, sociale, culturale, scientifico. Ma è disposto a riconoscere gli inevitabili limiti della sua dinastia?«I popoli dell’impero asburgico non godevano affatto di libertà minori rispetto agli altri popoli. Con ciò non intendo affatto negare che vi siano stati errori da parte di miei avi: in determinati casi sarebbe stato necessario concedere maggiori spazi di autonomia a determinati popoli dell’impero. L’uomo è fallibile e perfettibile per sua natura».

Nel 1918, con la disfatta dell’Austria e la fine dell’impero, molti facevano a gara a Vienna per testimoniare solidarietà alla sua famiglia. Lei crede ancora nella validità dell’istituzione monarchica?«Certamente. Oggi come ieri, l’istituzione monarchica presenta vantaggi rilevanti. Innanzitutto, l’imparzialità di un re al di sopra delle parti, come nessun presidente eletto può essere. Inoltre, il sovrano viene preparato alla futura professione dal momento della nascita, il che consente una formazione accurata. Infine, la monarchia è custode delle tradizioni e della cultura di un popolo col quale, se la dinastia si dimostra all’altezza, riesce a creare un legame profondo. Pensiamo alla Spagna e al suo modello di monarchia, vicina ai cittadini».

Quale ricordo conserva di suo padre, Carlo I, ultimo imperatore d’Austria, scomparso quando lei aveva appena dieci anni?«Quella di un uomo serio e impegnato, tanto che non gli restava molto tempo da dedicare a noi figli. Tuttavia, quel poco tempo sapeva utilizzarlo al meglio, cercando di insegnarci di tutto e di più. Mi sono rimaste impresse le passeggiate lungo la spiaggia, a Madera, dove ci trovavamo in esilio».

Lei ha assistito a molti cambiamenti ed è riuscito a conquistarsi un ruolo da protagonista. Il mondo è migliore o peggiore rispetto a quaranta, cinquanta o sessant’anni fa?«Migliore, non c’è dubbio. La ragione consiste nella libertà assai maggiore della quale un po’ tutto il globo gode rispetto al passato. Il discorso vale anzitutto sul piano politico: pensiamo alle tristi dittature rosse e nere che hanno devastato il nostro continente, ma anche l’America del Sud e vari Paesi asiatici e africani. Almeno in Europa ora vige la libertà: chi può negare che si tratta comunque di un passo da gigante?»

A lei viene riconosciuto un certo ruolo pure nel processo di ricostruzione postbellica della Germania e dell’Austria. In che cosa è consistito?«Nel processo di riavvicinamento, dopo decenni di ostilità, tra Francia, Germania e Austria, fondamento insostituibile di un’Europa pacifica e prospera».

Quale impressione le fa la gioventù di oggi e quali differenze nota con la gioventù della sua generazione?«Amo i giovani d’oggi e li stimo. Mi colpisce la loro sete di spiritualità, il grande risveglio religioso che li coinvolge. Rispetto alla nostra generazione, noto una grande differenza sul piano dell’informazione. I giovani oggi sono bombardati dai mass media e vivono immersi nell’informatica. Tuttavia, la massificazione rende più difficile la formazione della personalità individuale, così i nostri giovani si ritrovano più fragili rispetto alla mia generazione. Comunque, sono anche più liberi».

Lei ha conosciuto molti personaggi del secolo scorso. Quali l’hanno maggiormente impressionata?«Il generale DeGaulle e Churchill tra i politici. Tra gli scrittori, Philip Roth e Thomas Mann. Ovviamente, Giovanni Paolo II. Sul versante femminile, Clare Boothe Luce, la scrittrice e donna politica americana che fu anche ambasciatore del suo Paese in Italia».

All’età di 96 anni, come si sente? Vuole tentare un bilancio?«Mi sento un uomo felice, soddisfatto della vita e grato nei confronti di Colui che me l’ha donata. A 96 anni giro ancora il mondo per la mia missione, mi alzo ogni mattina pieno di entusiasmo, ringraziando Dio».

Qual è il segreto di tanta vitalità?«La fede cristiana e il desiderio di rendermi utile: elementi inseparabili l’uno dall’altro».

Quale consiglio si sente di dare?«L’essenziale è pormi obiettivi e cercare di conseguirli. Solo così l’esistenza diventa affascinante, indipendentemente dall’età».


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