NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

lunedì 20 luglio 2020

Arturo Farinelli, Accademico d’Italia


 Di Emilio Del Bel Belluz

Uno degli intellettuali che ha dato molto all’Italia si chiama Arturo Farinelli, un nome che non dice molto, ma ha lasciato una traccia letteraria che non può essere dimenticata. Uno dei massimi scrittori italiani, Giovanni Papini, in un suo libro molto importante – 24  Cervelli – uscito nel 1928, delinea con il suo stile inconfondibile, un profilo di intellettuali. In uno di questi racconta del professor Arturo Farinelli, che conosceva bene ai tempi della – Voce – dove vi scrisse degli articoli. Papini dice: “ Arturo Farinelli non è ignoto in Italia – specialmente da che insegna a Torino – ma i più non sanno di lui che il nome e quei pochi che sanno di più arrivano all’erudito, allo storico della letteratura e lì si fermano. E solo gli studenti di Innsbruck e di Torino e gli ascoltatori di Firenze sanno che è maestro pieno d’amore e lettore commosso; e i critici si sono accorti di lui soltanto dopo il libro sul Romanticismo e l’altro più di recente su Habbel “. Basterebbero le parole di questo scrittore molto importante per definire Arturo Farinelli. Papini fa un elogio pieno di riferimenti, Arturo Farinelli, si era fatto onore come studente ed era diventato un professore.  Aveva amato la letteratura come si ama la vita, si era quindi immerso nel mondo universitario con una conoscenza immensa, e totale. Questo accade alle persone che amano il loro lavoro e  sono vissuti all’interno delle biblioteche, non dando importanza al tempo e alla vita, perché immersi in quello che facevano. Per comprendere uno scrittore, molte volte sarebbe importante vedere la sua casa. Si pensi al Leopardi, la sua abitazione immersa nella natura, che lui scrutava dalla finestra , ma il cuore della sua casa era la biblioteca assieme a  quelle stanze tappezzate di libri, libri allineati come soldati che aspettano la battaglia.  La prima volta che vidi una foto del Professore,  lo rappresentava seduto su una poltrona, nella sua biblioteca, ed erano raffigurate altre stanze  stipate di libri fino al soffitto che aveva acquistato nel corso della vita.   Il Professore aveva uno sguardo fiero, i libri che ha scritto potrebbero formare una biblioteca e hanno reso grande l’umanità formando molte menti, perché il compito di un professore universitario è quello di formare uomini forti, capaci, a loro volta,  di far brillare altre menti.

 Uno scrittore scomparso da poco Carlos Ruiz Zafòn  nel suo capolavoro – L’ombra del vento- che ha venduto milioni di copie racconta dei libri  che hanno l’anima.

…” Ogni libro, ogni volume che vedi possiede un’ anima, l’anima di chi lo ha scritto e l’anima di coloro che lo hanno letto, di chi ha vissuto e di chi ha sognato grazie ad esso. Ogni volta che un libro cambia proprietario, ogni volta che un nuovo sguardo ne sfiora le pagine, il suo spirito acquista forza. “

Giovanni Papini di Farinelli scrive: “ Così dell’anima: quando si dice – o almeno io dico – “ il tale ha un’ anima” vuol dire che non ha un’ anima come tutte le altre, e che v’è in lui un fremito, un brivido, un lievito, un fermento di straordinarietà che deve sentire chiunque non sia nato irreparabilmente volgare. Arturo Farinelli ha una di queste anime ….  Generosa come quella dei veri ricchi, e melanconica come quella dei sensitivi, e irrequieta come quella dei pellegrini… ”. Arturo
Farinelli era nato a Intra nel 1867, ed ebbe la fortuna che i genitori lo indirizzassero verso il sapere e la conoscenza.  Ebbe anche tra i suoi maestri un severo sacerdote Don Aghemio, che lo aiutò immensamente nella sua formazione. Insegnò per oltre cinquanta anni, la famiglia universitaria raccolse i suoi scritti, le tante lezioni che fece nelle varie università italiane e straniere. Nel 1920, per il 50° corso di lezioni, lo omaggiarono con la pubblicazione del volume: L’Opera di Un Maestro. Sono scritti, che si dovrebbero studiare anche adesso, perché rappresentano la forza e il destino di un uomo che aveva raggiunto la vetta più alta nella strada più difficile, quella dell’insegnamento. Ferdinando Pasini lo definiva nella prefazione del corposo libro – L’ Opera di un Maestro- come – il maestro degli irredenti-  e dice: “ La prima volta che intesi nominare  Arturo Farinelli  fu da Cesare Battisti, a Firenze, nel 1896. Facendo, una mattina, lo spoglio della posta, nella tranquilla cameretta ove si conduceva insieme la nostra vita di studenti, egli  interruppe il suo lavoro e mi porse a legger un giornale del Trentino: - Una corrispondenza da Innsbruck. Importante! Vi era detto che Arturo Farinelli aveva ottenuto a quell’Università la venia docendi  e gli italiani salutavano il fatto come una loro vittoria. Era , in verità, una vittoria : così degli italiani soggetti all’Austria come della stessa italianità. E celebrammo anche noi quel giorno, a Firenze come uno deigiorni più fausti per la campagna dell’Università italiana a Trieste”.  La fine eroica di Cesare Battisti, la si conosce ma non la si onora come si dovrebbe. l’Italia non ha tempo per gli eroi, troppo spesso impegnata in battaglie che non la riguardano. Questa tendenza ha lo scopo di far dimenticare chi siamo e perché qualcuno ha sofferto per noi. Il dono della vita forse non è un tributo sufficiente per avere un fiore sulla tomba dei soldati? La figura di Farinelli è stata essenziale per molti giovani, e Ferdinando Pasini scrive ancora: “ Per la patria dell’Umanità ; per   l’umanità delle Patrie:-   era il motto di Cesare Battisti, che aveva intuito i valori e propositi di Arturo Farinelli quando molti ancora ne ignoravano l’esistenza. La fine eroica di quel suo discepolo ideale è la confessione più aperta dell’apostolato di Arturo Farinelli fra la gioventù delle terre irredente”.

Un grande omaggio, un grande riconoscimento, lo ebbe dal suo Paese, con la nomina d’ Accademico d’Italia. Questo era il premio che veniva consegnato per il lavoro svolto nelle varie sedi universitarie. Farinelli era un professore, non solo nelle aule universitarie, ma anche nelle altre sfaccettature della vita. Lo scrittore Raimondo Collino Pansa, diceva che il Farinelli parlava aulico e riusciva sempre a essere un grande maestro. Vi è una foto che lo ritrae ai funerali dello scrittore Giovanni Gentile assassinato dai partigiani nel 1944. La storia della Repubblica Sociale ha conosciuto molti atti di una viltà assoluta, come l’assassinio di Giovanni Gentile, a cui negano ancora una lapide che ricordi il suo sacrificio per una patria e per un’ idea. Farinelli era una persona perbene, mai avrebbe immaginato che il suo Paese punisse quelli che cercavano con tutte le loro forze di migliorarlo, di farlo conoscere al mondo. Farinelli con il suo insegnamento aveva fatto conoscere l’Italia, quella vera, la patria della cultura mondiale.

Gli scrittori italiani si distinguevano in tutto il mondo accademico, si pensi a Giuseppe Prezzolini che da anni insegnava alla prestigiosa  Columbia University, ed era amato dagli americani per la sua preparazione, per quel modello di vita che aveva portato. Lo stesso Prezzolini aveva chiesto al Farinelli di venire in America a insegnare. Il rifiuto di questa scelta, penso che sia da attribuire al grande amore per il suo Paese che neanche una soddisfazione economica importante lo fece desistere.  Farinelli fa pubblicare dalla Casa Editrice Garzanti, due anni prima della sua morte, avvenuta nel 1948, il volume Episodi di una  Vita.  Nell’opera omette di scrivere gli ultimi due anni del periodo fascista, che coincidevano anche con l’attività Accademica, eppure era stimato da Mussolini, come da altri intellettuali, quali Giovanni Gentile,  Giovanni Papini, Salvator Gotta, Lucio d’Ambra e Ada Negri. Non comprendo questa sua scelta. La vita di Farinelli meritava d’essere onorata perché l’onestà intellettuale gli ha consentito d’essere ricordato dal fascismo, come una delle migliori menti. Non si accedeva all’Accademia se non c’era il valore e la forza del sapere. 

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