di Emilio Del Bel
Belluz
Antonio Beltramelli era uno
scrittore romagnolo, nato a Forlì l’ 11 gennaio 1874, e morto a Roma il 15
marzo 1930. Il titolo che più gli fece onore è quello di essere stato nominato
Accademico d’Italia nel 1929, un anno prima della sua morte, avvenuta a soli 50
anni. Amico di Mussolini, alla sua morte
il duce ne fu molto dispiaciuto. Lo scrittore aveva pubblicato una biografia
sul Duce che aveva avuto molto successo, dal titolo L’uomo nuovo.
Mussolini,
personalmente, aveva chiesto all’ amico Giuseppe Prezzolini di scrivergli la
sua biografia, ma lo scrittore toscano non lo aveva accontentato. Anche la
scrittrice Margherita Sarfatti pubblicò una biografia su Mussolini. E’
difficile capire, oggi, perché le case editrici non ristampino questi preziosi
documenti. Mi dispiace che Beltramelli,
a novant’ anni dalla sua scomparsa, non sia stato ricordato da nessun articolo
sui giornali. Questo può anche essere considerato un grande onore, perché sta a
significare che non piace all’attuale cultura di sinistra.
Giuseppe Ravegnani,
uno scrittore che lo conosceva molto bene e di cui era amico, scrisse a ventuno anni dalla sua morte
dalle colonne del giornale, credo Il
Tempo : “ Ventuno anni fa, in una stanza dell’albergo Flora di via Veneto, a
Roma, moriva Antonio Beltramelli. Beltramelli da due mesi aveva compiuto i
cinquantuno anni, ma era bastata per ucciderlo una settimana di sofferenze
atroci, di torture, per quel cancro al cervello. Io, in quel tempo, abitavo a
Roma; e quella morte, così improvvisa e crudele, mi lasciò più solo che mai e
più abbandonato. Romagnoli, di Forlì tutt’e due, lui della piana e io della
collina, l’amicizia tra me e Beltramelli era di un buon legno stagionato, anzi
meglio dire l’affettuosa fraternità, anche se io ero di sedici anni più giovane
di lui. Beltramelli, specialmente d’inverno, veniva giù dalla Romagna, e in tutta fretta, quasi che qualcuno lo
fruconasse alle spalle, scendeva all’albergo Flora in Via Veneto, con la
sorella Maria; ma appena la primavera tinteggiava di tenero verde gli alberi,
risaliva di gran corsa alla sua terra e
ridiventava il “ signore della Sisa”.
La
casa in campagna “Sisa” dove viveva gran parte dell’anno era il suo mondo
ideale, vicino alla natura che per ogni scrittore è una musa ispiratrice e
dalla terra Beltramelli attingeva la linfa per vivere in armonia con se stesso.
In quella casa attorniata da grandi tigli, sentiva il canto degli uccellini,
viveva con la sorella e riceveva gli amici. Era come per Gabriele d’Annunzio il
suo Vittoriale, il luogo sacro dove le sue pagine prendevano anima. In quella
solitudine gli era caro vivere, spesso, sentendo il rumore della penna
stilografica che scorreva sulla carta, e il profumo della natura che si
mescolava con il profumo dell’inchiostro. La sua casa era sempre aperta agli
amici, posta vicina al fiume Ronco. Ancora Ravegnani, scrive: “Romantico,
romanticissimo il nostro Tugnàss, ma di un romanticismo nella sostanza tutto
romagnolo e frenetico anche se nell’apparenza un po’ Dannuziano e decadente,
egli aveva fatto della Sisa la sua Capponcina: una Capponcina rustica e alla
buona e in fondo borghese, senza smancerie estetizzanti e senza calchi di
statue, con i polli che razzolavano per il prato attorno a casa, con il buon
odore di pane casalingo per le camere, e poi epigrafi, terrecotte, foto con
dediche, ricordi di mezzo mondo, trofei e giapponeserie a non finire… ”.
Sulla porta d’ingresso aveva fatto collocare
la scritta: “Sii benvenuto ospite nella
mia casa serena”. Era alla fine un notevole scrittore con un grande animo, che
si poteva paragonare a quegli alberi che danno sempre un buon frutto. L’animo
generoso e romagnolo lo aveva nel sangue. Nella sua vita di scrittore aveva
pubblicato numerosi libri e novelle, anche su giornali nazionali. Fu
collaboratore al Corriere della Sera dal 1907 al 1910. La sua produzione
letteraria divenne come un fiume in piena, e la sua fama crebbe. Beltramelli
continuò la sua vita modestamente, e leale verso lo stato. Nel 1925 firmò il
manifesto di Giovanni Gentile, degli intellettuali fascisti, poi divenne
Accademico nel 1929. Uno scrittore che lo conosceva molto bene era Orio
Vergani, pure lui Accademico d’Italia.
Il Vergani gli dedica alcune pagine nel
suo diario Misure del Tempo. In questo diario ci spiega anche il rapporto
speciale che Beltramelli aveva con il fascismo e con Benito Mussolini. Quando
venne nominato Accademico d’Italia non possedeva nemmeno i soldi per comprarsi
la divisa, fu ,pertanto, Mussolini a provvedere a tutto. Il Duce nel 1923
diceva di Beltramelli :” Siete uno dei rari scrittori che scrivono in italiano,
e siete, naturalmente, una gloria della Romagna, vecchia cara Romagna!”.
Dopo la morte di Beltramelli,
uscirono in tre volumi, la sua opera letteraria, volumi corposi che
raccoglievano i suoi romanzi e novelle,
editi dalla Casa Editrice Mondadori nella collana degli “Omnibus”. La
sorella di Antonio Beltramelli prega
Arnaldo Mussolini di scrivere la prefazione alle novelle del fratello.
“ Ma quale prefazione si può scrivere
all’opera di uno scrittore come Antonio Beltramelli, che si è già tutto
pienamente espresso nei suoi libri? L’opera sua - ardente, profonda, incisiva-
la rievocazione degli uomini forti della nostra terra, si è ben disegnata e
affermata mentre egli viveva; e oggi sopravvive alla sua tragica fine immatura.
Non scrivo, dunque, una prefazione, ma dedico una parola di ricordo, un
pensiero di rimpianto alla memoria del camerata ed amico. Povero Beltramelli!
Se qualcuno apre d’improvviso la porta del mio studio, ho l’impressione che
posa essere ancora Lui, a volta a volta gaio e triste, cordiale ed iracondo,
pronto al giudizio severo e tagliente - sempre amico e fratello d’anima; col
suo spirito vivo e giovanile, acceso dai più nobili entusiasmi, capace di
impeti generosi e di bontà infinita. Romagnolo del tipo antico, tempra
d’acciaio, fede che non tentenna. Egli non può presentarsi più al suo Giornale.
L’ultima immagine che mi resta di Lui è quella di una povera spoglia, raccolta
nella spietata fissità della morte. Ma Egli vive nella memoria che ha lasciato
tra i suoi fratelli di lotta e di ideale, fra gli amici e i camerati; vive
nella sua opera colorita ed ardente, che i critici malinconici non riescono a
scalfire; vive in un esempio di probità laboriosa che egli ha lasciato agli
scrittori dell’Italia nuova. Beltramelli ha saputo essere, come il suo grande
fratello spirituale, Alfredo Oriani, artista e politico ad un tempo. Ha dato l’esempio suggestivo di
uno scrittore che considera l’arte come milizia e tiene la penna come si tiene
la spada. Questo esempio rimane, per la gloria della sua terra e per la nobiltà
della nostra fede fascista”.
La vita di
uno scrittore vorremmo non finisse mai, specialmente quando lo scopriamo per la
prima volta. L’amico scrittore ha il compito di portarci con le sue pagine a
mostrarci il suo animo e il mondo a lui caro.
Ho la consapevolezza che tutto non finisca dopo la sua morte, le pagine
hanno una grande anima, un respiro. Lo scrittore cerca nel lettore il suo
migliore alleato, e spera che lo porti con sé.
Beltramelli, morì novant’anni fa. La sua fine fu contraddistinta da una
grave sofferenza fisica.
Come disse un poeta, non è facile morire, lasciando
quelli che abbiamo amato. Beltramelli lasciò una sorella che gli voleva bene e
continuò ad abitare nella sua casa, sempre aperta a tutte le ore agli amici, alle
persone semplici. Lo scrittore lasciò anche una moglie che mantenne sempre vivo
il suo ricordo. Beltramelli lasciò un caro amico che gli voleva bene, il critico letterario Giuseppe
Ravegnani, che scrisse belle pagine su di lui, che hanno contribuito a farlo
conoscere. La prematura morte di Beltramelli gli risparmiò di vedere Benito Mussolini, appeso a Piazzale
Loreto, e la fine di tutto quello in cui aveva creduto. La vita è fitta di
sconfitte, ma spesso una sconfitta vale mille vittorie.
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