Con ciò non si vuole negare
il contributo certo notevole, nella maturazione dello stato d'animo avverso al
fascismo, del movimento clandestino delle opposizioni.
Nacquero giornaletti
stampati e diffusi alla macchia come l'Italia Libera, l'Avanti!, L'Unità e
Ricostruzione.
Antiche tendenze e correnti
politiche rimaste a scorrere segretamente neI sottosuolo della vita italiana
degli ultimi tre lustri, tornarono a farsi sentire, ríapparvero d'improvviso
alla luce e i loro fautori venivano giustamente giudicati come spiriti
illuminati e coraggiosi. Ma anche questi gruppi, meno il partito d'azione,
contavano sul l'intervento del Sovrano per eliminare Mascolini. Essi non
rifuggivano dal compromesso. La rosalìa repubblicana è venuta in seguito: dopo
che la Monarchia a proprio rischio e pericolo, aveva compiuto la sua parte il
25 luglio. E’ venuta dopo nella corsa dei vari gruppi al palio delle riforme
demagogiche con quello spregiudicato cinismo e machiavellismo che gli inglesi
hanno bollato ai Comuni, una volta per tutte, nel conte Carlo Sforza. Anche
Mussolini, che nella notte tra il 25 e il 26 luglio si proclamava nella sua
lettera a Badoglio, «fedele e devoto servitore della Monarchia » e che nei suoi
colloquì con l'Ammiraglio Maugeri (1) riconosceva
che egli era finito per la
politica attiva e che mai avrebbe compiuto l'errore e il delitto di valersi
dell'appoggio tedesco per tentare di tornare alla direzione della cosa
pubblica, anche Mussolini dimenticava quelle assicurazioni e quei buoni
propositi per instaurare, in goffa concorrenza con l'antifascismo, la
Repubblica Sociale italiana, dimenticando per l'occasione perfino il fascismo.
Triste demagogia, dunque, e
nulla più: fatuo mimetismo che a tutto guarda. a tutto provvede, a tutto mira
fuor che al bene comune.
Ma al disopra delle congiure
dei gruppi clandestini, più forte d'ogni volontà generale, premeva ormai una
drammatica realtà. L'Esercito era finito. In Africa nella lunga ritirata da El
Alamein a Tunisi aveva avuto più nemico il tedesco che l'inglese. Il rapporto
del generale Messe sulla battaglia- del Mareth dal 14 al 24 marzo, conteneva
molti elogi al nemico e aperti rimproveri all'alleato. Rommel che era apparso
un salvatore nel gennaio 1941, era giudicato da tutti, ora, il peggiore dei
malanni capitatici in guerra. Dopo avere causato la distruzione dell'armata
tedesca e di quella italiana, si involerà dall'Africa per subire, un anno dopo,
la sconfitta ultima e definitiva sul vallo atlantico (2). Perdute tutte le
posizioni in Africa, distrutta l'armata italiana in Russia, l'esercito italiano
non contava più in Patria, che poche unità veramente efficienti. Il soldato
continuava a ripetere che il suo armamento era inadatto alla guerra moderna,
che, soprattutto. la continuazione della guerra
era inutile, era anzi
dannosa, vera e propria follia e aveva finito col non combattere più. Cosi si
spiega l'occupazione di Pantelleria avvenuta quasi senza, colpo ferire, lo
sbarco pressoché incontrastato in Sicilia e la rapida occupazione di due terzi
dell'Isola, lo sbarco sulla costa calabrese. Tre anni di guerra impopolare
senza una sola vittoria, avevano determinato. ormai, lo scollamento
dell'Esercito. Le due ultime fiammate, del valore Italiano furono la battaglia
di Tunisia e la ritirata dall'ansa del Don. Poi non vi sarà più un esercito
italiano. Nel guardare, più tardi, al fatti dell’otto settembre bisogna avere
presente questa condizione di cose. I comunicati mussoliniani, vuoti e
ampollosi,redatti all'inizio - a sentire lui - nell'intento di non nascondere
mai la verità al popolo italiano, erano divenuti falsi e retorici,
magnificavano un ardimento che non esisteva, esaltavano una difesa, come ad
Augusta e a Pantelleria che lo stesso Mussolini accuserà più tardi ed avrà
torto ancora una volta - di tradimento.
Il demagogo non trovava più
una sola nota giusta. Dall'inizio della guerra egli confesserà - nessun
avvenimento sarà più propizio al suoi disegni. Tentava allora di correggere la
sorte avversa con l’ostinazione e non faceva che raddoppiare ed esasperare gli
errori. I due convegni dell'aprile e del luglio, a Salisburgo e a Feltre, tra
Mussolini e Hitler non mutarono la situazione. Dal 7 al 10 aprile ì due dittatori
si incontravano a Klessheim, presso Salisburgo. Questa volta Ciano era stato
sostituito da Bastardini, Cavallero da Ambrosio.
Bastianini cercò di portare
nel convegno un'idea nuova. Egli ricordava la massima dì Clausewitz che quando
la sorte delle armi è contraria bisogna ricorrere all'arte della politica.
Sperava quindi di determinare un nuovo orientamento nella politica europea dei
due Stati dell'Asse. La Germania e l'Italia non dovevano tanto preoccuparsi di
affermare le ragioni del loro spazio vitale quanto di ottenere la solidarietà
delle nazioni del Continente in un programma di collaborazione. Non si Poteva
costruire la nuova Europa con la schiavitù degli europei. Tornavano così in
onore vecchi motivi del 19,9, soffocati e respinti dalla dottrina della razza
superiore e del Lebensraum. Ribbentrop respinse subito il progetto di
Bastianini. Quanto a Hitler non ebbe nessun agio dí ascoltarlo. Egli pronunciò
in questo, come in ogni altro convegno, deí lunghi monologhi che Mussolìni
ascoltava da solo senza testimoni e senza interprete. Poiché la sua conoscenza
del tedesco non era perfetta non sì è mai saputo che cosa egli comprendesse
delle parole di HitIer. Era però avvenuto un fatto nuovo. Da quando gli
avvenimenti militari e politici non erano più favorevoli al dittatore italiano,
questi si trovava in istato di palese, inferiorità rispetto al tedesco. Era
ormai lontano il tempo di Monaco in cui Mussolini appariva ancora il maestro e
HitIer il discepolo: (il primo parlava seduto con autorità e sufficienza e
l'altro ascoltava in piedi in atteggiamento deferente e quasi desideroso di
apprendere). Ora Hitler si era fatto aspro e non rifuggiva dal paragonare lo
sforzo bellico tedesco con quello italiano e di lamentare lo scarso spirito
combattivo del nostro esercito e la mancanza di disciplina e dì spirito di
sacrificio del nostro popolo. La lentezza del governo italiano nell'applicare
il sistema di razionamento per la distribuzione dei viveri e dei tessuti, aveva
colpito tutti ì tedeschi. Essi si fingevano furiosi allo spettacolo delle
vetrine dei nostri negozi, ma ne profittavano per saccheggiare allegramente
quelle già scarse risorse.
Ci fu ancora un tentativo di
chiarire la situazione con i tedeschi. in un convegno presso Feltre (19 luglio)
nel castello del senatore Gaggia. Anche questa volta accompagnarono Mussolini
il generale Ambrosio. il Sottosegretario Bastianini e l'Ambasciatore italiano a
Berlino, Alfieri. Da parte tedesca vi erano Rìbbentrop, Keitel e l'ambasciatore
a Roma Mackensen. Fu un convegno frettoloso e inconcludente durato poche ore e
ridotto a una sola seduta plenaria. E in questa seduta non vi fu che un solo
discorso di Hitler. Voleva Mussolini in quel convegno mettere finalmente i
punti sugli “i”? Il Maresciallo Badoglio lo ha affermato nel suo discorso aglì
Ufficialì in Agro dí San Gíorgio Jonico. Sia il Sottosegretario agli esteri
Bastianini che il Capo dì Stato Maggiore Generale Ambrosio, desideravano da
tempo una franca spiegazione e facevano molte pressioni su Mussolini in tal
senso.
Ma il «duce» era ormai
intimidito dal Fuehrer. Egli si recava al convegni con la cattiva coscienza del
peccatore perché non poteva sbandierare come avrebbe voluto una qualche
vittoria o almeno un qualche successo. Si trovava quindi in una situazione di inferiorità
che gli toglieva l'iniziativa e la parola. Ascoltava le orazioni del Fuehrer,
si proponeva di rispondere, di mettere in chiaro ma poi e non osava, attendeva
sempre un'occasione migliore; un momento più propizio, una carta anche minima
nel proprio giuoco.
(1) MAUGERI: Mussolini mi ha
detto , nella rivista “politica estera”, 1944, n. 7-8.
(2) Da rivelazioni recenti
attribuite dalla stampa al figlio sembra che Rommel non sia morto per le ferite
riportate, ma sia stato costretto a suicidarsi.
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