NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

lunedì 1 gennaio 2018

Costituzione (70 anni fa)

Perché pubblicare un articolo di 70 anni fa? Abbiamo la testa rivolta indietro? No.
La risposta è un'altra: la costituzione repubblicana è stata diffusa, nell'immaginario di una popolazione inebetita, come un evento mistico, ammantata di sacro, componente di una trinità laica fatta di resistenza, repubblica e costituzione, al pari del Padre, del Figlio  e dello Spirito Santo nelle coscienze di molti. 

Ebbene non è così. La costituzione della repubblica italiana è il frutto di compromessi, utopie, prepotenze, nel panorama di una nazione sconfitta ed imbrogliata. 
Di questo la percezione si è persa e la costituzione è diventata un pesante feticcio da tirare in testa a chiunque osi dissentire e pensare che un'altra Italia non solo è possibile ma è anche doverosa.
Nessun concepimento soprannaturale, nessun parto miracoloso. 
Solo vincitori affamati che si sono spartiti un bottino.


da Candido, n. 52,  28 dicembre 1947

COSTITUZIONE

Sul grigio orizzonte italiano del I° giorno del 1948, si leva il sole scialbo della Costituzione che «tutela il paesaggio», che dichiara «libera l'arte» e, al contrario, si disinteressa di fondamentali problemi.

Dal primo dì di gennaio anche gli errori di sintassi contenuti nella «Parva Charta» diventeranno legge.

Fanno corona al pallido sole, pallidissime nuvolette che vagano nel crudo cielo invernale e in ogni nuvoletta sono condensate le grida, le urla, i commenti che hanno accompagnato la nascita di ogni articolo della Parva Charta: «Fesso! Fascista! Venduto! Cornutaccio! Ruffiano! Bue! Buffone! Traditore! Segnorina! Cretino! Stupido!».

Le nuvolette, che racchiudono il travaglio del parto stillano rugiada untuosa che sa un po' di stalla e di salotto, un po' dì caserma e di sagristia, un po' di ballo popolare e di gruppo rionale.

La esigua schiera dei liberali ha tentalo il salvataggio in extremis e ha chiesto l'unica cosa sensata che si potesse. chiedere: un referendum popolare sulla Costituzione. Urla, ruggiti hanno sopraffatto quella voce. Le sinistre e i democristiani hanno stretto al petto il loro bottino urlando: «No! La Costituzione è nostra!».

Il terrore di compromettere o ritardare con un referendum le prossime elezioni il terrore che qualche articolo faticosamente conquistato al loro partito potesse cadere li ha resi pazzi: Noi abbiamo urlato, abbiamo bestemmiato, ci siamo insultati, ci siamo presi a calci, a, schiaffi a pugni a sputi per questo articolo, l'abbiamo conteso a coltellate ed è nostro.

E’ la nostra parte di bottino

E dal primo giorno del nuovo anno, si leva all'orizzonte il pallido sole della Costituzione obbligatoria, consacrata dalla firma obbligatoria del Presidente obbligatorio della Repubblica obbligatoria.

Ecco il degno carme che tramanderà alla storia tanta Assemblea. Non l'abbiamo scritto noi anch'esso è nato là, tra i banchi dell’aula sorda e grigia, piccolo fiore invernale che saluta il tramontar della Costituente ma il sorgere della Costituzione. Sono versi estemporanei che vi invia da Montecitorio l'on. Paolo De Michelis deputato socialista:

« Sia lodato il sempre attivo
presidente de Soloni,
che qual padre putativo
dei progetto in discussioni
aspri e forti, con gran merto
lo difese a viso aperto. 
Sia lodato con Ruini  
il serafico Ambrosini  
la felice levatrice        
della fragil creatura    
che affidò per ogni cura     
a Tosato e a Perassi
a Targetti, Conti e Grassi.                    
Sia lode al presidente (1)   
che con arte sorprendente,
con amor, con intelletto,
portò in salvo il gran progetto      
tra l'insidia  e i sabotaggi    
dei Mancini e dei Selvaggi.                  
Gli onorevoli colleghi                   
con la legge dello leggi,      
che si avrà per San Silvestro      
lascerranno i loro seggi;     
e io col seggio  
lascio l'estro      
e ritorno al lavor mio; 
cari amici, addio, addio »,  
                  
(1)Terracini.

Addio, onorevoli costituenti: Palmiro agita il vincastro e raduna il gregge e lo rimanda all'ovile, l'on. De Gasperi col dito magro e ossuto, un dito da precettore ottocentesco, ordina i ranghi fruscianti e silenziosi dei suoi allievi.
Passa tarantellando il gruppo qualunquista e in testa è il fondatore col putipù, ma è una allegria sforzata che stona in questo clima da funerale, Passano Nitti e Bonomi e il gruppo dei vecchi politici falliti,  e borbottano minacciando pestilenze e carestie. Passano i greggi minori.
Poi gli isolati. Poi i liberali amareggiati da un glorioso passato e da un melanconico presente.

Addio, signori deputati la grande giornata è finita. E’ già l'alba di domani e, all'orizzonte del '48, spunta il pallido sole della Costituzione, che tutela il paesaggio ma non tutela la dignità di un'Italia già madre del Diritto

La tuteleranno gli altri italiani? La sentiranno la necessità di un referendum su una Carta che coi suoi 130 articoli a prezzi popolari è l’Upim delle Costituzioni?

O saluteranno festosi il nuovo o sole che sorge dai colletti fatali di Roma?

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