NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

giovedì 21 giugno 2012

Sergio Romano sul Corriere della Sera


Riportiamo certe notizie esattamente così come vengono riportate sui giornali, affidandoci al senso critico degli amici che leggono. Fin troppo facile per noi dire che non siamo completamente soddisfatti della risposta di Romano che però, almeno, riconosce al Re Vittorio Emanuele III il merito di aver salvato lo Stato Italiano.
A nulla vale che il Re si sia opposto con ogni possibile mezzo che lo Statuto gli affidava alla tragica entrata in guerra dell'Italia nel 1940 e lo stato di necessità nel quale si trovò ad agire nei tragici giorni dell'8 Settembre.
Ma almeno qualcosa si inizia a riconoscergli.
Lo staff

Quei re in fuga

Caro Romano, durante l'invasione della Norvegia da parte dei nazisti, il re se ne fuggì in Inghilterra, senza che nessuno avesse qualcosa da obiettare. Quando, in circostanze analoghe, il nostro re Vittorio Emanuele III se ne andò a Brindisi, furono dette peste e corna. Come si spiega questa differente valutazione?

Mario Minissi , 
Haakon VII lasciò il suo Paese quando la resistenza dell’esercito norvegese contro l’invasione tedesca divenne impossibile; e il suo esilio a Londra dimostrò quale fosse la collocazione politica dello Stato norvegese nel grande conflitto mondiale. La sua scelta divenne particolarmente significativa e utile alla Norvegia quando il commissario tedesco per gli affari norvegesi installò a Oslo un governo presieduto da Vidkun Quisling: un nome che divenne sinonimo di collaborazionismo. Anche Vittorio Emanuele III ebbe, a mio avviso, il merito di salvaguardare la continuità dello Stato. Ma non è possibile negare che la sua storia politica sia stata assai meno lineare di quella del re di Norvegia.

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