di Gianluigi Chiaserotti
Dalla conversazione tenuta il 20 novembre 2005 a Roma al Circolo di Cultura e di Educazione politica “Rex”
Sempre a Vienna, nel cuore della città, l’imperatore Francesco
Giuseppe d’Absburgo (1830-1916) gli fece erigere (1859) un monumento
equestre modellato dal Fernkorn proprio di fronte al palazzo imperiale nella
Heldenplaz. Vi è un monumento anche a Budapest, dinanzi all’entrata principale
del Palazzo Reale ed affacciato sul Danubio. Sul basamento del monumento
viennese, nelle tre targhe di bronzo, si legge: “Al saggio consigliere di tre imperatori”, “Al glorioso vincitore dei
nemici dell’Austria”, “Al Principe Eugenio, il Nobile Cavaliere”. I tre imperatori furono: Leopoldo I, Giuseppe I
e Carlo VI.
Una cantabile melodia, nata sul campo – durante l’assedio di
Belgrado – recita: “Prinz Eugen, der edle Ritter….. (il Principe Eugenio, il
nobile cavaliere…….)”. Tuttora l’inno ufficiale della nostra cavalleria è
la “Marcia del Principe Eugenio”, composta, nel 1914, da Gustav Leonhardt.
Scrive di lui un grande storico della Chiesa: “terminava la
serie delle Crociate, da Goffredo di Buglione sino ad Eugenio di Savoia”.
Lo storico, generale Carlo Corsi, nel 1884, scrisse di Eugenio di
Savoia che “(…) sovrastò gli altri Capitani dei suoi tempi per
l’ingegno strategico e per la severa osservanza della militare disciplina.
Tolse regola a’ suoi atti dalle qualità del terreno e del nemico e fu
altrettanto pronto e vigoroso nell’eseguire quanto audace nell’immaginare,
sicchè potè condurre a buon esito imprese che apparvero temerarie (…) Lo si addita
come sommo nel condurre le marce e nello scegliere il punto ed il momento
opportuno per gli assalti decisivi. Oltre la nobiltà del sangue e dei modi,
concorsero a procacciargli il rispetto e la devozione dei capi e delle milizie
la severità dei costumi, la maestà della parola ed il freddo coraggio veramente
meraviglioso, ch’era attestato dalle ferite toccategli in tredici battaglie.” Ed
ancora, il poeta e drammaturgo austriaco Hugo von Hoffmannsthal (1874-1929),
nel 1914, scrisse di lui, fra l’altro, parole divenute famose: “(…)
rimanere alla testa di un esercito, come egli rimase, conducendolo a battaglie
e poi ancora a battaglie, ad assedi e poi ancora ad assedi, per trentanove
anni. Tirarlo fuori dal fiume Sava, condurlo in Lombardia e poi indietro,
attraverso il Tirolo verso la Baviera e sul Reno e poi di nuovo giù nel Banato
e su, un’altra volta, nelle Fiandre. Cadere ferito per tredici volte e poi di
nuovo sul cavallo, di nuovo in tenda, di nuovo in trincea. Ed i suo sguardo d’aquila
su tutto, sull’esercito e sulle salmerie, sull’artiglieria e il territorio e il
nemico. E la brevissima preghiera prima dell’azione” come prima abbiamo
ricordato “quel di lui “Mon Dieu!”, con uno sguardo verso il
cielo, eppoi il segno “Avancez!”, con un unico breve movimento
della mano. Spingere tutto ciò, sempre avanti, con la sola forza della volontà.
E mantenere ogni cosa in vita, imporre tutto con forza vitale, compensare,
nutrire, penetrare tutto col suo spirito, e per trentanove anni. Quale fatica
d’Ercole!”.
Il filosofo francese
Jean-Jacques Rousseau (1712-1778) giudicò Eugenio di Savoia: “(…) un
filosofo guerriero, che considera con indifferenza la sua dignità e la sua
gloria, discorre degli errori che ha commesso con la massima schiettezza, come
se parlasse di un altro e che è più caldo ammiratore delle altrui virtù che
delle proprie.”
Il Principe Eugenio, nel corso del lungo esilio dei nostri
Sovrani, fu ricordato almeno due volte, ed a Vienna. La prima fu nel 1963,
Terzo Centenario della nascita, alla presenza del Principe Adalberto di
Savoia-Genova, Duca di Bergamo, (1898-1982), in rappresentanza del Re Umberto
II, e la seconda nel settembre 1986, 250mo anniversario della scomparsa, alla
presenza del Principe Vittorio Emanuele di Savoia, ci siam recati nel Duomo di
Santo Stefano nella Cappella dedicata al Nostro, e dove abbiamo provato,
innanzi all’”urna” del “forte” Eugenio, una rinnovata patriottica scintilla
foscoliana.
Non Vi abbiamo volutamente parlato della vita privata del Principe
Eugenio di Savoia, di cui ben poco si conosce. Possiamo dire solo che era un
uomo occupatissimo, modesto nel vestire – solitamente indossava una giubba di
panno scuro, senza distinzioni – non si sposò e non si creò una propria
famiglia. Ma un unico fatto conosciuto, che dia la sensazione di un omaggio
profondo e duraturo alla Femminilità, è la sua lunga, costante, palese amicizia
con la contessa Lori (Eleonora) Batthyani, splendida dama e gentildonna di
grande intelligenza e di eccezionale cultura, alla quale il Principe rendeva
visita nel di lei palazzo in Vienna, e ciò anche il 20 aprile 1736, ultima sera
della vita del
Nostro. Non
abbiamo altresì accennato a’ diversi e multiformi aspetti della sua vita
pubblica, ma solo e soltanto sottolineato i maggiori titoli della sua
grandezza: la difesa dell’Impero, dell’Europa e della Civiltà Cristiana.
Grandezza che trae la sua fonte dalla lotta, dal sacrificio, da una forza messa
al servizio dei grandi ideali. Se questi ideali non sono morti, se vera grandezza
fu quella di Eugenio, non sarà grandezza, non sarà nobiltà, non sarà eroismo,
quello di chi, confidando nell’aiuto di Dio, vorrà dedicare le sue energie a
difendere anche oggi, nel Terzo Millennio dell’Era Cristiana, l’Europa e la
Civiltà Cristiana dai suoi nemici, in una lotta che non è militare, ma prima di
tutto ideologica e morale?
L’Europa del Nostro era romana, cristiana e libera in campo
politico, militare, scientifico, letterario ed artistico in un’epoca in cui –
fra l’altro – netta era ancora la distinzione fra il bene ed il male, fra le
virtù ed i vizi e fra la verità e la menzogna. Ed Eugenio è la personificazione
di ciò!
Eugenio, il grande “defensor christianorum” – emulo dei
grandi da Lepanto a Belgrado (vittorie tutte ispirate dalla Madonna, come più
volte abbiamo detto e scritto) – solo con la sua fede in Dio e nella Madonna
potè arrivare a tanto e fare tanto per la Chiesa e contro gli infedeli. Egli è
la personificazione dell’uomo che respinge la tentazione della mediocrità e
della resa per la resa e pone innanzi a tutto la fedeltà, il dovere, il
sacrificio e la lotta. Egli è un crociato nel senso che la Storia, Maestra di
vita, ci tramanda questa figura. E le Crociate sono tutte un’ispirazione
mariana.
Rodi, Lepanto, Vienna, il filo conduttore è sempre lo stesso:
combattere, in nome di un’ispirazione, il male e gli infedeli.
La scelta di Eugenio deve essere la
nostra scelta contro l’attuale male, odio e violenza verso una pace anche e
soprattutto interiore.
Noi per il futuro vogliamo la pace; quella vera a cui tutte le
forze del nostro cuore, sinceramente e profondamente aspirano.
Eppoi la visione dell’Europa che il Principe Eugenio ha, per il
futuro, ispirato, e che si è concretizzata nel 1989 con la caduta dei regimi
estranei che da oltre quarant’anni imperversavano nell’europeissimo est europeo.
Ed ecco che si torna a parlare di Monarchia: di sentimenti
tradizionali, di interesse per le nobili figure dei Re: Michele per la Romania,
Simeone per la Bulgaria, Wladimiro per la Russia, Otto d’Absburgo per
l’Ungheria. Si torna a parlare di Monarchia nei paesi che, fino al
1918, erano il cuore dell’Europa tradizionale e sopranazionale. Solo
in Italia si continua ad addurre ai Savoia colpe, se di colpe di deve parlare,
che furono di altri.
Quindi Eugenio Francesco di Savoia Carignano Soissons è la
Tradizione, è l’Europa.
Perché coloro che hanno redatto la Costituzione Europea -
solennemente sottoscritta a Roma il 29 ottobre 2004 - non hanno tenuto conto
nel c.d. “Preambolo” di questi valori? I valori cristiani e tradizionali che
hanno rappresentato, che rappresentano e che rappresenteranno il nostro
Continente. I valori fatti propri da Eugenio. Valori, come ho già detto, che
poi sono gli stessi da Lepanto in poi.
Questa è la strada mostrataci da Eugenio!
Nell’attesa del fulgido giorno, di quel sole “libero e giocondo”
che è il restauro della Monarchia, partiremo spiritualmente da Roma, perché
italiani, perché europei e proclameremo l’opera e le gesta indicateci del
grande Eugenio Von Savoy che benediremo.
In ogni epoca, come abbiamo ampiamente visto e commentato,
l’umanità ha dovuto combattere contro il c.d. “male”, che potevano essere i
barbari nell’antica Roma, gli infedeli ai tempi delle Crociate, la cupidigia,
che sotto l’allegorica forma di una lupa, Dante, nella sua “Commedia” al Canto
I dell’Inferno, di essa dice:
“Molti son li animali a cui s’ammoglia,
e più saranno ancora, infin che ‘l Veltro
verrà, che la farà morir con doglia.”
E’ la profezia “ante eventum”, l’unica tale nella Divina Commedia.
Sarà venuto questo “Veltro”.
Con una libera interpretazione potrebbe essere stato Eugenio di Savoia Carignano Soissons?
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