Il movimento
operaio si sviluppò tardi nel nostro Paese, perché il fenomeno della grande
industria stentò parecchio a realizzarsi.
Come in tutti i Paesi
europei, esso fu inoltre seriamente ostacolato dalla legislazione repressiva
delle corporazioni: Inghilterra: 1753-17.56; Austria: 1771; Olanda: 1780;
Prussia: 1791; Toscana: 1770; Veneto: 1797; Stato Pontificio: 1801; Napoletano:
1821; Piemonte: 1798-1844; Francia: 1776, Turgot, poi abolito, 4 agosto 1789;
Milanese: 1787.
A tale legislazione,
seguì quella repressiva delle associazioni professionali, nel timore che queste
riproponessero di fatto il tema delle corporazioni, ritenute dai fisiocrati e
dai liberisti un grave ostacolo al progresso economico e scientifico. La più
celebre legge repressiva delle associazioni professionali fu quella francese
del 14 giugno 1791, presentata all'Assemblea costituente dal deputato del terzo
Stato Le Chapelier.
In Piemonte, dopo
la promulgazione dello Statuto, la libertà di associazione fu costantemente
rispettata: ne fa fede la costituzione a Torino, nel 1848, della società dei
compositori tipografi, che stipulò con i proprietari contratti di lavoro
rinnovati nel '50 e nel '51: un'associazione sindacale vera e propria, quando
altrove, in Italia, non ne esistevano; una prova che il Piemonte sabaudo fu
anche all'avanguardia nel campo sindacale.
Dopo
l'unificazione, le legislazioni repressive dei vari Stati italiani furono fuse
nella legge 29 maggio 1864, che rimase in vigore fino al Codice penale del
1890.
Nei primi dieci
anni del Regno, ragioni politiche ed economiche non consentono al problema
operaio di assumere proporzioni tali da preoccupare seriamente i politici e l'opinione
pubblica: l’operaio, nella maggior parte dei casi, è anche contadino, gli
opifici non assumono grandi dimensioni e stenta quindi a formarsi una
solidarietà di classe.
Prosperano invece
le « Società operaie di mutuo soccorso » (1862: 417 con 111608 membri
effettivi; 1873: 1146 con 218822 membri; 1878: 2091 con 331508 membri), fondate
sulla collaborazione tra classe dirigente e lavoratori, ma condotte dai soci
onorari, non operai, con criteri paternalistici. Scopi: soccorso in caso di
malattia; prestiti; istituzione di cooperative di consumo; scuole per i
lavoratori, ecc. Dopo il 1860, esse si distinsero, per le finalità politiche,
ma non per il contenuto economico che era il medesimo, in associazioni appoggiate
dal governo e dal partito moderato e associazioni di ispirazione mazziniana.
Queste
associazioni, che in Piemonte erano state in parte promosse per quanto concerne
le campagne, dall'Associazione Agraria Subalpina, fautrice di asili di
infanzia, scuole gratuite e casse di piccolo risparmio, riuscirono per qual-che
tempo a mantenere il controllo del movimento operaio e anche dopo il 1864, che
segna l'inizio della propaganda « internazionalista » di Bakounin in Italia;
ma, in seguito, nonostante le ampie benemerenze sociali, mostrarono i loro
limiti e, man mano si formava negli operai e nei contadini una coscienza di
classe, perdevano l'antica influenza: non era, ad esempio, più concepibile che
i lavoratori rinunciassero a trattare i minimi salariali o l'orario di lavoro e
affidassero la soluzione di questi problemi al ceto padronale.
Un indice
statistico del cambiamento dopo il '70, nei rapporti tra datori di lavoro e
prestatori d'opera, fu dato dal numero medio annuo degli scioperi industriali: periodo: 1860 -
69: 13; 1871: 26; 1876- 58; 1886: 96
Dopo il 1875, già
sì uniscono nelle associazioni operaie i due caratteri delle società di mutuo
soccorso e delle leghe di resistenza, ed esse sorgono appunto nelle regioni
dove l'industria è più progredita: indizio sicuro della profonda trasformazione
politica, economica e sociale alla quale il Paese va incontro (25).
(25) CORRADO
BARBAGALLO: «Le origini della grande industria contemporanea», La Nuova Italia,
Firenze, 1951.
RAIMONDO LURAGHI:
«Sulle origini del movimento contadino nella pianura padana irrigua: il
Vercellese», in «Nuova Rivista Storica», settembre-dicembre 1956, pag. 489.
GINO LUZZATTO:
«Storia economica dell'età moderna e contemporanea Parte seconda: l'età contemporanea»,
CEDAM, Padova, 1948, specie le pagine
381, 382, 383.
NICCOLO' RODOLICO:
«Storia degli Italiani», Sansoni, Firenze, 1954, specie le pagine da 926 a 929.
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