NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

sabato 16 novembre 2019

Un secolo di storia d'Italia nella vita della Regina Margherita


Famiglia Cristiana concede il bis, per i 150 anni di Re Vittorio.

Il Re con la Regina Madre
"Un addio tra fiori e fasci littori"

di Luciano Regolo
Nella primavera 1909 Margherita scomparve improvvisamente da ogni ricevimento, cerimonia, persino dalle sue abituali passeggiate al Pincio. E non si videro più ospiti avvicinarsi alla cancellata del suo palazzo romano, dove di solito la gente si accalcava per vederla entrare o uscire, tributandole affetto e ammirazione, senza troppe formalità. Presto si diffusero voci sinistre sulla sua salute. Il disturbo della regina madre però non era mortale, semplicemente si era acuito col tempo il problema delle forti nevralgie che per lei era iniziato un ventennio prima, in seguito al fallito attentato di Passannante. Un malessere, dunque, di probabile origine psicologica, legato allo stress emotivo. L’ articolo pubblicato il 25 aprile 1909 dal New York Times fugò le paure: «I romani stanno diventando ansiosi sulla salute della cara regina madre. È stato detto a lungo che aveva l’ influenza e la nevralgia. Ma il tempo è passato e non è guarita, mai è stata vista e si è cominciato a dire che è ammalata. A palazzo ammettono che è bloccata al letto. (...) La natura della malattia non è specificata. Ma si suppone che sia una debolezza lasciata dall’influenza e che lei abbia una brutta nevralgia facciale. Ne aveva sofferto per la prima volta (...) nel 1878 e l’ unica cosa che la calmava era la musica (...). ora, dopo la morte di Umberto, lo shock è tornato. Il solo rimedio rapido per lei è fare automobilismo». Al suo malessere accenna la stessa Margherita in un’ altra missiva indirizzata a Bonomelli il 29 luglio 1909, nono anniversario dell’ assassinio di Umberto, insolitamente ancora a Roma: «La ringrazio d’ interessarsi alla mia salute; ho sofferto veramente molto: quelle nevralgie sono proprio maligne; e poi quattro mesi di malattia e quella lunga inazione e l’ assoluta impossibilità di occuparsi per tanto tempo sono proprio spiacevoli; ma ora grazie a Dio, sto di nuovo bene, e riprendo forza ogni giorno. Il 1° agosto a sera, ripartirò per Stupinigi (...). Spero che il soggiorno in quel bel luogo di Domodossola tra quei buoni e intelligenti padri Rosminiani Le darà riposo per l’ anima e per la salute; la pace è tanto bella cosa e la migliore di tutte le cure».
Non sopporta l’immobilismo Margherita, chiederle di stare ferma o chiusa sarebbe condannarla alla depressione. E infatti la sua vecchiaia è un inno alla gioia di vivere, al continuo gusto della scoperta. E anche se i suoi capelli si sono ingrigiti e lei decide di non tingerli più di biondo, ma piuttosto di virare la canizie sull’ argento, visto che ha compiuto 58 anni e non le dispiace l’ aria di signora distinta che le danno o il contrasto con lo scuro dei suoi abiti e dei pizzi, si mantiene estremamente giovanile nello spirito e nel fisico. Riacquista anzi gradatamente la linea perduta, proprio dopo quel periodo di malattia. Nel 1910 Fanny Salazar Zampini, nella sua biografia della regina madre destinata al pubblico britannico, ne tracciò un lusinghiero ritratto: «Benché (...) compirà 60 anni il 20 novembre 1911, è ancora una delle più eleganti donne in Italia. Nessun’ altra conosce meglio l’ arte di come valorizzarsi al massimo e di come mantenere la propria bellezza. La sua carnagione e la sua figura sono ancora l’ invidia della società italiana. Sua Maestà si occupa poco della vita di corte e, dalla morte del marito, ha dedicato gran parte del suo tempo al lavoro filantropico per tutta l’ Italia. Infatti è guardata dal popolo di quella Nazione, nella stessa luce in cui si guarda la regina Alessandra (consorte di Edoardo VII, re d’ Inghilterra, scomparso il 6 maggio 1910, ndr) in questo Paese. La simpatia per il suo stato di vedova è unita all’ammirazione per la forza con cui ha affrontato la tragedia della sua vita».

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