Giacche il nome ne è venuto fatto per un esempio non
secondario di quel che è la differenza tra una politica a contenuto sociale e
una politica a contenuto capitalistico demagogicamente mascherata, dedichiamo un
momento l'attenzione all'armatore Lauro, ed al suo tentativo di colpire alle
spalle il PNM cm la pugnalata della secessione.
Perchè? Per conto di chi? Queste domande si impongono, giacché
le questioni personali, Ie suscettibilità reciproche, ed anche una eventuale rivalità per il controllo particolare di alcune
posizioni dentro il Partito, tra il Segretario Generale e l'ex presidente del Consiglio
Nazionale, non appaiono giustificazione sufficiente della secession partenopea.
Per risolvere querele di questo tipo sarebbe bastata, anzi sarebbe stata più
atta, specialmente in fase prcongressuale, una battaglia all’interno del
Partito, questa, tra l’altro, avrebbe avuto per l’insoddisfatto un costo
finanziario assai minore che non la secessione, il che è argomento da non
trascurare, dato il soggetto. Occorre, dunque, una spiegazione politica al
tentativo dell'armatore; e non è neppur sufficiente, nella sua enunciazione
generica, quella che egli abbia voluto rendere alla Democrazia Cristiana un
servizio, richiestogli dagli esponenti quadripartiti di essa. Il discorso, per
esser serio, va approffondito.
Quattro elementi - senza andare ad altri meno recenti, ma
non meno probanti - vanno tenuti presenti per approfondirlo, tutti e quattro
politicamente indicativi, e tutti e quattro appartenenti all'ultimo anno di
permanenza di Achille Lauro nel PNM, cioè al periodo vero di maturazione della
sua insofferenza prima, e del tentativo secessionista poi: 1) l'atteggiamento
sempre rigidamente mac-carthysta, tognino, bloccardo, tenuto dalla stampa
personale dell'armatore editore di fronte al problema dell'anticomunismo,
attegiamento sempre fuori, e qualche volta positivamente riamente tipico di
altri ambienti; 2) Il peso determinante, rispetto alla linea ufficiale del
Partito e notonante del «comandante» e dei suoi soci e clienti nel decidere
l'atteggiamento negativo dei nostri Parlamentari verso il Gabinetto Fanfani; 3)
il peso determinante da lui avuto nel determinare la adesione del PNM al blocco
reazionario nelle «amministrative» di Castellammare di Stabia, la particolare
impronta da lui e dai suoi personalmente data a quella campagna, e
l'improntitudine con la quale la sua stampa. esaltò come una « grande vittoria»
quella che in realtà è stata l'unica bruciante batosta elettorale subita dal PNM
dopo il successo delle elezioni politiche; 4) Il preciso atteggiamento
dell'armatore-editore, della sua stampa, dei suoi soci e clienti, dentro e
fuori il PNM, a favore della C.E.D.
E' stato questo, si può dire, l'elemento determinante della
tentata secessione, la quale è avvenuta nel momento in cui la Maggioranza
quadripartita aveva bisogno, per la ratifica della C.E.D. (comunità Europea di Difesa), dell'avallo morale
di almeno alcuni voti in pubblica fama di « nazionali », ed ebbe a questo fine
il « cornandante » a propria disposizione giacché era fallita - malgrado le
molte seduzioni esterne ed i ricatti interni - nel suo scopo di avere a propria
disposizione per questo fine eminentemente antinazionale le forze veramente
nazionali del PNM. La posizione cedista di Lauro era conosciuta sin da prima
che egli abbandonasse il PNM e tentasse la secessione; i suoi amici e soci in
politica ed in affari non facevano mistero, anche dopo il comunicato
anticedista del Consiglio Nazionale, che sul suo favore alla C.E.D. «Lauro non
avrebbe ceduto, né era disposto a transigere».
Ebbene, che cosa era la C.E.D. ? Cioè: su quale altare si voleva immolare il
PNM, e con esso ogni gestione politica seria e disinteressata (anche se non
priva di difetti) dalla Causa Monarchica in Italia? Per sacrificarlo a quale
idolo si è cercato di pugnalarlo alle spalle, nell'ottavo genetliaco della
Repubblica, con l’arma sicariesca della secessione? Sono domande, tutte queste,
pertinenti ad un esame della situazione politica italiana, e sopratutto a
quella del PNM, esame rilevante per le determinazioni politiche da assumere in
sede congressuale, poiché è certo che le forze interne ed internazionali che
sono state dietro la secessione devono essere giudicate dai monarchici italiani
per quel che sono, e non per la maschera con la quale vorrebbero apparire,
anche se fosse maschera di amici, o di... difensori della Civiltà.
E', dunque, da dire che la C.E .D. non era soltanto, un tentativo di
sopprimere la sovranità nazionale nel settore militare, ma, ancor più, era un
tentativo di sopprimerla in campo economico (finanziario, sociale, doganale),
e, se ratificata, avrebbe significato la manomissione pressoché assoluta
dell'economia nazionale nelle mani del Capitalismo internazionale ed
internazionalistico di fonte americana.
Nei concreti legami di interessi con
questo, più che non nelle ideologie o nelle fantasie «europeistiche» (di una
Europa programmaticamente limitata alla fetta di continente tra Pirenei ed Elba,
che è economicamente la più pingue), si deve ricercare la fonte del cedismo
democristiano, socialdemocratico, liberale, storico-repubblicano; negli stessi
concreti legami, e nello stesso groviglio di interessi con il Capitalismo
internazionale, la fonte della «operazione Lauro»; in quel groviglio di
interessi, la fonte che ha provocata e finanziata la pugnalata della
secessione.
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