NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

martedì 6 marzo 2012

Napoli, un grande regno che finì suicida

Una veduta del Palazzo Reale di Napoli, costruito a partire dal 1601, in una tela di Angelo Maria Costa del 1696

In un libro di Gianni Oliva la "storia negata" dei Borbone: al tempo dei Lumi il loro Stato era più avanti di Torino

MARIO BAUDINO
torino
"La storia dal punto di vista dei vincitori è sempre arrogante, quella dal punto di vista dei vinti è rancorosa»: così Gianni Oliva, storico dei Savoia e degli Alpini, ma anche fra i primi a indagare senza complessi la tragedia delle foibe quando non era considerato affatto opportuno parlarne, lancia una provocazione che ha per titolo Un regno che è stato grande , in libreria da oggi per Mondadori. È un libro dedicato al Regno della due Sicilie, alla «storia negata dei Borboni», che ne ricostruisce la vicenda dal 1734, quando le «ardite combinazioni della diplomazia europea» fanno sì che Carlo di Borbone, figlio del re di Spagna Filippo V e della seconda moglie Elisabetta Farnese si ritrovi a capo di un regno nuovo di zecca, fino ovviamente al 14 febbraio 1861, quando Francesco II e la regina Maria Sofia abbandonano Gaeta - assai poco rimpianti - su un piroscafo francese che li porterà nello Stato Pontificio.

Non è un libro «revisionista», nel solco di quella pubblicistica cosiddetta neoborbonica che l’anno scorso ha avuto un certo successo dipingendo un Meridione avanzato, ricco, prospero, una sorta di Paese del bengodi saccheggiato dal Nord e ridotto in una situazione di sfruttamento, povertà, disordine sociale. Oliva, semplicemente, riparte dai dati di fatto, e da opere non certo inclini alla propaganda come la Storia del Regno di Napoli di Benedetto Croce. Ne esce un quadro tra luci e ombre, dove però alcuni aspetti essenziali vengono rimessi a fuoco al di là di una certa «vulgata» nordista: per esempio, la grande stagione che nel Settecento fece di Napoli una metropoli internazionale, e del regno addirittura una speranza per i primi intellettuali che sognavano un’Italia unita.

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http://www3.lastampa.it/libri/sezioni/il-libro/articolo/lstp/445243/

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