NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

domenica 8 maggio 2022

Capitolo V: Vittorio ed Elena

  di Emilio Del Bel Belluz


Genoveffa  stava attendendomi sulla riva, il mio arrivo la sollevò da una grande pena. Mi aiutò a portare la barca in secca, aveva il volto stravolto, le dissi che non era accaduto nulla di particolare, avevo semplicemente fatto tardi, anzi tardissimo. Nel momento in cui misi a terra un piede, mi abbracciò come se non mi vedesse da anni. Il suo volto era serio, non sorrideva, aveva le lacrime che le bagnavano il viso. Quando entrammo in casa e si poté parlare con più calma, davanti alla luce fioca della lampada a petrolio, capii che era in preda alla paura, quella che la attanagliava quando suo marito ritardava a rientrare e che si era ingigantita dopo la sua morte.  Alla fine mi disse che le ero rimasto solo io, e temeva che fossi morto annegato, come era capitato ad altra gente. 
La morte nel fiume o nel mare non era una cosa rara, e questo poteva essere capitato a me. La tranquillizzai raccontandole che ero stato a trovare una famiglia che abitava dall’altra sponda del fiume, che era disposta a vendermi le attrezzature e la barca che aveva utilizzato un pescatore, affinché potessi lavorare meglio e con maggiore sicurezza. Genoveffa, nel frattempo, aveva riscaldato la cena. In tavola vi aveva posto del pane appena sfornato e delle fette di salame che aveva portato da casa. Non avevo appetito, ma mangiai ugualmente per compiacere Genoveffa; il mio pensiero correva alla giovane Elena che avevo conosciuto quel giorno. Non parlai a Genoveffa di questo incontro, anche se fu lei a dire che il pescatore aveva una figlia della mia età, e si diceva che fosse anche molto bella. Feci finta di non sentire i suoi apprezzamenti sulla giovane perché non avevo intenzione di dilungarmi in spiegazioni.  
Genoveffa aveva cura di portare ogni settimana una bella composizione di fiori che metteva al centro della tavola, e si accorse che li stavo  guardando come se volessi toccarli. Forse aveva capito che qualcosa mi era successo, non ero lo stesso, un luccichio traspariva dai miei occhi nel momento in cui aveva nominato la ragazza.  Genoveffa,  prima di tornare nella  sua casa, mi disse che mi avrebbe aiutato se volevo comprare quella barca: negli anni aveva risparmiato un piccolo gruzzolo. La ringraziai di cuore e le promisi che avrei fatto altrettanto per lei. Quando rimasi solo, mi sedetti vicino al fuoco, dopo averlo ravvivato con della legna secca ed ascoltando la dolce musica dello scoppiettio, mi misi a pensare. M’ero avvolto in una coperta militare, regalatami da un mio amico e mi addormentai. Il sonno non fu facile, mi risvegliai alcune volte con il pensiero sempre rivolto ad Elena, e volevo immaginare che anche lei stesse pensando a me. Le nostre case erano separate solo dal fiume ed entrambi potevamo ammirare dalle finestre la volta scura del cielo punteggiata di stelle.  Decisi di alzarmi, anche perché l’aver dormito su una sedia, mi aveva reso il corpo tutto indolenzito. 
Mi vestii in fretta e furia, andai fuori a lavarmi con l’acqua ghiacciata del pozzo. Non era ancora sorta l’alba, ma la giornata prometteva al bello. Avrei dovuto andare a ritirare le reti da pesca che avevo calato, ma  il mio pensiero era rivolto a Elena. Non riuscivo a togliermela dalla testa.  Allora rientrai in casa, e presi i fiori che stavano sulla tavola. Corsi verso la barca , avevo deciso di consegnarli a  Elena. L’acqua era calma, la barca si mosse verso l’altra riva come se ci fosse qualcuno che la spingesse, la casa era immersa nella nebbia, si intravedeva solo una piccola luce. Quando arrivai  vicino alla riva sentii un cane che abbaiava, ma non era vicino alla casa. Il cuore mi batteva in gola, come se stessi  facendo una cosa negativa, ma ero spinto solo dall’amore, che conoscevo per la prima volta. Allora deposi i fiori davanti alla porta della sua casa, e me ne andai. La barca scivolava sull’acqua dolcemente, avrei dovuto rientrare in casa, ma decisi di aspettare l’alba, seduto vicino alla barca. Un senso di pace mi aveva calmato il cuore, immaginavo il volto sorpreso della giovane nel ritrovare il mazzo di fiori.  Quando l’avevo conosciuta non mi aveva detto nulla se avesse un fidanzato, o se qualcuno la frequentasse come amico.  Elena era una giovane bella con un buon cuore, che sperava che la vita le offrisse delle opportunità. 
A questo punto fui vinto dal sonno e mi addormentai davanti alla barca, mi svegliarono, a mattino inoltrato, le grida di un bambino che giocava con la mamma. Allora non perdetti altro tempo, rientrai in casa, feci colazione con un buon caffelatte, e mi avviai alla barca. Quella giornata lavorativa non poteva essere buttata, dovevo ritirare le reti calate  in alcuni posti nuovi. La mattinata di lavoro fu proficua, catturai delle grandi carpe, un bel esemplare di barbo gigante, ed altri pesci di dimensioni più piccole. Avevo  già preso degli accordi con un oste, che voleva fare una cena a base di pesce, di vendergli il mio pescato. Avrei ricavato, sicuramente, un ottimo guadagno, indispensabile per i miei prossimi acquisti. E così avvenne. L’oste mi chiese di fargli più forniture durante la settimana e, precisamente, il venerdì non doveva mancare la consegna di pesce piccolo perché doveva accontentare i suoi clienti con il piatto di frittura con polenta. Accettai volentieri questo nuovo incarico. Quando giunsi a casa Genoveffa era già arrivata, e aveva preparato il pranzo. Era più allegra del solito, e in casa il profumo del cibo era delizioso. Quando fummo seduti a tavola mi chiese cosa ne avevo fatto dei fiori, di cui non aveva trovato traccia. Allora le confidai di averli regalati a Elena e Genoveffa sorrise, dicendomi che aveva percepito che il mio comportamento era diverso e che qualcosa mi aveva turbato. 
Quando pronunciò il suo nome, mi accorsi che l’aveva detto in maniera confidenziale come se la conoscesse. Elena mi era piaciuta subito, le dissi, pensavo di essermi innamorato. Genoveffa comprese che era stata giovane pure lei e che al cuore non si comandava. La famiglia  di quel pescatore la conosceva bene, e conosceva la mamma  della ragazza, si erano frequentate da giovani con i loro rispettivi mariti. Da tempo non la vedeva, aveva solo saputo che le era morto il marito che pescava pure lui nel fiume. Genoveffa, alla fine, era felice perché Elena  doveva essere in bontà e bravura simile ai suoi genitori. Quel giorno dopo aver pranzato volle che accettasi dei soldi per l’acquisto delle attrezzature e della barca; non poteva essere un cattivo affare, la barca doveva essere sicuramente in buone condizioni perché il pescatore che era morto lo si conosceva anche come  un ottimo falegname. Accettai i soldi e dissi a Genoveffa che li consideravo un prestito. Allo stesso tempo mi sembrava di toccare il cielo con le mani, avrei potuto rivedere Elena nei prossimi giorni, e dirle la bella notizia.  Erano momenti di vita intensi quelli che mi aspettavano, non avevo ancora compito diciotto anni, e pensavo all’amore.  Passai il resto della giornata a  lavorare lungo il fiume, calai le reti e speravo di fare una buona pesca. Alla fine mi ero guadagnato un cliente fisso, il mio primo vero  cliente. Il tramonto colorava il cielo con tinte rossastre e viola e il sole scompariva all’orizzonte. 
Quella sera rientrai stanco, avevo le mani che mi facevano molto male, e per questo non avevo molta voglia di parlare, e Genoveffa lo capì subito. Mi fece compagnia durante la cena, e mi chiese se avessi pensato a Elena, le sorrisi e non le dissi nulla. Quella sera mi aveva portato delle rose, che aveva collocato sulla tavola e mi disse di ammirarle: quelli erano i fiori da portare ad una ragazza. Genoveffa se ne andò e rimasi solo, mi misi davanti al fuoco del caminetto con la mia coperta militare, presi un libro in mano e mi misi a leggere, anche se il pensiero predominante era su Elena. Mi sarebbe piaciuto rivederla subito per parlarle di noi.  Avrei voluto urlare il suo nome, nella notte. 
Dalla finestra vidi le stelle che brillavano in cielo, dopo qualche pagina mi addormentai come un ghiro.  Non era ancora sorto il sole, quando dopo aver fatto colazione ripresi la via del fiume, avevo portato con me le rose di Genoveffa, e  rifeci quello che avevo fatto il mattino precedente, le lasciai davanti alla porta di Elena.   

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