di Emilio Del Bel Belluz.
Mio zio Gaetano, un giorno, mi
fece avere un ritaglio di giornale, dove si ricordava la vita di un soldato,
l’ultimo caduto della Grande Guerra. Era il 4 novembre del 1970, il suo volto
era triste e si ricordavano i caduti della guerra del 1915-1918. Gaetano aveva
combattuto nella Grande Guerra come bersagliere, nella stessa compagnia di
Benito Mussolini.
Il quattro novembre di ogni anno Gaetano mi faceva vedere la
sua bandiera sabauda, perché per quel vessillo e per il Re d’Italia aveva
combattuto e onorato la patria.
Era fratello di mio nonno Emilio che aveva
combattuto la guerra di Libia del 1911. I suoi fratelli avevano combattuto
nella Grande Guerra. Gaetano raccontava sempre che della nostra famiglia, sette
non erano tornati, portavano tutti il cognome di Del Bel Belluz, e questo aveva
segnato con il dolore le famiglie, il più difficile da consolare. Gaetano, quel
giorno, mi raccontò di un suo parente caduto in guerra e di sua madre che aveva
fatto costruire un capitello in suo ricordo e ogni giorno si recava a pregare,
e il dolore per la morte del figlio non la lasciò mai.
Gaetano la ricordava
sempre vestita di nero, fino alla fine. Lo zio, ogni quattro novembre, mi
faceva leggere ad alta voce la storia dell’ultimo caduto della Grande Guerra e
vedevo nei suoi occhi una lacrima che scendeva e si fermava sul suo volto
scavato dal tempo, come una trincea. L’ultimo soldato del Re Vittorio Emanule
III che cadde si chiamava Riva Villasanta Alberto (1900-1918).
Trascrivo la sua
storia che trovai nel giornale, il Borghese, che mi diede lo zio Gaetano:“ Fu
uno degli ultimi, e forse l’ultimo dei caduti nella guerra del 1915-1918;
guerra felice, in cui si riuscì ancora a sapere chi fu il primo e chi fu
l’ultimo a morirvi. Il Riva Villasanta, era figlio di un maggiore caduto nel
Trentino: e a 17 anni era fuggito da casa per arruolarsi.
Aspirante ufficiale
all’VIII Bersaglieri, vi prese il comando degli arditi reggimentali. Sul
cadere della sera del 4 novembre, pochi minuti della cessazione delle ostilità,
egli incalzava con i suoi uomini gli austriaci in fuga, quasi” per lanciare più
oltre la vittoria”, come disse d’Annunzio: quando, al quadrivio detto del
Paradiso, presso il Tagliamento, fu raggiunto e disteso a terra da un randagio
proiettile nemico.
Ebbe la medaglia d’oro con una motivazione enfatica e
ridicola; mentre la doveva avere con una motivazione breve e solenne a sigillo
della guerra finita”.
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