Leggo con tanta tristezza la
notizia che al cippo del Re Umberto II, a Tuscania, è stata rubata la
testa. Re Umberto II fu uno degli uomini di spessore che l’Italia ha
avuto.
Si misura la dignità di una
persona quando deve affrontare dei momenti difficili, in cui posta davanti alla
scelta di più strade da percorrere, sceglie la più dolorosa. Alla fine della
guerra, dopo quel dubbio risultato del referendum istituzionale tra monarchia e
repubblica che vide vincitore la repubblica; davanti alla frase che venne detta
da chi aveva grande potere : “O la repubblica o il caos”.
Umberto, che era una persona
sensibile onesta con molta dignità, prese la via dell’esilio
per evitare una guerra civile. La stampa nazionale in questi lunghi anni
dalla morte del sovrano non ha mai voluto dedicargli delle pagine per ricordare
il suo sacrificio di uomo e di sovrano.
Era stato educato
in modo severo per fare il Re, ma non aveva potuto compiere la sua
missione. Illustri storici si sono chiesti che Re avrebbe potuto
essere, di sicuro una persona che avrebbe regnato con lealtà. Al sovrano furono
rivolte delle colpe che non avrebbe meritato.
Era una persona con grande
cuore, con quella sua onestà avrebbe potuto dare un grande contributo al Paese
così provato dalla guerra, ma non gli fu permesso.
Dal suo esilio in
Portogallo cercò di fare il possibile per aiutare gli italiani che
avevano bisogno, e che si rivolgevano a lui.
Lo fece con amore di italiano e
di Re, un re che era cresciuto con solidi principi. L’episodio
verificatosi a Tuscania dimostra che gli stanno facendo del male anche da
morto. La sua immagine non viene comunque scalfita. La cosa che
forse può intristire è il solito silenzio della stampa e della televisione
italiana. Se fosse accaduto lo stesso fatto con un busto di un qualsiasi
scrittore italiano, o di un politico, i media si sarebbero comportati in modo
diverso. Non posso sopportare questa mancanza di rispetto per un
sovrano così buono.
Sono monarchico e lo sarò con
orgoglio fino all’ultimo giorno della mia vita. Felice d’aver avuto questi
ideali che mi hanno dato molta serenità. Credo che sarebbe bello che questo mio
Paese, potesse essere più leale con uomini che hanno costruito
l’Italia.
Non è possibile, che le salme
dei Savoia, riposino in una terra che non è quella italiana. Non posso
concepire che questo Paese, capace di dare tutto a quelli che vi entrano in
modo clandestino, non abbia il coraggio di ricordare coloro che
hanno contribuito a costruire la storia italiana. Il
parlamento italiano non ha mai trovato il tempo per
permettere ai Savoia di rientrare in Italia, per riposare al
Pantheon.
In questo modo, anche quelli
che hanno nel cuore i Savoia, potrebbero onorarli sotto quel cielo che li vide
nascere. Non credo ci sia una croce più grande di quella di dover morire in uno
stato straniero, e non credo che vi sia stato dolore più grande di amare la
propria patria con tutto il cuore e allo stesso tempo non poterci vivere.
Morendo, il Re
Umberto II lasciò alla chiesa la Sacra Sindone , ma nessuno o in rare occasioni ne
fa menzione. Anche Papa Francesco, almeno qualche volta, potrebbe ricordare che
questo atto d’amore per la
Chiesa lo ha fatto un Re buono come Umberto
II.
Quando penso a Umberto
II, mi vengono in mente le parole della bella preghiera del Requetè Carlista:”
La morte del giusto è il principio della vita. La morte
sul campo di battaglia è la morte ideale delle grandi anime. Se l’ora della
morte si avvicina, resta tranquillo, affidati alla
misericordia divina. Non temere nulla, riposa nella pace di
Cristo, come colui che dorme, poiché chi muore in Dio
riposa in pace!” Il Re d’Italia era un fervente cattolico che è morto in pace.
L’ultimo suo vestito fu quell’uniforme di generale italiano, sulla sua bara la
bandiera Sabauda, quella che ha unificato l’Italia. L’ultima parola che mormorò
fu: ”Italia”.
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