NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

lunedì 14 marzo 2016

Re Umberto II e lo scrittore Bino Sanminiatelli

di Emilio Del Bel Belluz 


In una vecchia rivista, casualmente, ho trovato le nomine di sedici nuovi cavalieri effettuate dall’ultimo Re d’Italia Umberto II. Dal giornale “Tribuna Politica” dell’ottobre - novembre del 1980, trovo questo scritto: “In occasione del 150° anniversario della creazione dell’ordine civile dei Savoia voluto da Carlo Alberto per onorare coloro che “abbiano conseguito un nome glorioso nelle scienze, nelle lettere, nelle arti e nella amministrazione”, Sua Maestà il Re Umberto ha nominato cavalieri sedici alte personalità”. Tra di loro vi ho trovato il nome di uno scrittore che mi è tanto caro.
Si tratta di Bino (Fabio) Sanminiatelli, nato a Firenze, scrittore fra i maestri del novecento. E’ stata una sorpresa positiva che mi ha dato una grande soddisfazione. Sono molte le opere che ha scritto Sanminiatelli, scrittore garbato e onesto. Lo leggevo già dai tempi in cui scriveva sul  Tempo di Roma e sul Giornale. Ho conservato questi articoli dall’usura del tempo.
 Ho letto molte volte le sue opere ed in particolare i diari che ha scritto. Nel diario – Ultimo Tempo - edito da Rusconi, spiega sulla copertina il fascino che il diario ha avuto per lui: ”Qui la mia persona, anche se presente, è fuori di me. Posso leggere senza arrossire dopo essermi” liberato della verità” e aver cercato in me una nuova misura. Non mi sono mai guardato allo specchio. E, se ho cercato di esprimermi, è stato per me stesso, non per altri”. In questo suo ultimo libro dei diari, nel suo percorso che va dal 1967 al 1976, ho trovato una sua testimonianza sulla Regina Elena del Montenegro.
Scrive in data 16 gennaio 1970: “Ho scovato in un cassetto una fotografia del Re Vittorio Emanuele III e della Regina Elena, giovani sposi, che giocano a palla nei giardini del Quirinale. Lui è proprio buffo, col berretto più alto delle gambe. Li vedo muoversi a scatti ghiribizzosi come nei vecchi film di Ridolini. E mi è venuto in mente ciò che mi raccontava mio nonno che era stato in diplomazia.
Era già a riposo quando Crispi lo chiamò per affidargli una missione piuttosto delicata. “Vede,“ gli disse “il nostro Principe di Napoli è…“ E alzò il dito mignolo della mano come per dire che era mingherlino, cresciuto  male, un tappetto insomma. “Vorrei che lei andasse nel Montenegro. Mi hanno detto che le tre figlie di padron Nicola sono ragazze sane, robuste, educate come si deve alla corte degli Zar a Pietroburgo, che conoscono perfettamente varie lingue, che insomma potrebbero a un tempo rinsanguare la razza ed essere delle perfette regine. Lei vada, scelga, mi riferisca“. E mio nonno, con tutta la famiglia, partì per Cettigne. 
Ci stettero due notti: ché nell’ultima locanda  pioveva dal tetto e si dovettero mettere per terra catinelle perché il pavimento non venisse inzuppato. Da brava principessa – massaia Milena moglie di padron Nicola, condusse mia nonna a casa sua, le mostrò la cucina, aprì gli armadi, per farle vedere la biancheria che possedeva, e ne parve molto soddisfatta.
Dopo due giorni i miei si stabilirono a Gravosa, che è la parte residenziale di Ragusa, verso il porto, e di là comunicarono con la “ reggia di Cettigne. Tra Elena, Vera e Xenia, mio nonno preferì Elena che gli parve la più seria, la  più matura e la più alta. ( Conservo la lettera scritta da lui a Crispi con la scelta che avrebbe fatto e la motivazione). Dei fratelli Danilo e Mirko disse peste.
Tutto sommato mio nonno fece bene il suo dovere e padron Nicola ( di cui mio nonno apprezzava l’intelligenza pratica e birbona, la furbizia e un certo estro poetico) gliene fu grato.  Ogni volta che venivano a Roma si vedevano e il risultato è detto in quella innocente ottocentesca istantanea ferma sui sovrani che giocano a palla( ma che a un tratto potrebbe mettersi precipitosamente in movimento a suon di pianoforte)”.
La pagina poetica che scrisse Sanminiatelli mi fa comprendere la forza d’animo che ebbe la Regina Elena. Il loro fu un grande amore, il Re ogni mattina le portava una rosa, così trovai scritto e così amo pensarlo. Questo amore raffigurato da Sanminiatelli fu un amore che sopportò grandi eventi, ma rimase davvero grande. Sanminiatelli è uno scrittore tra i più dimenticati della nostra letteratura, pur essendo uno scrittore tra i più grandi. Se qualcuno entra in una libreria e chiede un suo libro, spesso si sente rispondere che non ci sono pubblicazioni recenti. 
Credo che lo scrittore toscano meriterebbe d’essere pubblicato nei Meridiani, e in questo modo verrebbe consacrato in modo ufficiale. Posseggo nella mia biblioteca quei volumi di memorie e quasi tutti i suoi libri. Nessuno dovrebbe negargli un posto tra i grandi della letteratura italiana. Questo scrittore che il Re ha voluto nominare Cavaliere perché egli stesso e la sua famiglia hanno onorato  il Re.
Nel cuore di Umberto II stravano uomini come Giovannino Guareschi, _Roberto Ridolfi , Riccardo Bacchelli, Salvator Gotta, Mario Missiroli e tanti altri. Nello studio del Re, carico di libri come  un bastimento,  ci saranno stati di sicuro i libri di Sanminatelli che parlavano del padre, trovando in essi il ricordo dei cari genitori che non tramonta mai. Ebbene,  la grande solitudine del Re avrà sicuramente trovato sollievo leggendo la seguente pagina di Sanminiatelli del 18 settembre 1967: “
Sono sempre più combattuto fra il desiderio e la paura della solitudine. Non vedo attorno a me che gretti depositari di una loro giustizia, rigidi seguaci di un credo, sia immanente che trascendente oppure una turba di mediocri e invidiosi arrivisti a diposizione del più forte: due razze pronte l’una alla guerra, l’altra alla vendetta, fanatici gli uni per un freddo umanitarismo,  egoisti gli altri per stolto materialismo .. " 


Alla  morte del sovrano la sua biblioteca fu ceduta ad un antiquario. Non so dove si trovino i libri del mio Re, ma quanto sarebbe stato bello poter leggere quei libri che gli scrittori  inviavano al loro sovrano in esilio. Quanto questo arricchirebbe la conoscenza del Re. Quanto bello sarebbe stato il poter conservare intatto la biblioteca del re e porla in visione a tutti coloro che volessero conoscere in profondità la figura del re. Quanta poesia si trova nell’immagine di un Re che nella sua dolorosa solitudine trovava conforto nella lettura di quegli scrittori che non lo avevano dimenticato.

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