In
tale situazione di crisi nazionale il problema contingente che, dà il tema alla
situazione politica, così per la più parte degli uomini responsabili come per
una notevole parte dell'opinione pubblica non comunista, è espresso da questa
domanda: come arrestare il progressivo spostarsi del suffragio elettorale verso
i partiti di Estrema Sinistra? Si noti che un tale slittamento, dopo essere
stato annunciato come da un campanello di allarme dai voti giovanili (elettori
per la Camera
e non per il Senato) nelle elezioni politiche de] giugno 1953, ha di poi preso un
moto progressivo. e tende a consolidarsi e ad accelerarsi attraverso i dati
delle successive elezioni amministrative.
Di
fronte a questo problema molti credono che sia giunta l'ora del «fronte unico»,
del blocco al di sopra delle ideologie, della «unione nazionale», contro il
Comunismo, da parte di tutte le forze politiche che comuniste non sono: una
tale suggestione è diffusa così nell'opinione pubblica come tra gli uomini politici,
così all'interno del Quadripartito come tra le forze che ne sono fuori, non
escluse quelle monarchiche, e per realizzarla lavorano cospicue forze,
specialmente internazionali, del mondo capitalistico. Si tratta di quella che può
chiamarsi la «operazione Togni» dal nome del Deputato democristiano che,
essendo uno degli uomini di punta del Capitalismo internazionale nella politica
italiana, cercò di affrettarne e provocarne la realizzazione con una recente
provocatoria azione nell'aula parlamentare. In essa il blocco, o altra forma di
collaborazionismo, tra tutti i partiti anticomunisti, andrebbe completato da
una serie di misure discriminatorie e repressive contro i partiti e le
organizzazioni sindacali dell'Estrema Sinistra, che dovrebbero andare da una
discriminazione politica a danno degli iscritti alla C.G.I.L. nell'assunzione
degli operai da parte dei datori di lavoro (l'on. Togni ha chiaramente espresso
questo suo punto di vista in una sua lettera aperta agli elettori di Piombino
durante la campagna elettorale del 1953) a tutta una serie di norme legislative
di carattere repressivo, in materia di polizia, di stampa, elettorale,
eccetera. Del resto, la legge elettorale con la quale si è votato nel giugno
1953, quella con la quale si è votato lo scorso 14 novembre in Valle d'Aosta ed
in genere tutte le leggi elettorali «truccate» di cui si parla, non sono che
anticipazioni o strumenti di codesta «operazione Togni ».
Per
quanto tale suggestione sia molto diffusa -ed anzi proprio perchè molto diffusa,
e propiziata da forze occulte tanto potenti quanto pericolose come sono quelle
dell'internazionale capitalistica - bisogna avere il coraggio di denunciarla
come grossolana ed inefficiente al fine che mostra di voler proporre agli
uomini in buona fede cui si rivolge, come storicamente non attuale, e
sopratutto come logicamente assurda e politicamente immorale. Mettersi sul
serio sulla via della cosiddetta «operazione Togni» significherebbe non
soltanto accelerare quello slittamento del suffragio elettorale verso i partiti
dell'Estrema Sinistra cui si dice di
voler porre rimedio, ma provocare in questo senso un improvviso rovesciamento
di favori, e non soltanto da parte di
masse ingannate dalla demagogia socialcomunista o rese stanche ed esasperate dalla
pesantezza della situazione economica e dall'ingiustizia di quella sociale, ma
anche da parte di notevoli strati della classe dirigente, che reagirebbero, in
base alla persuasione che nel metodo democratico si devono osservare
pulitamente le regole del giuoco ed alla convinzione morale che la Libertà va difesa non
soltanto contro il Comunismo, ma contro chiunque tenti sopraffarla.
A
parte la grossolanità della « operazione » - sulla quale non è necessario
immorarsi, - è opportuno metterne in luce la sua mancanza assoluta di attualità
storica, giacché essa vorrebbe essere o almeno apparire (per coloro che in
buona fede ne, accolgono la suggestione) come una ripetizione dell’esperimento
già riuscito in Italia tra il 1921 ed il I924. L Ma proprio perchè riuscito
allora, in quelle circostanze, quell'esperimento non potrebbe che fallire
adesso, e non soltanto perchè tutti ricordano quel che avvenne di poi, e come
progressivamente quella restaurazione dell'ordine sia sfociata nella dittatura,
e questa si sia progressivamente corrotta sino a divorare le sue stesse
migliori realizzazioni ed a concludersi con un epilogo per sè stessa inglorioso
e tragicamente rovinoso per la Nazione. Riuscito allora, quell'esperimento non
potrebbe che fallire adesso perchè ci troviamo in una situazione storica del
tutto diversa, e per rilevantissimi aspetti opposta, rispetto a quella del
1921-24. A
parte il fatto - e potrebbe sembrare, questa, osservazione soltanto scherzosa,
ma non lo è - che l'on. Togni non ha neppure minimamente la statura umana e
politica di un Rossoni, sono le due principali condizioni storiche gli
esponenti del P.L.I. uno che possa assomigliare, anche da lontano, al Salandra,
o tra quelli del M.S.I. qualcuno che possa ripetere le parti di un Balbo o di
un Rossoni, sono le due principali condizioni storiche che, ad un trentennio di
distanza, sono assolutamente rovesciate. Il Comunismo, prima di tutto, era
allora costituito da una falange relativamente piccola di fanatici, che aveva
alle spalle una Rivoluzione di Ottobre ancora impacciata negli incidenti della
controrivoluzione e nei primi tentativi, non tutti riusciti, della sua azione
all'interno della Russia, ed internazionalmente isolata, e che in Italia era
politicamente iscritto nella forza di un Socialismo, di lui meno radicale
quanto ben più potente per prestigio di dirigenti e per ampiezza di
organizzazione politica e per dominio sulla organizzazione sindacale. Oggi non
soltanto si è rovesciato questo rapporto di forze all'interno dell'Estrema
Sinistra in Italia, ed il P.C.I. conta in proprio su di una vastissima
organizzazione politico-sindacale, formidabilmente attrezzata e ben diretta,
all'interno della Nazione, ma la
Rivoluzione di Ottobre di allora è diventata una delle tre
Principali Potenze mondiali sul piano territoriale come su quelli politico,
diplomatico e militare. L'altra principale condizione storica del problema,
anche essa, e purtroppo, rovesciatasi, riguarda la Nazione : la quale, più che
non della concreta situazione economica e sociale, soffriva allora
l'esasperazione della Vittoria Perduta, malgrado la Guerra Vinta , e le
stesse mancate rivendicazioni economiche e sociali entravano nel conto dei non
conseguiti fini della Vittoria, laddove soffre ora, principalmente ed assai più
gravemente quanto alle condizioni concrete, del disagio economico e delle
ingiustizie sociali, e ne soffre non sulla base di una esasperazione nazionale come
allora, ma sulla base di un pressoché totale disincanto da questi
sentimenti, dal quale soltanto ora accenna a guarire, e che è stato generato ed
approfondito dalla triplice delusione della Dittatura in cui la Nazione aveva creduto o
sperato e che rovinò rovinandola, della Guerra che la Nazione combatté con
impari ed inesausto eroismo e che fu ciononostante perduta, dei nuovi Alleati
che si presentarono in veste di liberatori e poi agirono con metodi da
occupatori prima e da liquidatori fallimentari di poi. Tutto ciò - durato ormai
per più che dieci anni - toglie ogni garanzia ad una «operazione» che questa
volta, anche se fosse possibile, avverrebbe non a vantaggio della Nazione, ma
di forze internazionali il cui imperialismo non è meno duro e meno crudo per il
fatto che agisce con i mezzi della schiavitù economico finanziaria anziché con
quelli dell'occupazione territoriale e politica. Chi voglia misurare lo choc
dalla Nazione subito attraverso la sua triplice delusione, ed il
disincantamento di cui soffre, ed il rovesciamento psicologico rispetto alle
condizioni di un trentennio fa, ha a disposizione un preciso termometro: egli
non ha che confrontare l'indifferenza con la quale ora è stata accolta la
rinunzia all'ultimo lembo della Venezia Giulia fuorché alla cittá di Trieste,
ed anzi la falsa retorica con la quale la si è mascherata per disciplina di
partito o per speculazione ideologica, con l'empito di sentimenti e di azione
con cui allora la Nazione
reagì al tentativo soltanto di rinunciare a Fiume, e vi reagì non per
sentimento di ideologia e di partito, ma di Patria e di coscienza nazionale.
Misurato il confronto, per malinconico che ciò sia, egli ne tiri le somme.
Ma,
quando anche questo rovesciamento di condizioni storiche non si ponesse
incontrovertibilmente contro la «operazione Togni», contro di essa rimangono
invalicabili le obiezioni che muovono dalla probità democratica, dalla morale
politica, dalla coscienza dell’unità nazionale.
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