NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

sabato 19 marzo 2016

Il Re d’Italia a 33 anni dalla sua morte

Emilio Del Bel Belluz 

Ho già scritto molto sull'ultimo Re d’ Italia, lo ho fatto con il cuore che non può dimenticare il suo amato Re.
Non ho mai scordato il sacrificio che ha  fatto per il Paese che gli ha dato i natali. Quando il Re leggeva i quotidiani italiani, aveva una frase che gli tornava in mente, e che io ho trovato in un articolo scritto su di lui da Guido Gerosa:” A volte leggeva aspri insulti sui giornali italiani. Ne era dolorosamente ferito ma non rispondeva.
Citava una frase dello scrittore americano nero James Baldwin: “Una delle ragioni per cui la gente si aggrappa così tenacemente all’odio è che sembrano avere la sensazione che una volta svanito l’odio gli resterà solo il vuoto e la pena”.
Si consolava leggendo molti libri di storia e di vicende dinastiche, materiali che si faceva arrivare da tutta Europa, e in questo si sentiva abbastanza vicino alla non amata Maria Josè. Ma aveva una ragione per quegli studi. Citava una frase del grande saggista Aldous  Huxley : “Gli uomini non imparano mai nulla dalle lezioni della storia. E questa è la più importante lezione che la storia ha da insegnarci”. C’era una sola cosa che lo commuoveva: la bandiera tricolore. La faceva alzare in cortile nelle ricorrenze”.  Da queste poche parole si può comprendere  chi fosse Re Umberto II. La sofferenza che portava dentro al cuore come una croce e nelle solitarie passeggiate lungo il mare credo che non trovasse giustificazione al destino così crudele che gli era spettato. Nella sua vita di Re e di soldato aveva agito sempre per il bene della patria. Proprio per questo suo grande amore per l’Italia non aveva accettato, visti i risultati del referendum, di far scoppiare una guerra civile. Già molto sangue era stato versato a causa della  guerra. Aveva accettato questa sorte come chi deve obbedire ad un ordine divino. Il re era sempre stato un fervente cattolico.
Sono ormai  passati trentatré  anni  dalla sua morte. Molti di quelli che lo avevano conosciuto se ne sono andati. Erano soldati che avevano combattuto per la Patria.
Credo che Re Umberto meriti un grande rispetto per quello che ha saputo costruire nel periodo in cui la sua famiglia regnò. 
Il suo calvario è finito il 18 marzo 1983 , e per tale motivo troverei giusto che gli fossero state dedicate qualche via o qualche piazza. Durante il duro periodo della solitudine dell’esilio, si fece amare da tutti gli italiani che lo andavano a trovare. Era molto amato anche dagli abitanti di Cascais,  per la sua vicinanza ai poveri e alle persone più deboli. Grande è la mia tristezza nel ricordare che la sua salma riposa in terra straniera,  come quella del padre. E’ la stessa tristezza che provo nel constatare che i politici al governo non amano più gli italiani.
Una delle frasi che ripeteva spesso era : “L’Italia innanzitutto”. Vivo in questo paese  dove posso scrivere a chiare lettere :” Il mio paese mi ha fatto del male”. Me lo ha fatto nel momento in cui agli anziani  viene data una pensione che non permette di arrivare a fine mese, mentre qualsiasi straniero che arrivi in Italia è trattato meglio di un italiano.
 L’altro giorno ho visto una foto dove un cittadino italiano stava cercando del cibo nella spazzatura e vicino tre  immigrati, ospitati dalla nostra Italia, stavano osservando incuriositi e spero impietositi. Con amarezza posso dire che questo paese ormai ha venduto l’onore e la dignità.  Credo che se il sovrano fosse tra noi direbbe che dobbiamo amare l’Italia, ma soprattutto sentirsi onorati di essere italiani.
Visitando un piccolo cimitero veneto mi sono soffermato davanti alla tomba di un soldato che aveva combattuto durante la grande guerra e mi sono chiesto a cosa sia servito il suo sacrificio, se ora l’Italia è così poco attenta al suo popolo .
E’ difficile prevedere il futuro, l’unica mia certezza è che morirò monarchico e la mia bandiera sarà sempre quella Sabauda. Una bandiera che espongo in alcune date fondamentali come il 2 giugno e come il 18 marzo, a ricordo della morte del sovrano. Trascrivo una bella citazione di Giovanni Ravasi: ”Se seghi un albero, getterà di nuovo, se ferisci una persona con una spada, la ferita guarirà dopo un po’ e se qualcuno ti conficca una freccia nel cuore,  puoi estrarla, ma la ferita provocata da una parola non guarisce mai. Non si può annullare l’effetto di quella parola. L’albero dl rancore che hai piantato getterà radici profonde nel terreno e i suoi rami arriveranno fino alla stella rossa”.
Il Re non ebbe mai delle parole d’odio per l’Italia, rimase in quella solitudine che sanno vivere solo i grandi uomini.
Il Re fino all’ultimo giorno della sua vita rimase Re con dignità e lealtà.

Lo ho amato come un padre.

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