Ho già scritto molto sull'ultimo Re
d’ Italia, lo ho fatto con il cuore che non può dimenticare il suo amato Re.
Non ho mai scordato il sacrificio
che ha fatto per il Paese che gli ha
dato i natali. Quando il Re leggeva i quotidiani italiani, aveva una frase che
gli tornava in mente, e che io ho trovato in un articolo scritto su di lui da
Guido Gerosa:” A volte leggeva aspri insulti sui giornali italiani. Ne era
dolorosamente ferito ma non rispondeva.
Citava una frase dello scrittore
americano nero James Baldwin: “Una delle ragioni per cui la gente si aggrappa
così tenacemente all’odio è che sembrano avere la sensazione che una volta
svanito l’odio gli resterà solo il vuoto e la pena”.
Si consolava leggendo molti libri
di storia e di vicende dinastiche, materiali che si faceva arrivare da tutta
Europa, e in questo si sentiva abbastanza vicino alla non amata Maria Josè. Ma
aveva una ragione per quegli studi. Citava una frase del grande saggista
Aldous Huxley : “Gli uomini non imparano
mai nulla dalle lezioni della storia. E questa è la più importante lezione che
la storia ha da insegnarci”. C’era una sola cosa che lo commuoveva: la bandiera
tricolore. La faceva alzare in cortile nelle ricorrenze”. Da queste poche parole si può
comprendere chi fosse Re Umberto II. La
sofferenza che portava dentro al cuore come una croce e nelle solitarie
passeggiate lungo il mare credo che non trovasse giustificazione al destino
così crudele che gli era spettato. Nella sua vita di Re e di soldato aveva
agito sempre per il bene della patria. Proprio per questo suo grande amore per
l’Italia non aveva accettato, visti i risultati del referendum, di far
scoppiare una guerra civile. Già molto sangue era stato versato a causa
della guerra. Aveva accettato questa
sorte come chi deve obbedire ad un ordine divino. Il re era sempre stato un
fervente cattolico.
Sono ormai passati trentatré anni
dalla sua morte. Molti di quelli che lo avevano conosciuto se ne sono
andati. Erano soldati che avevano combattuto per la Patria.
Credo che Re Umberto meriti un
grande rispetto per quello che ha saputo costruire nel periodo in cui la sua
famiglia regnò.
Il suo calvario è finito il 18
marzo 1983 , e per tale motivo troverei giusto che gli fossero state dedicate
qualche via o qualche piazza. Durante il duro periodo della solitudine
dell’esilio, si fece amare da tutti gli italiani che lo andavano a trovare. Era
molto amato anche dagli abitanti di Cascais,
per la sua vicinanza ai poveri e alle persone più deboli. Grande è la
mia tristezza nel ricordare che la sua salma riposa in terra straniera, come quella del padre. E’ la stessa tristezza
che provo nel constatare che i politici al governo non amano più gli italiani.
Una delle frasi che ripeteva spesso
era : “L’Italia innanzitutto”. Vivo in questo paese dove posso scrivere a chiare lettere :” Il
mio paese mi ha fatto del male”. Me lo ha fatto nel momento in cui agli
anziani viene data una pensione che non
permette di arrivare a fine mese, mentre qualsiasi straniero che arrivi in
Italia è trattato meglio di un italiano.
L’altro giorno ho visto una foto dove un
cittadino italiano stava cercando del cibo nella spazzatura e vicino tre immigrati, ospitati dalla nostra Italia,
stavano osservando incuriositi e spero impietositi. Con amarezza posso dire che
questo paese ormai ha venduto l’onore e la dignità. Credo che se il sovrano fosse tra noi direbbe
che dobbiamo amare l’Italia, ma soprattutto sentirsi onorati di essere
italiani.
Visitando un piccolo cimitero
veneto mi sono soffermato davanti alla tomba di un soldato che aveva combattuto
durante la grande guerra e mi sono chiesto a cosa sia servito il suo
sacrificio, se ora l’Italia è così poco attenta al suo popolo .
E’ difficile prevedere il futuro,
l’unica mia certezza è che morirò monarchico e la mia bandiera sarà sempre
quella Sabauda. Una bandiera che espongo in alcune date fondamentali come il 2
giugno e come il 18 marzo, a ricordo della morte del sovrano. Trascrivo una
bella citazione di Giovanni Ravasi: ”Se seghi un albero, getterà di nuovo, se
ferisci una persona con una spada, la ferita guarirà dopo un po’ e se qualcuno
ti conficca una freccia nel cuore, puoi
estrarla, ma la ferita provocata da una parola non guarisce mai. Non si può
annullare l’effetto di quella parola. L’albero dl rancore che hai piantato
getterà radici profonde nel terreno e i suoi rami arriveranno fino alla stella
rossa”.
Il Re non ebbe mai delle parole
d’odio per l’Italia, rimase in quella solitudine che sanno vivere solo i grandi
uomini.
Il Re fino all’ultimo giorno della
sua vita rimase Re con dignità e lealtà.
Lo ho amato come un padre.
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