In questi giorni si parla di foibe, del
giorno della memoria, dei crimini commessi dai partigiani di Tito. Non posso
che essere vicino a tutte quelle persone che dovettero patire un duplice
dolore: il primo quello d’aver lasciato la loro terra scacciati come fossero
dei delinquenti, il secondo, più drammatico, quello delle esecuzioni da parte
dei partigiani di Tito che infoibarono migliaia di innocenti, compresi donne e
bambini.
L’altro dramma che questa gente dignitosa subì, fu quello delle
manifestazioni d’odio nei loro confronti.
Il disprezzo dei comunisti italiani
si riversò nei vari punti, dove i treni arrivavano, negando quella mano che si
deve tendere a chi sta nel bisogno e non ha colpe.
Una delle tante accuse per
cui questa gente era stata mandata via dal comunista Tito era perché veniva
considerata fascista. Gli istriani e i dalmati subirono molto, ma la cosa
peggiore fu che il loro dramma cadde nell’oblio. Anche oggi, nonostante sia
stato istituito il giorno del ricordo, non se ne parla a sufficienza, anzi la
parola dell’ampi e della sinistra italiana è quella di negare e di minimizzare.
Le ferite delle foibe
pesano ancora, perché l’odio verso gli esuli non si è sopito. Ho visto in
questi anni dei monumenti dedicati agli infoibati, imbrattati dalla falce e
martello e deturpati. Nella vita è amaro riconoscere gli errori, ma le foibe
furono solo degli orrori terribili.
Nel 1983, partecipai ai funerali di Re
Umberto II e vidi una donna che portò dall’Italia un mucchietto di terra
istriana, che conteneva i suoi drammi. Sarebbe stato commovente che quel
pezzetto di terra, fosse stato sepolto assieme a quella terra italiana che Re
Umberto II portò in esilio, stringendola tra le sue mani durante il viaggio e
dono alla sua partenza di un’ umile contadina.
Ai molti istriani infoibati non
fu concessa neppure una tomba, su cui i loro parenti potessero onorarli. Il
cielo degli italiani d’Istria è sempre lo stesso, perché sotto quel cielo sono
nati e hanno vissuto, come il ricordo dei loro cari non morirà mai nei loro
cuori.
Nella mia vita ho conosciuto una coppia di coniugi istriana fuggita
dalla guerra. Erano persone diverse, i loro occhi trasmettevano la tristezza
per la lontananza dalla loro terra. L’uomo, un distinto signore era un pittore,
lo vedevo con il camice bianco e il cappello che dipingeva la sua terra, la
casa dove aveva vissuto, il cielo che aveva visto. Era un modo per allentare la
nostalgia che lo opprimeva.
Un giorno mi donò un suo quadro che rappresentava
la sua casa circondata dagli alberi che aveva piantato. Volle che lo tenessi in
suo ricordo, e quel giorno i suoi occhi si riempirono di malinconia. Gli
promisi che l’avrei sempre conservato. Ogni volta che lo ammiro, penso che fino
all’ultimo giorno non avesse dimenticato la sua amata Istria.
Nessun commento:
Posta un commento