La coabitazione a casa Ambron
Quello di casa Ambron (e
non Zambron, Hàbon, com'è stato detto) fu veramente per Vittorio
e per Elena un approdo di fortuna. In quattro e quattr'otto essi
dovettero lasciare la sontuosa fiorita dimora di Antoniadus, offerta loro da
Faruk il giorno stesso dello sbarco in Egitto, perché la commissione
britannica sbarcata ad Alessandria la volle per sé, subito,
disinvoltamente osservando di non capire come un asilo diverso, uno
dei varii messi dal governo del Cairo a sua disposizione, sul mare,
nel retroterra, con giardino e senza, non potesse ugualmente
servire per la famiglia Savoia che (bisognava tener conto anche di
questo), era ormai ridotta a cinque o sei persone, seguito e servitù
inclusi.
Faruk ne rimase molto contrariato, ma Vittorio lo tolse
rapidamente di pena e d'impaccio facendo sapere al suo giovane amico che non
c'era poi nulla di troppo grave in quel che stava accadendo e che, ormai, ai
rapidi trasferimenti aveva fatto l'abitudine. Egli si reputava, ed era,un
cittadino privato, e di questa improvvisa qualità cominciava a capire, e a
rivendicare, i più elementari e preziosi vantaggi: primo, quello d'abitare una
casa propria, senza intorno contese o discussioni.
Gino Olivieri, una specie di nostromo di Casa Reale, trovò la
casa d'un ricco italiano, da molti anni residente in Egitto, nel
quartiere Moharrem Bey a circa tre chilometri dal centro della città, verso la
marina. Casa Ambron, un nome circondato della maggiore stima e della più grande
simpatia in tutto l'Egitto.
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