di Salvatore
Sfrecola
Un
tragico incidente stradale ieri ha privato gli amici e la comunità dei
monarchici di Marco Grandi, avvocato, docente di storia contemporanea, allievo
di Francesco Perfetti a Genova, componente della Consulta dei Senatori del
Regno. Viveva a Corinaldo, una ridente cittadina marchigiana dalla quale
proveniva la sua famiglia di illustri servitori dello Stato. Il nonno,
Domenico, Generale, era stato Ministro della guerra nel Governo di Antonio
Salandra, nel 1914. Il papà, Mario, aveva svolto le funzioni di Aiutante di
campo del Principe di Piemonte Umberto.
Marco
era una persona garbata, un grandissimo signore, un uomo di cultura, idealista
ma concreto nelle prospettazioni politiche e nelle iniziative che assumeva
nella sua cittadina ed ovunque fosse chiamato a svolgere una attività di
diffusione e approfondimento di fatti di interesse storico e politico. A
Corinaldo aveva organizzato importanti convegni storici e concorsi con premi
per i giovani studenti delle scuole ai quali si rivolgeva per invitarli a considerare
l’importanza delle proprie radici civili e nazionali, per risvegliare in loro
il senso della nostra storia contro la narrazione faziosa, distorta e
disonesta, che si accompagna da sempre al referendum del 2 giugno 1946 ed al
"gesto rivoluzionario" del successivo 12 giugno che Re Umberto subì
perché l’Italia non cadesse nella guerra civile alla quale i comunisti erano
pronti nel caso avesse prevalso la Monarchia. Il Re, appartenente alla Casata
che aveva unificato l’Italia, non poteva accettare che gli italiani si
battessero gli uni contro gli altri, anche se era consapevole dell’ingiustizia
che aveva subito per le condizioni nelle quali il referendum istituzionale era
stato organizzato e gestito, in dispregio di una verifica autentica della
volontà popolare.
E
qui vale la pena di ricordare quel che Indro Montanelli, nel febbraio 2001,
disse a Re Simeone II di Bulgaria, che era andato a trovarlo nella sua casa di
Milano, in viale Piave, accompagnato proprio da Marco e dal nostro caro amico
Camillo Zuccoli, oggi Ambasciatore del Sovrano Militare Ordine di Malta presso
la Repubblica di Bulgaria: "Al mio amico Ciampi - affermò Montanelli -
dico sempre che se alla catena della nostra Storia togli l'anello di Casa
Savoia tutta la catena cade". E lo ha ripetuto più volte anche nel suo
“L’Italia della Repubblica” (Rizzoli 1985) quando afferma che “di coloro che
avevano votato Repubblica… Pochissimi si erano resi conto che, con la
Monarchia, l’Italia rinnegava il Risorgimento, unico tradizionale mastice della
sua unità. Era un mastice che non aveva mai operato a fondo e che aveva
alimentato più una retorica che una coscienza nazionale. Ma scomparso anche
quello, il Paese era in balia di forze centrifughe che ne facevano temere la
decomposizione. Aizzata dai socialcomunisti, la lotta di classe deflagrava con
una violenza proporzionale alla repressione cui per vent’anni l’aveva
sottoposta il fascismo; mentre il regionalismo, fomentato soprattutto dai
democristiani, assumeva, specialmente in Sicilia, gli estremi del separatismo”.
Scrive
Giovanni Semerano in un commosso ricordo di Marco, dei suoi “tenerissimi
affetti familiari, la sposa Paola e il figlio Domenico oggi increduli e
disperati”, per la mancanza di questo uomo nobile e buono nel quale era “sempre
presente, vivo e irriducibile l'amore per la Patria declinato nella fedeltà e
nella devozione - non astratta perché più che meritata - al nostro grande e
indimenticabile Re Umberto, che di Marco e di Paola fu testimone di nozze”.
Ricorda
ancora che “in quel giorno felice, accanto al Re e agli sposi vi era anche un
uomo al quale Marco, insieme al compianto Gian Nicola Amoretti, era
legatissimo: Edgardo Sogno, l'eroe Medaglia d'oro della Guerra di Liberazione
che, con il suo coraggio, ardimento, coerenza e fermezza, rappresentava un
esempio e un simbolo altissimi di cosa significhi essere patrioti monarchici”.
Semerano
nel suo ricordo non avrebbe potuto trascurare l’impegno politico di Marco
Grandi nel Partito Liberale Italiano, insieme ad alcuni amici scomparsi e ricorda
“tra i tanti valorosi parlamentari ed esponenti monarchici liberali: Augusto
Premoli, Luigi Durand de la Penne, Roberto Cantalupo, Benedetto Cottone, Luigi
Barzini jr., Umberto Bonaldi, Vittore Catella, Giuseppe Alpino, Emilio Pucci,
Giuseppe Fassino, Vittorio Badini Confalonieri, Giorgio Bergamasco,
Umberto e Vittorio Emanuele Marzotto, Enzo Fedeli, Sam Quilleri, Alberto Giomo,
Aldo Frumento”.
Ho
visto Marco l’ultima volta l’8 dicembre 2018 a Castiglion Fibocchi in occasione
di un incontro con il principe Amedeo di Savoia, quando il Presidente
dell’Unione Monarchica Italiana, Avv. Alessandro Sacchi, gli ha conferito la
medaglia d’argento della fedeltà monarchica, un riconoscimento voluto dal re
Umberto II che aveva attribuito al Presidente dell’U.M.I. il compito di
individuare chi lo meritasse. L’aveva accolto con profonda commozione. Ero
accanto a lui in quel momento e ricordo il suo sorriso timido, le brevi parole
con le quali ha ringraziato per questo riconoscimento per attività lungo
decenni che aveva svolto sempre convinto di fare solo il suo dovere di italiano
e monarchico.
Poche
ore prima della tragedia aveva parlato con il Principe Aimone, che aveva
accompagnato il 3 novembre 2018 a Roma quando nella Sala Umberto è stato
ricordato il centenario della Vittoria. C’erano quel giorno anche i
giovanissimi principi Umberto e Amedeo.
Esterrefatti
“increduli e disperati” i lettori di Un Sogno Italiano si
uniscono alla moglie Paola e al figlio Domenico nel dolore e nel ricordo.
Ciao
Marco.
24
gennaio 2019
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