Ma non
basta ancora. Dopo Lord Rothermere, ecco Ward Price autore del volume: Conosco questi
dittatori.
Le opinioni di Ward Price si modificarono dopo il 1938, ma nel 1924 anch’egli pensava che «dietro Mussolini sta(va) tutta la parte migliore dell’Italia». Il giudizio di Ward Price va più oltre: «Non soltanto nel nostro tempo - egli dice - ma in tutta la storia Mussolini rimarrà un’ispirazione per tutti coloro che pregiano la libertà e amano la patria! ». Si noti bene il legame tra il Governo di Mussolini e l'idea della libertà. Se un giornalista come Ward Price poteva sbagliare in modo così clamoroso, segno è che vi erano elementi assai contrastanti tra loro e tali da indurre in errore. « Il fascismo - scriveva ancora Ward Price nel 1926 - ha sollevato la nazione italiana ad un livello di ordine, di prosperità e fiducia in se stessa, che non ha riscontro in altri paesi europei. Dopo una prova di quattro anni il Governo fascista è più popolare, presso gli italiani, di qualsiasi altro essi abbiano avuto in passato da quando sono diventati una nazione ».
Le opinioni di Ward Price si modificarono dopo il 1938, ma nel 1924 anch’egli pensava che «dietro Mussolini sta(va) tutta la parte migliore dell’Italia». Il giudizio di Ward Price va più oltre: «Non soltanto nel nostro tempo - egli dice - ma in tutta la storia Mussolini rimarrà un’ispirazione per tutti coloro che pregiano la libertà e amano la patria! ». Si noti bene il legame tra il Governo di Mussolini e l'idea della libertà. Se un giornalista come Ward Price poteva sbagliare in modo così clamoroso, segno è che vi erano elementi assai contrastanti tra loro e tali da indurre in errore. « Il fascismo - scriveva ancora Ward Price nel 1926 - ha sollevato la nazione italiana ad un livello di ordine, di prosperità e fiducia in se stessa, che non ha riscontro in altri paesi europei. Dopo una prova di quattro anni il Governo fascista è più popolare, presso gli italiani, di qualsiasi altro essi abbiano avuto in passato da quando sono diventati una nazione ».
Arriviamo
al 1938, un anno prima prima della seconda guerra mondiale. Dice Ward
Price di Mussolini, dopo 14 anni di approfondita conoscenza dell’imputato: «Egli è un
elisabettiano. Tenuto conto delle mutate condizioni egli rappresenta per
l’Italia moderna ciò che Raleigh e Drake rappresentarono per l’Inghilterra nei
giorni della Regina Elisabetta. Egli incarna il nuovo spirito di cui è pervasa
la nazione e tra l’Italia del secolo ventesimo e l’Inghilterra del primo
Cinquecento c’è molta somiglianza spirituale: lo stesso orgoglio nazionale
all’interno, lo stesso ottimismo illimitato, la stessa fiera coscienza di un
orizzonte che si schiude, la stessa indole accesa e sensibile, la stessa
tendenza alla temerarietà, lo stesso schietto calore di una nazione che sente
la propria giovinezza e la propria forza».
Dopo Ward
Price, ecco Ludwig i cui Colloqui con Mussolini sono troppo noti per dover
essere ricordati. Ed eccoci a Winston Churchill e ad una sua visita a Roma, il
20 gennaio 1927, in qualità di Cancelliere dello Scacchiere con il Governo
Baldwin. «Non ho potuto fare a meno - disse Winston Churchill - di restare
affascinato, come lo sono state tante altre persone, dal semplice e cortese
contegno del sig. Mussolini e dal suo equilibrio tranquillo e distaccato
nonostante tanti fardelli e tanti pericoli. Chiunque avrebbe potuto vedere che
egli non pensa ad altro se non al bene duraturo, come egli lo concepisce, del popolo
italiano e che ogni problema inferiore non ha per lui importanza. Se fossi
stato italiano sono sicuro che sarei stato con tutto il cuore con voi dal
principio alla fine della vostra lotta vittoriosa contro gli appetiti e le
passioni bestiali del leninismo. Dirò tuttavia una parola
sull'aspetto internazionale del fascismo. All’esterno il vostro movimento ha
reso un servizio a tutto il mondo. La grande paura che ha ossessionato sempre
qualsiasi capo democratico o capo della classe operaia è stata quella di venire
scalzato o demagogicamente battuto da qualcuno più estremista di lui. L'Italia ha mostrato che esiste una maniera di opporsi alle forze sovversive,
tale da attrarre le masse ad apprezzare e a difendere l’onore e la stabilità di
una società civilizzata».
Infine,
sempre nello stesso immaginario processo a Mussolini appare Neville Chamberlain
non meno fervido difensore del fascismo e del suo capo. Con gli apprezza menti di lui arriviamo
alla vigilia della guerra mondiale
Dunque in tutto questo lungo periodo, dal 1925 al 1938, la Corona non ebbe l'opportunità, né la possibilità di rimuovere Mussolini dalla carica di primo Ministro. Negli anni 1929 e 1934 si svolgono in Italia quelle elezioni «plebiscitarie che daranno a Mussolini circa il 99 per cento dei suffragi. Il 1933 è l’anno del Patto a quattro che pone Mussolini su un piano mai raggiunto di arbitro della politica europea. Tutti i capi di governo rendono
omaggio alla sua iniziativa. Il Presidente Roosevelt invia un messaggio di adesione: il Pontefice pronuncia, due giorni dopo il discorso di Mussolini al Senato, una allocuzione (9 giugno 1933) di incoraggiamento e di soddisfazione per la sigla del Patto. Nel 1929, dopo la firma dei Patti del Laterano, lo stesso Pio XI aveva parlato dell'«uomo che la Provvidenza ci ha fatto incontrare».
Dunque in tutto questo lungo periodo, dal 1925 al 1938, la Corona non ebbe l'opportunità, né la possibilità di rimuovere Mussolini dalla carica di primo Ministro. Negli anni 1929 e 1934 si svolgono in Italia quelle elezioni «plebiscitarie che daranno a Mussolini circa il 99 per cento dei suffragi. Il 1933 è l’anno del Patto a quattro che pone Mussolini su un piano mai raggiunto di arbitro della politica europea. Tutti i capi di governo rendono
omaggio alla sua iniziativa. Il Presidente Roosevelt invia un messaggio di adesione: il Pontefice pronuncia, due giorni dopo il discorso di Mussolini al Senato, una allocuzione (9 giugno 1933) di incoraggiamento e di soddisfazione per la sigla del Patto. Nel 1929, dopo la firma dei Patti del Laterano, lo stesso Pio XI aveva parlato dell'«uomo che la Provvidenza ci ha fatto incontrare».
Come si
vede, grande diffusa straripante era l'esaltazione del fascismo. Persistiamo a
non citare scrittori fascisti. Preferiamo richiamare ancora l'opinione di un fiero tenace oppositore
quale Luigi Albertini. Egli, nel discorso pronunciato al Senato il 24 giugno 1924, due settimane dopo
l’assassinio Matteotti, diceva: «La discussione sul discorso della Corona
arriva al Senato quando un tragico evento è sopraggiunto a turbare
profondamente gli animi nostri. Ma io farò ogni sforzo per elevarmi sopra le
passioni che esso agita e per
dare l'espressione più serena al mio pensiero posizione netta, inequivocabile,
nel campo della politica interna nel quale esclusivamente mi terrò…» .
«Nella
classe borghese dirigente così la condanna del passato, come l'esaltazione del
predente, hanno trovato finora echi di consenso imponenti che rendevano stonata
la voce di chi non si associava al coro quasi unanime delle approvazioni.
«Sì, il
regime fascista ha assicurato all'Italia un ordine esteriore al quale
ardentemente aspiravamo: ha fatto cessare gli scioperi generali, le
interruzioni continue, intollerabili dei servizi pubblici; ha ristabilito la
disciplina nelle aziende pubbliche e private; ha continuato con successo l'opera di
restaurazione finanziaria dei governi anteriori raggiungendo il pareggio; ha
seguito, specialmente dopo l’incidente di Corfù una direttiva di politica
estera sana e coraggiosa (1) e molto altro di buono e vantaggioso ha fatto per la
nazione. Ma i problemi che esso doveva risolvere non erano questi soltanto...».
Qui il
discorso assume un tono critico: ma il giudizio che precede fa impressione
perché viene da un avversario autorevole e sicuro, condotto anche lui a
riconoscere che l'opinione pubblica era molto favorevole al fascismo.
Le
numerose citazioni che abbiamo fatto contengono impressioni significative di
critici severi e liberi e non gli errori e le esagerazioni di fanatici e di
illusi. Esse dicono che il fascismo è un complesso fenomeno che si è imposto
anche agli spiriti meno benevoli e più saldi.
E allora
non si scagli l'anatema alla Monarchia se
ha dovuto accettare questo fenomeno. È ingiusto pretendere che essa con
un gesto magico, potesse dissolvere il regime, indovinando, quando tutti lo esaltavano la rovina che avrebbe
prodotto.
Mussolini
ha fatto tanto male all'Italia: più di qualsiasi altro uomo della nostra lunga
e dolorosa storia. Ma prima di sentenziare che la Monarchia doveva risparmiare
al nostro paese questo gran male, bisogna domandarsi se ciò era possibile e
riconoscere che nel 1922 e dopo, vi era materia abbondante, per ingannarsi, e
per essere indotti in errore. Se non si ammette questo, le vicende italiane
dell’ultimo quarto di secolo non si comprendono e tutto il nostro popolo appare
dissennato, sconvolto da follia o preso da stupidità.
Il 1934
vede la mobilitazione italiana al Brennero per difendere l’indipendenza
austriaca. Il 1935 vede la Conferenza di Stresa ove l’Italia sembra avere
l’iniziativa tra le Potenze dell’Occidente europeo.
Per il
Patto a quattro non vengono in Italia i ministri conservatori, ma il Lord
cancelliere Simon e il Primo Ministro laburista Ramsay Mac Donald. L’intesa tra
Palazzo Chigi e il Foreign Office non è mutata con il mutato indirizzo del
Governo britannico.
Gli anni
1935 e 1936 vedono iniziarsi e compiersi l’impresa di Abissinia. A questo punto
diminuiscono i consensi esterni, ma si accrescono quelli interni. Inviano
lettere di adesione a Mussolini uomini politici intemerati e lungimiranti, di
grande prestigio personale e di acutissimo intelletto.
Ma
insorge l'antifascismo all’estero a condannare quella impresa come il primo
atto delle aggressioni che portarono alla guerra 1939. Senza dubbio l'impresa
etiopica aprì il conflitto tra l’Italia e la Società delle Nazioni, tra Roma e
Londra. Ma quel conflitto non sanabile. L'Etiopia non costituiva un interesse
vitale per l’Inghilterra (2). Una commissione ministeriale inglese concludeva,
nel giugno 1935, un suo studio dicendo che una conquista dell'Etiopia da parte
dell'Italia non avrebbe offeso vitali interessi britannici (3). Fu così
possibile raggiungere nel gennaio 1937 un gentlemen's agreement tra Londra e
Roma e poi, nella Pasqua del 1938 si poté sottoscrivere un patto di assai più
ampia portata tra gli stessi due Governi.
Non solo
non era impossibile ricostruire un equilibrio europeo, ma doveva, anzi, essere
più facile raggiungere questo intento con un'Italia diventata più forte e
dotata di un Impero coloniale al quale dedicare alcuni decenni di lavoro
produttivo e fecondo. Se la pace del 1919 aveva lasciata un'Italia
insoddisfatta, bramosa di territori coloniali ove trasferire i suoi uomini e le
sue intraprese, l'acquisto dell'Etiopia doveva consentire all'Italia di
dichiararsi soddisfatta, di accostarsi alle potenze democratiche, di arrestare
quel processo morale e politico di revisione di Versailles che costituiva
motivo di turbamento della politica internazionale. Per tutta la prima metà
dell'anno 1936 si poté sperare che questo fosse l'indirizzo politico di
Mussolini. A molti giornalisti stranieri di Francia, d'Inghilterra e degli
Stati Uniti egli dichiarava che l'Italia poteva ormai collocarsi tra le potenze
soddisfatte. Sopravvenne la guerra civile di Spagna e le cose mutarono.
Mussolini, senza consultare nessuno, cominciò a praticare una politica
d'intervento che già, all'inizio del 1937, faceva assumere all'Italia una
posizione di antagonismo rispetto alla politica russa e francese e, più
moderatamente, rispetto a quella inglese.
Gli studiosi italiani non hanno però mai ammesso (3) che l’intervento italiano precedesse quello francese e russo. Hanno anzi affermato sempre il contrario assegnando al settembre 1936 l’intervento delle brigate internazionali e al dicembre dello stesso anno quello italo-tedesco.
Gli uomini politici italiani che hanno combattuto in Spagna dalla parte dei rossi e sono ora al governo del paese, tendono a presentare un quadro degli avvenimenti totalmente diverso da quello descritto negli anni del fascismo.
In realtà quello sciagurato conflitto si inserì nella lotta ideologica già aperta in Europa e la inasprì sino a renderla acutissima. «Nazionalsocialismo, fascismo, conservatori e gran parte dei cattolici stettero per il governo di Franco, mentre democratici, socialisti e in genere i "fronti popolari" parteggiarono per la repubblica» (5).
Non vogliamo dire che tutta la ragione e tutto il bene fossero dalla parte dei primi, ma neppure è accettabile il criterio opposto che vorrebbe esaltare come eroi gli assassini di Calvo Sotelo, i massacratori di sacerdoti e gli incendiari dei monasteri e dei conventi.
Gli studiosi italiani non hanno però mai ammesso (3) che l’intervento italiano precedesse quello francese e russo. Hanno anzi affermato sempre il contrario assegnando al settembre 1936 l’intervento delle brigate internazionali e al dicembre dello stesso anno quello italo-tedesco.
Gli uomini politici italiani che hanno combattuto in Spagna dalla parte dei rossi e sono ora al governo del paese, tendono a presentare un quadro degli avvenimenti totalmente diverso da quello descritto negli anni del fascismo.
In realtà quello sciagurato conflitto si inserì nella lotta ideologica già aperta in Europa e la inasprì sino a renderla acutissima. «Nazionalsocialismo, fascismo, conservatori e gran parte dei cattolici stettero per il governo di Franco, mentre democratici, socialisti e in genere i "fronti popolari" parteggiarono per la repubblica» (5).
Non vogliamo dire che tutta la ragione e tutto il bene fossero dalla parte dei primi, ma neppure è accettabile il criterio opposto che vorrebbe esaltare come eroi gli assassini di Calvo Sotelo, i massacratori di sacerdoti e gli incendiari dei monasteri e dei conventi.
L'errore
di Mussolini fu un altro. Egli prese alla lettera la propaganda che tendeva a
mostrare, con l’avvento dei rossi in Spagna, il bolscevismo come padrone del
Mediterraneo e si cacciò in una nuova lotta senza risparmio e senza quartiere,
in cui doveva logorare le risorse militari (materiali, aerei e cannoni)
residuate dalla dispendiosa guerra di Abissinia. Egli fece di più e di peggio:
giunse a lasciare a Franco tremila pezzi di artiglieria nel 1939 alla vigilia
del nuovo conflitto europeo, al quale noi ci presentavamo totalmente sprovvisti
di armi, con i magazzini militari vuoti e con una nazione stanca di avventure e
di guerre dopo quattro di frenetica propaganda bellica.
In questo
senso e non in quello denunciata dall’antifascismo di Nenni o dello Spano
propagandisti o combattenti della Spagna rossa, l’intervento di Mussolini fu un
imperdonabile errore. Assai più opportunamente avrebbe potuto cercare una
intesa con i conservatori britannici per tentare di arrestare le conseguenze di
un conflitto ideologico che diveniva sempre più acuto .
(1)
Il resoconto ufficiale a questo punto
segna: commenti, determinati, crediamo, dalla impressione che la reazione
impulsiva e avventata di Mussolini contro la Grecia (per l’eccidio della
missione Tellini), reazione sproporzionata al pur doloroso avvenimento, faceva
prevedere una funesta impulsività e la megalomania del domani, purtroppo
verificatasi.
(2)
Lord Simon dichiarava ai comuni il 24 giugno 1936 di non essere disposto a
vedere affondare neppure una nave britannoca sia pure in una battaglia
vittoriosa per l’indipendnza dell’Abissinia.
(3)
Vedi Salvatorelli : Vent’anni tra due guerre. Edizioni Italiane, Roma 1941.
(4) Vedi Ambrogio Bollati e
Giulio del Bono: La guerra di Spagna. Einaudi, Torino. - Generale Francesco
Belforte: La guerra civile in Spagna. Ispl, Milano.
(5) Salvatorelli:
Vent’anni tra due guerre (pag. 472).
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