NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

domenica 1 novembre 2020

Primo Carnera e il libro Cuore - Capitolo III

 


 di Emilio Del Bel Belluz 

Le giornate di novembre furono piuttosto fredde, il bidello si fece aiutare da Primo per portare in classe la legna. Primo aveva braccia molto lunghe e forti, abituate al lavoro dei campi, a soli undici anni possedeva una forza incredibile. Il bidello lo ricompensava con un pezzo di pane e salame e qualche volta una fetta di dolce che sua moglie preparava. Il bidello non era più tanto giovane, si avvicinava ai sessant’ anni, vissuti faticosamente, aveva pure combattuto in guerra e ogni tanto ne parlava. I soldati austriaci e tedeschi erano acquartierati da settimane a Sequals e nelle vicinanze e spesso capitava di vederli. Gli ufficiali indossavano delle belle divise, e si notava che qualcuno di loro doveva essere di casata nobile. Primo aveva osservato che alcuni ufficiali portavano delle medaglie sul petto. A scuola, quella mattina, la maestra aveva deciso di continuare nella lettura del libro Cuore. Il programma della settimana era stato seguito con attenzione e si riteneva soddisfatta. Il libro veniva letto da tutti gli scolari, ad ognuno spettava un piccolo racconto. Quel giorno toccò a un bambino piuttosto piccolo che aveva una voce chiara e sapeva leggere e scrivere correttamente. Lo scolaro, Giuseppe, incominciò a leggere il racconto intitolato: Il mio amico Garrone. Nella classe tutti gli scolari erano in silenzio, attenti, anche i meno volenterosi. Primo sul banco aveva sempre un foglio davanti per raccogliere degli appunti, servivano per raccontare il racconto alla madre. Per questo con la sua mano gigante scriveva le frasi più importanti, facendo pure qualche schizzo sul quaderno, il tutto per facilitare la memoria. Il ragazzo continuava a leggere:“ Quanto più lo conosco, tanto più gli voglio bene, e così segue a tutti gli altri, fuorché ai prepotenti, che con lui non se la dicono, perché egli non lascia far prepotenze. Ogni volta che un grande si alza la mano su uno piccolo, il piccolo grida: - Garrone! – e il grande non picchia più. Suo padre è macchinista della strada ferrata; egli cominciò tardi le scuole, perché fu ammalato due anni. E’ il più alto e il più forte della classe, alza un banco con una mano, mangia sempre, è buono. Qualunque cosa gli domandino, matita, gomma, carta, temperino, impresta o dà tutto; e non parla e non ride a scuola:se ne sta sempre immobile nel banco troppo stretto per lui con la schiena arrotolata e il testone dentro le spalle… “ Quando Giuseppe ebbe finito di leggere il racconto, un alunno alzò la mano. La maestra lo fece parlare e disse che Garrone assomigliava a Primo Carnera, e aveva l’impressione che Edmondo De Amicis si fosse ispirato proprio a lui. 

Primo era un gigante, alto e grosso come Garrone, dalle mani molto grandi e aveva sempre fame. Primo divorava il pane in due bocconi, ma era tanto gentile che prima lo divideva con gli altri, specialmente con quelli che avevano meno da mangiare. Primo che stava sentendo quelle parole sorrise. In classe era il più disponibile con tutti, era capace di fare del bene anche con piccoli gesti. Quando vedeva i ragazzi in difficoltà non disdegnava mai l’aiuto a nessuno. Una volta sapendo che un bambino si era fatto male, e non poteva camminare, per mesi, lo aveva portato sulle spalle senza mai stancarsi. Allora la maestra disse che era bello sapere che c’era un gigante buono che aiutava quando qualcuno aveva bisogno del suo aiuto. 

Primo si sentiva confuso ed imbarazzato per gli elogi nei suoi confronti. Il libro Cuore gli piaceva così tanto che se lo sarebbe portato a casa per leggerlo tutto d’un fiato. La maestra, Anna. osservava dalla finestra i soldati che passavano per la strada, tra cui qualche bel giovane ufficiale che le faceva ricordare il tempo passato, la bella gioventù che se n’ era andata. Anna era invecchiata insegnando e da anni viveva nella scuola dove occupava due stanzette. In una vi stavano una stufa a legna, e un piccolo angolo destinato alla cucina. Quello del cibo non era mai stato un problema, spesso le mamme dei giovani le portavano qualcosa di pronto, e la domenica la invitavano a mangiare, perché si sentisse sempre in famiglia. 

Capitava che la gente volesse averla nella propria casa, considerandola una persona importante, assieme al prete del paese al medico condotto. Tante volte gli abitanti di Sequals si rivolgevano a lei per trovare delle parole di conforto. Le piaceva passeggiare per il paese e ritrovare qualche suo studente, che la fermava e le ricordava il periodo della scuola. La maestra considerava i giovani che aveva istruito come i suoi figli spirituali. In questo modo, anno dopo anno, era invecchiata, ma non aveva mai voluto lasciare l’insegnamento. In quella scuola avrebbe voluto morirvi: il piccolo mondo nel quale era vissuta. Non avrebbe mai voluto dimenticarlo, vi si era trovata bene. Non aveva voluto sposarsi, anche se le occasioni non le erano mancate. Viveva felice, e questo era quello che desiderava. Le sembrava che il suo mondo non potesse andare oltre alla scuola, e ai suoi allievi. In quei giorni vedendo tanti soldati, si rendeva conto che il mondo stava cambiando. 

La guerra stava passando in quelle terre e c’era la paura che i soldati potessero far del male alla popolazione; anche perché con tanta gente forestiera si erano create delle situazioni difficili di convivenza. Pensava ai soldati italiani che dopo Caporetto si erano dovuti ritirare e stavano cercando di riorganizzarsi per conquistare le posizioni perdute. I soldati di Francesco Giuseppe e dell’Imperatore Guglielmo II cercavano del cibo, e andavano nelle case a prendere anche del bestiame che era l’unica ricchezza per molte famiglie. In paese c’erano molti bambini che abbisognavano di latte e non c’erano molte mucche. La fame era uno spettro che si era manifestato in quei duri mesi di fine 1917. Le notizie che giungevano dai soldati al fronte non erano rassicuranti. La maestra soffriva di un dolore a una gamba che le impediva di camminare in modo corretto. Il medico aveva diagnosticato che si trattava di artrosi, correlata alla vecchiaia e con la quale bisognava conviverci. La distraeva da tutto questo i suoi ragazzi con la loro giovinezza, con i volti pieni di voglia di vivere, che al pari degli adulti avevano imparato ad affrontare le difficoltà della vita. Alla sera le piaceva stare davanti al fuoco acceso con un libro in mano, solitaria, eccetto quell’ora in cui una sua allieva l’ andava a fare visita. Questa giovane si chiamava Lucia, ed era tanto buona con la sua maestra, perché le insegnava ancora ad affrontare la vita. 

Quando si è giovani si ha bisogno di un punto di riferimento, di una persona saggia che ti sappia consigliare. Lucia non aveva ancora vent’anni e proveniva da una famiglia povera, in cui si arrivava con difficoltà a mettere assieme il pranzo con la cena. La buona maestra l’aiutava come poteva, ma il supporto più bello era quello di starle vicina, di consolarla. Quando veniva a trovarla le piaceva leggere a voce alta un libro, si erano accordate sulla lettura di una ventina di pagine illuminate dalla luce fioca della candela. Accadeva spesso che la maestra si addormentasse, pertanto, Lucia non leggeva più a voce alta. L’allieva amava i romanzi che le permettevano di conoscere tante vicissitudini che si verificavano in vari luoghi d’Italia, dove lei non sarebbe mai andata. Sapeva bene che da Sequals non si sarebbe mai spostata. Lucia osservava la sua maestra dal volto sereno che dormiva, e si sentiva tanto vicina a lei. Anna avrebbe voluto tanto che Lucia continuasse gli studi, ma non era possibile specialmente per una ragazza. 

Quelle sere erano di una dolcezza infinita, prima che la candela finisse, svegliava la sua maestra e l’accompagnava a letto come si fa con un bambino che si è addormentato. Quelle sere che Lucia passava in casa della maestra erano le più belle, le due stanze le sentiva come se fossero sue e spesso si fermava a dormire da lei. Le piaceva accudire alle faccende domestiche, ma più di tutto amava cercare nella piccola scaffalatura posta in una stanza, i vecchi libri illustrati delle tante città italiane. La maestra aveva l’abitudine di mettere nei libri come segnalibro delle cartoline che riceveva dalle persone care. Lucia le osservava, dopo aver chiesto il permesso ad Anna. Alla mattina, appena alzata, preparava la colazione, accendeva il fuoco e prendeva il pane caldo che aveva posto vicino alla stufa. La maestra si alzava con grande gioia e mangiava con piacere. Quando Lucia ritornava a casa la maestra entrava in classe per fare lezione. Quel giorno Anna lasciò uscire i suoi allievi una decina di minuti prima che suonasse la campanella, si era stancata e così aveva anticipato la fine della lezione. 

Quel giorno uscendo da scuola i ragazzi circondarono Primo, e volevano stargli vicino. Il libro Cuore li aveva fatto capire cosa volesse dire avere in classe un bambino buono, un gigante. Per la strada videro dei soldati che trascinavano un carro, con difficoltà, e Primo volle aiutarli a spingerlo. I soldati sorrisero, avevano riconosciuto quello che vestiva con il cappotto militare, e lo salutarono. La strada per giungere a casa la fece di corsa, voleva raccontare alla madre la storia di Garrone, che gli somigliava. A casa non trovò nessuno, ma il pranzo era preparato e fu mangiato con voracità, perché la fame era davvero tanta.

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