Il. -
Critica dei metodi di indagine statistica
Nell'accingermi
al mio lavoro, mi è sembrato più logico partire dai dati, certi del censimento
1936, che la stessa Legge aveva adottati, agli effetti elettorali, per
stabilire la «popolazione legale», anziché riferirmi ad uno qualsiasi dei dati
successivamente «calcolati» dall'Istituto Centrale di Statistica, anche i più
vicini possibile al 1946, perché suscettibili, per varie cause, di più
rilevanti errori; in ogni modo, se li avessi adottati per i miei calcoli, sarei
partito da un dato «calcolato», e quindi incerto. Il problema che il mio
modesto studio doveva affrontare era complesso, perché anzitutto si proponeva
di determinare la più probabile popolazione reale alla data del 31 dicembre
1945; quindi determinare la più probabile cifra di popolazione elettorale a
quella data. Ma a questo ultimo fine soccorrevano ancor meno «elementi certi a
su cui operare, tanto più che, dagli «Annuari Statistici» del Regno, si rileva
che per «calcolare» la distribuzione della popolazione «per sesso e per classi
di età» erano stati, nel tempo adottati criteri non del tutto uniformi.
Partendo,
in ogni modo, dai dati del censimento 21 aprile 1936, per calcolare la
popolazione «probabile a al 31 dicembre 1945 potevano seguirsi vari metodi. Più
agevole, in un certo senso, fra questi, il calcolare il numero dei
sopravviventi, per classi di età, dei «nati negli anni precedenti al 1925 e
censiti nel 1936», e depurarlo del numero dei morti dal 1936 in poi, usando a
tale fine delle «statistiche» della mortalità per classi di età. Poiché però
tali statistiche non sono pubblicate al completo, poteva farsi ricorso alle a
tavole di mortalità».
Senonché
l'uso delle «tavole di mortalità», che pongono in rilievo una tendenza
«ottimistica» alla longevità, inducono ad errori a per eccesso», i quali si
vanno sommando — con identico «segno» e quindi senza compensi né variazioni in
meno — anno per anno, e fanno correre il rischio di scoprire di aver calcolato
una cifra di popolazione notevolmente più elevata della reale.
Mi
soccorreva un altro metodo — e l'ho preferito ritenendolo suscettibile di
errori meno rilevanti — e cioè calcolare l'accrescimento probabile della
popolazione dal 1936 al 1945, valendosi degli «indici di accrescimento naturale
», e rettificando poi il risultato con l'applicazione degli a indici di
diminuzione naturale a per il periodo bellico 1941-1945, determinata questa
dalla diminuzione delle nascite, e dei matrimoni, e dall'aumento più sensibile
delle morti, esclusi i morti in zona di operazioni, per cause dovute alla
guerra.
Per
calcolare poi la probabile «popolazione elettorale», ho ritenuto più
attendibile l'applicazione dell'«indice di maggiore età», che indica la
proporzione percentuale rappresentata dai cittadini di ambo i sessi che hanno
compiuta «l'età elettorale» di anni 21.
Qui
pure, un solo dato certo, — anzi, un solo dato, perché i successivi mancavano —
fornito dal censimento 21 aprile 1936: il 60,30%. In compenso, esistono, o sono
comunque facilmente calcolabili, i dati correlativi per gli anni antecedenti al
1936.
Applicare
anche per questo problema le «tavole di mortalità», avrebbe fatto correre il
rischio — dì fronte alla accertata tendenza della popolazione italiana alla
longevità — di determinare per il 1946 un «indice» pari al 63,70%, e per il
195° al 66-67%. L'Istituto Centrale di Statistica, evidentemente tenendo conto
dei risultati provvisori del censimento 4 novembre 1951, ha determinato tale
«indice», per il 195o, nel 63,30%.
Teoricamente,
con l'accrescimento della longevità, aumenta di pari passo «l’invecchiamento»
della popolazione — fenomeno tipico dei periodi che presentano una «diminuzione
proporzionale, costante a nel numero delle nascite e nel numero delle morti — e
quindi diviene più alta la cifra dell'indice di maggiore età».
Nella
realtà, la natura, e le guerre, provvedono a correggere la corsa degli uomini
all'a invecchiamento » della popolazione, a causa del quale a un dato momento i
a giovani a si ridurrebbero ad una percentuale « insufficiente alla vita
dell'umanità », posto che, se le nascite diminuiscano e in pari tempo gli
uomini vivano sempre più a lungo — come starebbero a indicare le «tavole di
mortalità» — questa sarebbe « la morte dell'umanità».
Per
calcolare dunque, l'indice di maggiore età — lungi logicamente dal presupposto
di un «indice costante» — ho ritenuto metodo efficace di raffrontare fra loro,
analizzandone le variazioni annuali, gli indici di maggiore età rilevabili dai
dati pubblicati negli Annuari dell'Istituto Centrale di Statistica, per gli
anni dal 1910 al 194o, e quindi raffrontar particolarmente fra loro le
variazioni dei periodi bellici 1915-1920, e 1941-1945, determinate dalla
diminuzione delle nascite e dall'aumento contemporaneo delle morti.
Tali
raffronti, mentre consentivano di seguire agevolmente l'andamento
dell'«invecchiamento costante» - e quindi del graduale elevarsi dell'indice di maggiore età - ponevano in rilievo l'incidenza
della « diminuzione naturale della popolazione nei periodi bellici», che
determina una forte flessione del fenomeno dell'« invecchiamento » inducendo ad
un « ringiovanimento » ed al contemporaneo « abbassamento dell'indice di
maggiore età », riferibile al periodo bellico, fino a riportarlo al livello in
cui era all'inizio del quinquennio precedente.
Cosicché, di
fatto, come si verificò per il periodo bellico 1915-1920 -che riportò l'indice
ad un livello ancora inferiore a quello del 1911 - così doveva avvenire, e
necessariamente avvenne, che l'aumento nell'indice di maggiore età verificatosi
nel quinquennio 1936-1940, si annullasse, per le stesse cause determinanti la
«flessione» di cui si è accennato, nel periodo bellico 1941-1945.
A tranquillizzare tuttavia chi paventi, per
le vie della statistica, la fine dell'umanità, resta fermo il presupposto
dell’«aumento costante della popolazione», determinato dalla «eccedenza
costante delle nascite sulle morti». L'andamento delle nascite e delle morti,
solo «apparentemente» può porre in evidenza «momentanee» diminuzioni annuali,
se vengano conteggiati, e riferiti all'anno rispettivo, i morti in zona di
operazioni. Ma poiché questi geni, normalmente, conteggiati negli elaborati
statistici soltanto successivamente alla guerra, e quindi sono «riassorbiti»
nel numero dei morti considerati nel periodo successivo, avviene che, considerando
«per quinquenni» il movimento della popolazione, se ne riscontra la costanza
dell'aumento.
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