NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

venerdì 11 ottobre 2019

Per i Poliziotti caduti a Trieste


  Il quattro ottobre di quest’anno, Trieste, una delle città più belle d’Italia è stata colpita al cuore, due giovani poliziotti, Pierluigi Rotta e Matteo Demenego, sono stati uccisi nell’adempimento del loro dovere. La notizia ha sconvolto i cittadini italiani.
A uccidere questi agenti di polizia è stato un giovane dominicano che viveva con la madre e il fratello a Trieste.
Qualcuno un giorno scrisse che chi muore a vent’anni, ha sempre vent’anni. Questi due cari ragazzi avevano trent’anni, una vita ancora tutta davanti. Erano orgogliosi di indossare la loro divisa, come fieri erano le loro fidanzate e i loro familiari. Nel cuore di questi giovani, di questi figli d’Italia, c’era la volontà di sposarsi, di avere dei figli, cosa che ora li è stata strappata con il sangue, in una bella giornata a Trieste, la città che amavano. Un caro amico militare stamattina mi ha detto che questi poliziotti avevano riferito alle loro famiglie che erano felici di lavorare a Trieste.
Quando un dramma ci coglie, quando il sangue di questi eroi ha bagnato la terra, si pensa al cielo degli eroi che è ancora più luminoso, perché ci sono  aggiunte altre due stelle. Nel cuore di una madre e di un padre, si crea una ferita, che non guarirà mai. 
Questo dolore non avrà consolazione, perché non si troverà mai una motivazione a questo crimine efferato. 
Quando penso a loro, e a tutti i caduti tra le forze dell’ordine per il bene del Paese, mi auguro che non siano mai dimenticati.  
La notte del 4 ottobre, nella tristezza per il tribolato evento di sangue, ho guardato la volta del cielo stellato e mi sono venute in mente le parole che scrisse Giovannino Guareschi, noto scrittore italiano: “Ai nostri caduti“.  Quando un soldato muore, il suo corpo rimane aggrappato alla terra, ma le stellette  della sua  giubba si staccano e salgono in cielo ad aumentare di due piccole gemme il firmamento. Per questo, forse, il nostro cielo è il più stellato del mondo. “Le stellette che noi portiamo“ non rappresentano soltanto “la disciplina di noi soldà ”, ma rappresentano le sofferenze e i dolori miei, di mio padre, dei miei figli e dei miei fratelli. Per questo le amo come parte di me stesso, e con esse voglio ritornare alla mia terra e al mio cielo”.

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