Un tempo a Villanova di Motta, in provincia di
Treviso, dove abitavo, avevo conosciuto il Signor Antonio, una persona molto
distinta che aveva indossato con orgoglio la divisa di carabiniere reale e mi
parlava spesso della sua vita militare. Questo avveniva nella vecchia osteria
di mio padre, dove ogni tanto mi trovavo a far compagnia al genitore. L’uomo
aveva simpatia per me e i suoi racconti mi affascinavano.
Leggevo nei suoi
occhi una commozione vera, specialmente quando mi parlava del Re che aveva
conosciuto, Vittorio Emanuele III, il Re soldato. I suoi racconti mi sono
tornati in mente in questi giorni perché ho trovato alcune righe che mi aveva
trascritto su un foglio dedicate all’Arma dei Carabinieri.
“ Valore e
disciplina”, “Disciplina e Dovere”, “ Usi ad obbedir tacendo e tacendo morir ”:
questo è lo spirito dei Carabinieri. Antonio per farmi comprendere questo, mi
raccontò la storia eroica di un Regio Carabiniere: Giovanni Burocchi, che si
era immolato alla patria, rimanendo fedele al suo giuramento al Re. Aveva
combattuto nella Grande Guerra e dopo aver compiuto il suo dovere di soldato,
era ritornato a casa sano e salvo.
Era nato nel 1881 da una famiglia di contadini
marchigiani, originario di Penna San Giovanni in provincia di Macerata. Si
arruolò nei Carabinieri Regi nel 1901, destinato alla Legione di Ancona.
Giovanni si distinse negli anni meritandosi il rispetto dei suoi superiori.
L’amore per la Patria era dentro di lui ben radicato.
In questi giorni si è
ricordata la presa di Fiume da parte di Gabriele D’Annunzio, si è scritto
molto, e anche molto si è polemizzato. Quest’anno, Trieste ha onorato Gabriele
D’Annunzio con un monumento. Il 1° ottobre del 1919 il carabiniere Reale, della
Legione Ancona, Giovanni Burrrocchi e il Carabinere Altobordo De Luca
ricevettero l’incarico dal comando di scortare il mercantile Presidente Becker
che era diretto nella città croata di Sebenico con un carico di derrate alimentari.
Durante la traversata, alcuni ufficiali dell’intendenza militare di Ancona, che
si erano imbarcati con falsi documenti, con le armi in pugno costrinsero il
comandante dell’imbarcazione a dirigersi verso il porto di Fiume. Nonostante
avesse le armi puntate addosso, il Carabiniere Burocchi ordinò al suo collega
di non consegnare il moschetto ed eroicamente volle rimanere al suo posto.
Il 3
ottobre 1919 il piroscafo Presidente Beker arrivò a Fiume, due Arditi del 22°
Reparto d’Assalto salirono a bordo con l’intento di costringere i due
Carabineri Reali a non intralciare le operazioni di scarico della merce.
Dopo
una colluttazione, furono sparati alcuni proiettili che colpirono al petto il
fedele servitore del Re che ligio al suo dovere non intendeva disobbedire agli
ordini. Al petto fu colpito a morte il Carabiniere Giovanni Burocchi.
Il Re
Vittorio Emanuele III, venuto a conoscenza dell’ eroica morte del suo fedele
Carabiniere Reale, volle conferirgli motu proprio la Medaglia d’Oro al Valor
Militare alla Memoria:
“Fulgido esempio di incomparabile fermezza e del più
elevato sentimento del dovere, di scorta con un solo compagno ad una nave
mercantile che in seguito ad audace colpo di mano era stata costretta a cambiar
rotta replicatamente fatto segno, quale capo servizio, ad intimazioni e minacce
anche armata mano, con contegno calmo deciso ed eroico si dichiarò disposto ad
affrontare, come affrontò di fatti, anche la morte piuttosto che venir meno
alla ricevuta consegna”.
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