NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

giovedì 3 ottobre 2019

Giovanni Burocchi, l’eroico Carabiniere Reale che morì obbedendo agli ordini


di Emilio Del Bel Belluz.

Un tempo a Villanova di Motta, in provincia di Treviso, dove abitavo, avevo conosciuto il Signor Antonio, una persona molto distinta che aveva indossato con orgoglio la divisa di carabiniere reale e mi parlava spesso della sua vita militare. Questo avveniva nella vecchia osteria di mio padre, dove ogni tanto mi trovavo a far compagnia al genitore. L’uomo aveva simpatia per me e i suoi racconti mi affascinavano. 
Leggevo nei suoi occhi una commozione vera, specialmente quando mi parlava del Re che aveva conosciuto, Vittorio Emanuele III, il Re soldato. I suoi racconti mi sono tornati in mente in questi giorni perché ho trovato alcune righe che mi aveva trascritto su un foglio dedicate all’Arma dei Carabinieri. 
“ Valore e disciplina”, “Disciplina e Dovere”, “ Usi ad obbedir tacendo e tacendo morir ”: questo è lo spirito dei Carabinieri. Antonio per farmi comprendere questo, mi raccontò la storia eroica di un Regio Carabiniere: Giovanni Burocchi, che si era immolato alla patria, rimanendo fedele al suo giuramento al Re. Aveva combattuto nella Grande Guerra e dopo aver compiuto il suo dovere di soldato, era ritornato a casa sano e salvo. 
Era nato nel 1881 da una famiglia di contadini marchigiani, originario di Penna San Giovanni in provincia di Macerata. Si arruolò nei Carabinieri Regi nel 1901, destinato alla Legione di Ancona. Giovanni si distinse negli anni meritandosi il rispetto dei suoi superiori. L’amore per la Patria era dentro di lui ben radicato. 
In questi giorni si è ricordata la presa di Fiume da parte di Gabriele D’Annunzio, si è scritto molto, e anche molto si è polemizzato. Quest’anno, Trieste ha onorato Gabriele D’Annunzio con un monumento. Il 1° ottobre del 1919 il carabiniere Reale, della Legione Ancona, Giovanni Burrrocchi e il Carabinere Altobordo De Luca ricevettero l’incarico dal comando di scortare il mercantile Presidente Becker che era diretto nella città croata di Sebenico con un carico di derrate alimentari. 
Durante la traversata, alcuni ufficiali dell’intendenza militare di Ancona, che si erano imbarcati con falsi documenti, con le armi in pugno costrinsero il comandante dell’imbarcazione a dirigersi verso il porto di Fiume. Nonostante avesse le armi puntate addosso, il Carabiniere Burocchi ordinò al suo collega di non consegnare il moschetto ed eroicamente volle rimanere al suo posto. 
Il 3 ottobre 1919 il piroscafo Presidente Beker arrivò a Fiume, due Arditi del 22° Reparto d’Assalto salirono a bordo con l’intento di costringere i due Carabineri Reali a non intralciare le operazioni di scarico della merce. 
Dopo una colluttazione, furono sparati alcuni proiettili che colpirono al petto il fedele servitore del Re che ligio al suo dovere non intendeva disobbedire agli ordini. Al petto fu colpito a morte il Carabiniere Giovanni Burocchi. 

Il Re Vittorio Emanuele III, venuto a conoscenza dell’ eroica morte del suo fedele Carabiniere Reale, volle conferirgli motu proprio la Medaglia d’Oro al Valor Militare alla Memoria: 

“Fulgido esempio di incomparabile fermezza e del più elevato sentimento del dovere, di scorta con un solo compagno ad una nave mercantile che in seguito ad audace colpo di mano era stata costretta a cambiar rotta replicatamente fatto segno, quale capo servizio, ad intimazioni e minacce anche armata mano, con contegno calmo deciso ed eroico si dichiarò disposto ad affrontare, come affrontò di fatti, anche la morte piuttosto che venir meno alla ricevuta consegna”.

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