LA FIEREZZA DI
UNA IDEALE IMPOSTAZIONE DEMOCRATICA
Eppure la
profonda malinconia di questo excursus nella ritenuta Costituzione della
Repubblica – della quale ostentano di essere i difensori coloro che certamente
ignorano gli articoli 40 (sia pure estremamente generico), 41 esplicito nella linea,
distruggibile nel generico che lo segue, 42 ut supra (e le esperienze in atto
consacrano la realtà che si tratta di "parole" in libertà) - consente
al Partito Nazionale Monarchico la fierezza di una ideale impostazione, esaltatrice
del metodo democratico sino alla attuazione del referendum del Popolo italiano
a suffragio universale diretto e segreto sul tutto della Costituzione.
Come scrivevo
all'inizio di queste pagine la impostazione del P.N.M. - come consacrata dal II
Congresso - non si riferisce alla tesi del referendum sull'art. 139, il quale
recita: «La forma repubblicana non può essere oggetto di revisione
costituzionale». Non si rinuncia certo a denunciare l'assurdo di una
disposizione siffatta che pretenderebbe in regime democratico - da parte di una
Repubblica nata da un referendum, ad opera di una Costituente - di negare
quello che essa ha, in Italia, voluto, determinato, introdotto.
Ma mentre, in
relazione anche alla discussione seguita alla Costituente su detto articolo,
molto si potrebbe osservare, richiamandosi agli interventi soprattutto degli
on.li Codacci Pisanelli e Condorelli, la tesi del Partito Nazionale Monarchico
trova proprio nell'on. Gronchi l'attuale Presidente della Repubblica - la sua
perfetta giustificazione.
L'on. Gronchi, a nome del
Gruppo democristiano, in sede di votazione dichiarò di essere favorevole alla
norma perché la questione del regime repubblicano e stata decisa da una
consultazione popolare traverso il referendum ed è, quindi, «evidente che, data
l'origine attraverso la quale l'attuale forma dello Stato è nata e va
consolidandosi, essa non potrebbe essere modificata che da una consultazione
diretta fatta nella stessa forma attraverso la quale essa è sorta».
UN PRECEDENTE INDICATIVO
Così, proprio così.
Non sarà male a questo
proposito richiamare le oneste preoccupazioni che insorsero in molti spiriti
liberi e democratici. Fu in allora sottoposto ai soci e non soci del «Controllo
Democratico» - una nobile, coraggiosa associazione della quale fecero parte, in
tempi oscuri, limpide coscienze - un questionario. Tre erano i quesiti
proposti: il primo diretto a stabilire se la nuova Costituzione dovesse essere
sottoposta a referendum; il secondo a precisare se tale referendum dovesse
essere integrale o parziale; il terzo, infine, ad indicare quali articoli o
titoli dovessero essere sottoposti al corpo elettorale.
A riassumere i risultati
della consultazione sta la relazione jarach - un libero spirito democratico,
avvocato e giurista - il quale diede atto che circa l'85% delle risposte al
primo quesito furono affermative, aggiungendo che la grande maggioranza di
coloro che risposero affermativamente al primo quesito si dimostrarono anche
favorevoli alla integrale sottoposizione della Costituzione a referendum.
Ma ciò che apparve
particolarmente significativo fu che nessuno (dicesi nessuno, anche di quelli
che pur si espressero contro il nuovo referendum) ebbe ad eccepirne la
illegittimità! Ettore Janni - del quale nessuno oserebbe negare il coraggio e
la linearità liberale e democratica (egli fu il Direttore del «Corriere della
Sera» designato dopo il 25 luglio 1943) ebbe a rispondere cosi: « La
Costituzione deve essere sottoposta a referendum integralmente per la
difficoltà di annoverare e far chiare alla mentalità degli elettori le
questioni più dibattute. Quando si volesse specificare: principali questioni, i
patti lateranensi, i limiti della libertà di stampa: principalissima che
consiglierebbe da sola il ricorso al referendum la questione delle autonomie
regionali ».
Rispondeva allora il
Senatore Mario Abbiate - altra luce di fierezza civile e di intemeratezza
democratica -: « Ritengo che il referendum debba valere anche come ratifica
della seconda proroga della Costituente oltre il termine di diritto ».
Eucardio Momigliano si
dichiarò favorevole al referendum integrale «anche perché la proroga della
Costituente è contraria al precedente referendum».
Federico Sorbaro, Segretario
della Associazione, così si esprimeva: «Ritengo doverosa una nuova consultazione
del corpo elettorale per un elementare rispetto verso ciò che in Democrazia
chiamiamo sovranità popolare. Innanzitutto perché la votazione del 2 giugno
1946 si espresse su una alternativa della forma istituzionale senza però che al
corpo elettorale fosse stato in precedenza presentato un embrione di Statuto
nazionale sul quale far cadere o meno i suoi suffragi Secondo perché la
legittimità dell'autoproroga della Costituente dovrebbe essere rimessa alla
interpretazione della sovranità popolare se non si vorrà che, restando il
dubbio su tale legittimità, permanga nello spirito pubblico un senso di
delusione e di sfiducia che andrebbe ad indebolire il prestigio che il nuovo
statuto dovrebbe avere per sua natura per non apparire ai cittadini uno
strumento di arbitrio sorto da una Costituente che aveva alterato i limiti
della sua esistenza e messo mano ad un potere nato a sua volta con un difetto
di origine».
Mons. Carlo Castiglioni,
dottore dell'Ambrosiana, pure affermando che «la forma istituzionale dello
Stato fu già definita dal plebiscito e ritornarvi sopra equivarrebbe a
svalutare lo stesso istituto democratico del plebiscito» scrisse, peraltro,
queste gravi parole: «Ritengo poi che l'Assemblea Costituente e il Governo dal
giorno che col sotterfugio di una votazione segreta si sono autoprorogati, sono
due organi che funzionano illegalmente. Siamo, dunque, usciti dalla democrazia
per entrare nel demagogismo».
Questi richiami di uomini
politici e studiosi - ben al di sopra della mischia - hanno un profondo
significato di monito - anzi di invocazione - e la loro attualità è
impressionantemente manifesta.
Si può, anzi, aggiungere che
la impostazione democratica di allora è divenuta ancor maggiore necessità
democratica.
Dal forcipe del 2 giugno,
traverso la balia dallo scarso latte della Democrazia Cristiana, alle
consultazioni coi pediatri di estrema sinistra, si è passati all'inerzia nella
educazione, anzi nel contrasto tra i maestri, i quali, disputando ed
aggredendosi tra loro, hanno dimenticato i... corsi. Soltanto, a corso parecchi
anni ripetuto, è stata promossa la Corte Costituzionale. Nessun altro Istituto
se si eccettua lo strano organismo corporativo para-legislativo del Consiglio
Superiore della Economia, dove non assisteremo che a dispute babeliche - è
stato costituito. E incombe lo spettro delle Regioni, ombra vana fuor che
nell'aspetto.
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