LA CRISI COSTITUZIONALE IN ATTO
Incredibile
ma vero. Gli improvvisi zelatori delle più inverosimili confusioni - attraverso
i loro tentativi accompagnati dal dimenare tristissimo delle teste - e profeti
di sciagure nei fatti di cronaca distraggono il Partito Nazionale Monarchico
dal grande compito che gli è affidato e che mai come in questo momento potrebbe
assolvere. (E assolverà).
E'
proprio la situazione politico-costituzionale attuale che richiama l'attenzione
di tutti i galantuomini del pensiero e anima le speranze di quanti sono in
Italia sinceramente monarchici.
In Italia la crisi
costituzionale è in atto. Non tanto la crisi costituzionale per la
restaurazione monarchica, quanto per la legittimazione costituzionale
repubblicana.
Basterebbe, per consentire a ciò - o con furore sino alla
disperazione o con sottile soddisfazione per la speranza sfogliare la
Costituzione: non fogli, volume.
Ma prima di sfogliarla assieme sarà bene ricordare l'atto di accusa contro la Monarchia - recte contro Vittorio Emanuele III: dal 28 ottobre 1922 sino a data non precisata - sino a date che gli uguali per il sacrificio della Monarchia, assai piú che di un Re, oppostamente interpretano: gli uni ignorandole, gli altri aggredendole; perché anche questo di singolare si verificò in Italia: che si sommarono contro la Monarchia gli argomenti della radio della Repubblica sociale italiana con quelli dei Comitati di Liberazione: beffe della storia!
Ma prima di sfogliarla assieme sarà bene ricordare l'atto di accusa contro la Monarchia - recte contro Vittorio Emanuele III: dal 28 ottobre 1922 sino a data non precisata - sino a date che gli uguali per il sacrificio della Monarchia, assai piú che di un Re, oppostamente interpretano: gli uni ignorandole, gli altri aggredendole; perché anche questo di singolare si verificò in Italia: che si sommarono contro la Monarchia gli argomenti della radio della Repubblica sociale italiana con quelli dei Comitati di Liberazione: beffe della storia!
E' bene
tener presente l'argomento dello Statuto tradito alla data della sua mancata
difesa, cosi come sarà bene riferirsi alla natura dell'Istituto Monarchico e
alla elargizione dello Statuto, divenuto poi impegno da Re a popolo.
Perché la
crisi costituzionale attuale si riferisce proprio anche a due dati temporali: a
quello donde dalla Costituente si determinò la Costituzione; a quello della
Costituzione che non ha dato... se stessa.
IL PECCATO DI ORIGINE
Coloro i quali sottovalutano l'impegno luogotenenziale al referendum che avrebbe dovuto seguire a suffragio universale diretto nel territorio nazionale hanno osservato che se anche non ci fu il suffragio universale mancando la definizione del territorio nazionale e, quindi, del corpo elettorale, la eccezione non venne tempestivamente sollevata. Ma se anche fosse possibile - e soprattutto giusto - dimenticare che nel proclama di Re Umberto del 31 maggio 1946 si leggeva: « Italiani, vi dico solennemente che, in caso di riaffermazione dell'Istituto Monarchico accetterò le responsabilità che ho assunte secondo la legge all'atto della successione, ma per quanto mi riguarda e mi compete, mi impegno ad ammettere che appena la Costituente avrà assolto il suo compito possa essere ancora una volta sottoposta agli Italiani nella forma che la rappresentanza popolare volesse proporre la domanda cui siete chiamati a rispondere il 2 giugno »; se anche fosse possibile dimenticare che nello stesso proclama Re Umberto aggiungeva: « Allora molte passioni si saranno placate; molti che oggi sono perplessi avranno avuto il tempo per fare una scelta ponderata. Allora potranno partecipare alla consultazione - come ognuno di noi fervidamente desidera - tutti i cittadini italiani, anche quelli dei territori di frontiera, oggi esclusi dal diritto di voto, anche i prigionieri' di guerra che ancora attendono di ritornare alla loro casa »; se tutto potesse andare dimenticato intorno al referendum a quella data, non potrà dimenticarsi quanto è avvenuto alle date successive: quella che doveva essere la data della Costituzione riferita alla Costituente e quella che fu la data della Costituzione.
Si potrà
dissimulare cosi come si è dissimulato ed oramai si osserva il distaccato
silenzio - il fatto che è all'origine - e fu impegno - della Costituente.
Disponeva, infatti, l'art. 4 del D.L.L. 16 marzo 1946 che «l'Assemblea
Costituente terrà la sua prima riunione in Roma nel palazzo di Montecitorio il
ventiduesimo giorno successivo a quello in cui si saranno svolte le elezioni»;
il che, di fatto seguì con cronometrica puntualità; ma l'art. 4 dello stesso
Decreto disponeva: «L'Assemblea è sciolta di diritto il giorno dell'entrata in
vigore della nuova Costituzione e comunque non oltre l'ottavo mese dalla sua
prima riunione. Essa può prorogare questo termine per non più di quattro mesi
».
L'art. 4 è stato osservato sul punto della convocazione
dell'Assemblea Costituente ed è stato osservato con squisita esattezza con le
conseguenze beffarde per la Venezia Giulia e per la provincia di Bolzano, pure
il D. luogotenenziale 16 marzo 1946 n. 99 disponendo: « I comizi elettorali
sono convocati per il 2 giugno 1946 per deliberare mediante referendum sulla
forma istituzionale dello Stato e per eleggere i deputati alla Assemblea
Costituente. E' fatta eccezione per il Collegio elettorale della Venezia Giulia
e della Provincia di Bolzano per i quali la convocazione dei comizi elettorali
sarà disposta con successivi provvedimenti». La disposizione è divenuta puzzle
nel senso della sua inapplicabilità e per il fatto della sua mancata applicazione; ma pure l'impegno era
chiaro. Non è che la disposizione su riferita riguardante i comizi elettorali,
da convocarsi successivamente, non si riferisse al referendum sulla forma
istituzionale dello Stato ma soltanto alle elezioni (quali? quelle alla
Costituente... già funzionante il ventiduesimo giorno successivo al 2 giugno?):
infatti regge il tutto la espressione: « I comizi elettorali sono convocati...
per deliberare mediante referendum sulla forma istituzionale dello Stato e per
eleggere i deputati alla Assemblea Costituente »; né la eccezione riferita al
Collegio elettorale della Venezia Giulia e della provincia di Bolzano è in
alcun modo limitativa.
Ma assai piú grave è la inosservanza della disposizione
dell'art. 4 che disponeva sciolta di diritto la Costituente ove non avesse data
la Costituzione entro l'anno dalla prima convocazione: dal 25 giugno 1946.
Viceversa la Costituzione fu approvata con votazione complessiva e finale nella
seduta pomeridiana del 22 dicembre, fu promulgata il 27 dicembre e, per la
XVIII disposizione finale, entrò in vigore il 1 gennaio 1948! In ritardo,
quindi, sul termine ultimo fissato alla validità della Costituente di sei mesi!
Col
calendario le sofisticazioni non sono facili: ci furono alti scrupoli
costituzionali (cosi si è affermato) in Taluno che, per essi - se veramente ci
furono - merita alto rispetto. Molti non ebbero scrupoli, anzi moltissimi.
Moltissimi, anzi, dei censori dello Statuto... violato risero (e ridono con
smorfie) su di una Costituzione morta nel ventre di una Costituente sciolta di
diritto. A votarla furono in 463; i contrari furono 62. Non ritorna la
proporzione tra il 52% che si calcolò per la Repubblica e il 48% che si
attribui alla Monarchia e anche questo pesa e peserà a dimostrazione che
abbinato il referendum all'elezione dei Costituenti si realizzò il miracolo o
l'inganno - di votanti per la Monarchia che eleggevano Repubblicani. E in
questa operazione grandeggiò la Democrazia Cristiana i cui elettori monarchici
vennero lasciati... liberi di votare per la Monarchia pure essendosi
preventivamente disposto lo Stato Maggiore e la palude repubblicani.
Non pensi
alcuno che tanta esattezza di amari rilievi, amarissimi soprattutto per quelli
che vorrebbero serena e sicura la nascita della Repubblica e della Costituzione
(che gli altri, tra i quali noi siamo, possono anche sorriderne sia pure
amaramente) nessuno pensi che tanta esattezza di rilievi sia soltanto
rimpianto. Da tanta esattezza di rilievi discendono, infatti, una dimostrazione
e un dovere. La dimostrazione può essere non gradita, ma il dovere deve
osserv'arsi anche quando non gradito.
Quale la
dimostrazione?
La
dimostrazione si riferisce al coacervo e al vuoto parallelo delle norme
costituzionali, delle quali si può dire che sono troppe e troppo poche,
comunque tutte confuse e, quasi tutte, indeterminate.
Prima: un
rilievo che può sembrare polemico mentre è di sostanza e di fondo.
A differenza dello Statuto Albertino che era, come si è scritto, una costituzione "ottriata" (dal francese "octroyer") cioè concessa al popolo dal Monarca, l'attuale Costituzione è "votata", approvata cioè dal Popolo.
Si è
anche detto - e giustamente - che proprio per la differente natura dello
Statuto - concessione e della Costituzione - votazione, la Costituzione
repubblicana deve considerarsi rigida.
Ma qui si avverte la prima evasione. La rigidità - dagli ex-poeti, ora prosatori della Costituzione, già in condizione di dover essere « modificata » viene considerata nel suo divenire, ed appunto per questo si afferma che essa è rigida in quanto non può essere modificata se non con leggi costituzionali, « le quali debbono essere approvate con una speciale procedura e con una determinata maggioranza in seno al Parlamento ».
Ma è
evidente - almeno si pensava evidente che la Costituzione rigida, proprio perché
sottoposta a rigide norme per la sua modificazione, doveva essere rigidamente
determinata!
Ed è proprio sotto questo profilo che la Costituzione non può non apparire quella che è: estremamente labile, confusa, alla quale si potrebbero attribuire due motti: « pericolo! svolta pericolosa! » e « vedi mano! ».
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