NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

domenica 5 marzo 2023

Capitolo XXXIV: Il fiume

di Emilio Del Bel Belluz

Avevo messo da parte qualche soldo perché negli ultimi tempi la pesca era stata abbondante e, allo stesso tempo, ero stato incaricato di restaurare una porta e venni ricompensato con un bel gruzzolo di denaro.  Ludovico aveva finalmente deciso di lavorare in maniera seria e continuativa con me. Ebbi l’impressione che stesse un po’ meglio, più sollevato e più curato del solito. Genoveffa gli aveva cucito una camicia ed un paio di pantaloni, un dono che Ludovico aveva molto gradito e non sapeva come sdebitarsi. Elena da alcune settimane si era messa a riposo come le aveva consigliato il medico: la gravidanza presentava qualche problema. Questo le aveva procurato un grosso dispiacere e il lavoro a maglia la distraeva e la allontanava dai cupi pensieri.  


Genoveffa aveva preso il comando della casa, si sentiva felice di farlo, e  le energie non le mancavano. Era sempre stata una donna abituata a lavorare sodo e, nello stesso tempo, era molto sensibile , per cui era molto vicina ad Elena con parole di conforto e di coraggio, come se fosse una figlia.  Anche noi le volevamo bene, a tal punto che avremmo voluto che vivesse cent’anni, pure, i bambini l’amavano, anche se qualche volta era costretta a punirli. Un giorno Genoveffa  mi parlò di Ludovico, e della sua esigenza di non pensare più al passato, di non rimuginare su quello che gli era accaduto, ma di proiettarsi verso un futuro che prevedeva senz’altro la figura di una donna.  Genoveffa  si era accorta che una ragazza del paese l’aveva adocchiato con interesse ed erano pure riusciti a scambiarsi qualche parola, ma senza dichiarare il suo interesse che provava per lui. La ragazza che si chiamava  Serena, un pomeriggio, incontrò Genoveffa e le disse che voleva conoscerlo meglio. 

Quel giovane le faceva battere forte il cuore. Genoveffa aveva pensato di farli incontrare con uno stratagemma. Serena aveva promesso che sarebbe venuta a trovarci giovedì prossimo, verso sera,e Genoveffa pensò, pertanto, d’invitare anche Ludovico, anche se continuava a non avere molta autostima e a non considerarsi interessante per una donna, a causa della sua menomazione fisica. Serena  proveniva da una famiglia molto legata al fascismo, suo padre aveva partecipato alla marcia su Roma, e ne era fiero. Gli era stata conferita una medaglia al valore per un’azione eroica durante la Grande Guerra.  In casa aveva  una foto del poeta Gabriele d’Annunzio, che aveva conosciuto durante il periodo  in cui era stato a Fiume.  La vita militare del padre aveva assorbito molti anni, nei quali il suo entusiasmo non era mai venuto meno. Quando arrivò il giorno prefissato la ragazza era arrivata molto puntuale, si era messa a conversare con Geoveffa e con Elena. 

Nella stanza i bambini facevano un gran chiasso, che alla fine era utile pure quello. Mentre parlavano, arrivai con Ludovico, come spesso facevamo dopo la pesca. Lo invitai a restare a cena con noi. Ludovico aveva subito notato Serena, e la guardò a lungo intensamente. Non fu difficile convincerlo a fermarsi a cena. L’incontro combinato incominciò subito a dare i suoi frutti. I due giovani si parlarono e la conversazione si animò. 

Mentre si degustava l’ottima cena preparata da Genoveffa, si conversò di molti argomenti, nonché della dura esperienza della guerra. Ludovico , però, non volle approfondire il suo vissuto bellico. Serena lo guardava spesso e essendogli vicina la loro conversazione non era mai venuta meno. Genoveffa e Elena vollero brindare al futuro. Quando ebbero finito di mangiare si era fatto davvero tardi e Ludovico chiese a Serena se voleva che la accompagnasse a casa. Costei  aveva sperato enormemente che ciò accadesse: avrebbero potuto parlare di molte cose, finalmente, da soli. Quando se ne furono andati, tutti speravamo che continuassero a frequentarsi. Elena nel frattempo aveva messo a letto i bambini. Prima di andare a dormire, volli uscire a vedere il fiume, avevo bisogno di sentire il suo profumo, e osservare la luna che si specchiava sulle sue acque. 

Da lontano vidi una luce che illuminava una casa lungo il fiume, una famiglia viveva la sua storia come la nostra, tra felicità e dolore. La vita era un susseguirsi di tanti episodi, ai quali spesso non si poteva dare una spiegazione: solo il buon Dio sapeva tutto. La luna mi accompagnò verso il sonno, ero stanco ma felice. Quando mi addormentai, chiesi a Dio di aiutare il mio amico affinché trovasse la quiete di cui aveva bisogno come ogni essere umano. Alla mattina fui il primo ad alzarmi, e dopo aver fatto una semplice colazione mi avviai al fiume, dove trovai il mio amico che aveva preparato le reti, e tutto quello che serviva per la pesca. Il suo volto sprizzava di felicità e mi disse che aveva passato la notte insonne in barca, avvolto in una coperta,  perché tale era stata la sua gioia nell’aver conosciuto Serena e nell’averla abbracciata teneramente davanti all’uscio della sua casa, che gli era stato impossibile addormentarsi.   

Ludovico trascorse la notte ad osservare  le stelle che gli erano amiche, come le ammirò  quando era stato in Spagna a combattere. Lo invitai a riprendersi da questo momento incantato perché dovevamo andare a pesca. La paura che mi accompagnò per alcuni giorni che potesse essere morto, quando non mi venne ad aprire la porta della sua casa, era scomparsa. Finalmente una persona lo aveva coinvolto emotivamente e ciò faceva ben sperare. Passammo la mattina a pesca che fu stranamente molto abbondante. Avevamo preso uno storione di diversi chili che ci aveva rovinato la rete, ma con la sua vendita ci avrebbe assicurato un guadagno insperato. 

Lo storione era un pesce raro da prendere,  ma questa volta la fortuna aveva baciato proprio noi. Dopo esserci seduti vicino ad una casa lungo il fiume, abitata da contadini, consumammo il pasto, costituito dagli avanzi della sera precedente. Quel giorno mangiammo quello che Genoveffa ci aveva preparato: erano gli avanzi della sera prima. Il padrone di casa venne verso di noi e ci invitò a prendere del caffè, e sorpreso della grandezza della preda che  avevamo catturato, chiamò suo figlio.  Il ragazzo, che non aveva più di dieci anni, rimase incredulo, per cui lo toccò con le mani e disse che avrebbe raccontato il tutto, l’indomani a scuola.


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