NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

domenica 22 gennaio 2023

Capitolo XXXI: Il crocefisso dei Carlisti

 


 di Emilio Del Bel Belluz

 

Passarono le settimane e la primavera era arrivata. Il risveglio della natura era un miracolo che puntualmente si presentava ogni anno, grazie al buon Dio. Mi era accorto che sui rami degli alberi stavano spuntando le gemme, e l’erba verdeggiante era punteggiata da timide pratoline. Il viso era accarezzato da un’aria frizzante che mi invogliava a fare di più. L’acqua era diventata più limpida e trasparente. Da una settimana non pioveva e non avevo visto i soliti pezzi di tronco che la corrente trasportava a valle. Questo era un buon segno, infatti, spesso avevo rovinato la barca con un tronco spezzato. La corrente in certi punti del Livenza è particolarmente veloce. Quella mattina mi ero alzato fischiettando e continuai anche dopo essere salito in barca. Avevo in cuore una grande felicità che non potevo dire ancora ad alcuno. Elena gli aveva detto sorridendo che stava aspettando una nuova creatura. Dopo questo annuncio e ricolmo di gioia, l’abbracciai fortemente. Desiderammo entrambi un altro figlio e il buon Dio ci aveva ascoltato. La famiglia si allargava, e bisognava aggiungere un nuovo posto a tavola. Elena dal canto suo aveva sperato tanto nel miracolo della nascita di una nuova creatura. Quando lo aveva confidato al marito, aveva sentito una gioia grande come la prima volta in cui era nato un figlio. Aveva un grande istinto materno che la portava ad amare tutti i bambini e si sentiva realizzata nell’essere madre. Mentre calavo le reti, mi sentivo euforico come se avessi sorseggiato del vino. Quel giorno decisi che avrei finito prima il lavoro per tornare a casa, volevo ancora una volta abbracciare mia moglie. Volli andare alla bottega per comprare qualcosa da donare alla cara Elena. Non disponevo di molto denaro, ma nel caso avrei chiesto al padrone di accendere un debito, una pazzia la si poteva fare, si dice, una volta all’anno. Quando entrai nella bottega c’erano alcune donne che salutarono allegramente, stavamo misurando una stoffa dal colore cangiante che era appena arrivata dalla città. Aspettai che le donne se ne andassero e acquistai della stoffa per un vestito. I soldi mi bastarono anche per bere un goccetto di prugna, con della grappa. La testa poco dopo mi girava leggermente perché non avevo mangiato nulla da ore. Alla fine non mi importava nulla, ero solo a poca strada dalla mia casa. Quel giorno la tavola era tutta apparecchiata, i bambini stavano già mangiando. Il pacchetto che avevo sottobraccio fu subito notato da Elena che comprese che qualcosa di bello doveva contenere. Vittorio non riuscì a non dire nulla come aveva promesso, e quando i bambini seppero dell’arrivo del nuovo fratellino si misero a battere le mani. La bambina più piccola disse che ormai la cicogna conosceva la strada e non aveva nessun motivo di sbagliare. Alla sua battuta tutti si misero a ridere. Ed aggiunse che la cicogna avrebbe potuto portare due bambini così la famiglia sarebbe arrivata a nove. Risposi che in quel caso il grande volatile avrebbe fatto del lavoro straordinario. Il pranzo fu allietato da una decisione, il materiale per il vestito di Elena sarebbe stato utilizzato per fare due vestitini per i figli, se avessero fatto i bravi nelle prossime settimane. La più piccola disse che aveva letto una storia che narrava di una vecchia cicogna che non potendo più portare dei bambini si era fermata in una casa che conosceva per rimanere fino al momento in cui il cielo l’avrebbe presa. Nei giorni che seguirono in casa continuava ad esserci un clima natalizio, perché il presepe non era stato rimosso dalla stanza; si decise che sarebbe stato in quel cantuccio fino alla nascita del bambino. Questa notizia venne accolta da tutti con molto entusiasmo, soprattutto dai bambini che lo volevano tenere a lungo. La Natività era il simbolo della famiglia con la F maiuscola in cui regnava l’amore reciproco. La bambina più piccola disse che si sarebbe dovuto acquistare un nuovo Bambinello che doveva rappresentare il fratellino in arrivo. La mattina dopo tornai al lavoro e mentre stavo liberando la barca dalla catena, vidi una persona che si stava avvicinando. Costui zoppicava vistosamente e si sorreggeva su un bastone di legno. Quando mi raggiunse lo riconobbi, era stato un mio compagno di scuola. Da anni non ci vedevamo e iniziai a parlare con lui. Ludovico era sempre stato un creativo, allergico alle costrizioni. Non s’era sposato e visse a lungo con la madre, finché quella non morì. Ludovico mi chiese se poteva accompagnarmi a pescare qualche volta. Acconsentii con piacere perché due braccia in più mi potevano tornare utili. Ludovico ebbe bisogno d’aiuto per salire in barca. Le dolci acque del Livenza li accompagnarono, e Ludovico si mise a raccontare che era appena tornato dalla Guerra di Spagna dove aveva combattuto alcuni mesi. Si era deciso di arruolarsi perché aveva letto che cercavano dei volontari disposti ad andare in Spagna a combattere il comunismo. Le cose si stavano mettendo male per i seguaci di Franco. I rossi avevano messo in atto delle cose terribili, avevano ammazzato migliaia di persone, tra cui molti religiosi e distrutto le loro chiese. In quel Paese stava accadendo quello che era successo in Russia con la rivoluzione d’ottobre che portò alla nascita del comunismo. Ludovico disse che aveva sentito il dovere d’ andare ad aiutare i nazionalisti. Era giunto in Spagna da solo, in modo rocambolesco e lì chiese di entrare a far parte dell’esercito Carlista. Non conoscevo cosa fosse il Carlismo e Ludovico mi spiegò che i Carlisti erano quasi tutti cattolici che combattevano nel nome di Dio e del Re. Era stata una foto apparsa su un giornale che lo aveva fatto fare questa scelta: raffigurava un soldato carlista che avanzava davanti alle truppe, portando un Crocefisso. Per mesi e mesi si prodigò a sconfiggere i rossi e venne ferito in modo serio ad una gamba. I suoi camerati lo portarono in un vecchio convento saccheggiato e distrutto prima dai rossi. Vi erano alcune parti rimaste in piedi in modo miracoloso e lì fu curato da alcune suore. Per delle settimane rimase in quel luogo, dove un sacerdote veniva ogni sera a pregare con i soldati feriti. In quel ricovero benedetto da Dio ritrovò la forza di rimettersi in piedi. La sua vita sarebbe stata insostenibile se non gli avessero insegnato ad accettare quello che gli era capitato. Le cure amorevoli che quelle suore gli avevano prestato lo convinsero che doveva reagire, che la vita valeva la pena d’essere vissuta, anche se doveva convivere una grande menomazione. Il suo comandante carlista gli volle conferire un’ onorificenza che orgogliosamente mostrò a Vittorio. Mentre la barca solcava il fiume, il soldato carlista chiese se poteva avere un po’ di pesce da consumare nei giorni successivi. Molto volentieri divisi parte del pescato con Ludovico, dato che la pesca di quel giorno era stata molto fortunata. Inoltre, lo invitai a restare a cena da me. Elena, una persona molto generosa e sensibile, sarebbe stata contenta di ospitarlo per mangiare in loro compagnia con la speranza di farlo sentire meno solo. 

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