NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

mercoledì 4 gennaio 2023

Giovannino Guareschi dal cuore buono

di Emilio Del Bel Belluz 

In molti momenti della mia vita, specialmente in quelli attuali, mi capita sovente di pensare ad uno degli scrittori più grandi che la letteratura abbia mai avuto: Giovannino Guareschi. 
Quando si ricorda un figura come la sua si va immediatamente con il pensiero ai suoi scritti, e a quello che hanno trasmesso ai suoi lettori.  Quando uno scrittore piace lo si legge, soprattutto quando si è in difficoltà con la vita: è come assumere una medicina quando si è ammalati. 
La medicina che Guareschi ha creato è quella di vedere la dolcezza anche nella vita più aspra, di apprezzare i veri valori, i sentimenti, e la gioia nelle piccole cose  che sembrano oggi essere scomparsi per sempre.  Era molto legato al fiume, alla chiesa del paese, al parroco che era visto come una figura davvero molto importante ed essenziale. Ciò che ci commuove é il mondo in cui vivevano Don Camillo e il sindaco comunista Peppone, all’apparenza antagonisti, ma nell’intimo uniti da una grande fratellanza. Il loro mondo  era definito dallo scrittore come una piccola storia portata dal grande fiume Po. 
Tante volte mi è capitato di pensare alla lealtà che Giovannino dimostrò verso il suo Re Umberto II, una lealtà che mantenne per tutta la vita. In questi tempi è difficile solo pensarla. Il grande Giovannino aveva nel suo Re un lettore che trovava serenità, un balsamo per curare la nostalgia e la tristezza dell’esilio, nelle sue pagine.  
Non furono molti gli scrittori che dopo l’esilio del Re gli furono vicini. La fedeltà è un valore che sembra appartenere ai vecchi tempi, e Giovannino Guareschi che amava il suo Re fu una eccezione.  Alla morte dello scrittore il Re non poté essere presente ai suoi funerali perché si trovava in esilio, ma quella bandiera messa sulla sua bara che si avviava al cimitero aveva lo stemma Sabaudo. 
Anche la maestra Cristina, sempre fedele al suo Re, ricordata in suo libro, volle essere sepolta con la bandiera Sabauda. Difficile dire quanta gratitudine dovremmo riconoscere a questo scrittore che, ancora una volta tra le sue pagine , ci svela i segreti per vivere una vita più serena. 
Quanto sarebbe stata utile in questo tempo di guerra la sua penna che si sarebbe impegnata per far capire agli uomini la parola pace. La parola di un uomo che poteva darci testimonianza dell’assurdità e della nefandezza della guerra avendo vissuto in prima persona sia il periodo bellico che la prigionia in un campo di concentramento tedesco.

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