di Domenico Giglio
Credo che questo titolo
corrisponda ad un possibile dialogo con uno studente liceale o universitario, o
con una persona di media età, magari anche laureato. Eppure questa è la triste
realtà in cui versa la storia e gli uomini del Risorgimento, oggetto di oblio o
di contestazione e rimozione. Ora queste “Ricordanze della mia vita”
appartengono ad un letterato e patriota napoletano, Luigi Settembrini, (1813-1876)che
per le sue idee liberali e costituzionali fu più volte imprigionato dal governo
borbonico e, dopo una condanna a morte, tramutata in ergastolo, passò ben otto
anni, dal 1851 al 1859, nel carcere dell’isoletta di Santo Stefano, a poche
miglia da Ventotene, insieme con centinaia di altri ergastolani, delinquenti comuni
e banditi, cioè i briganti che già esistevano ed operavano da decenni del Regno
delle Due Sicilie, sui quali il Settembrini, contrario per principio alla pena del
carcere a vita, svolge un’indagine statistica sociologica che, da sola, già dovrebbe
indurre alla lettura di questa opera, che avrebbe meritato e meriterebbe fortuna
eguale a quella delle “Mie prigioni” di Silvio Pellico. E pensare che negli
anni ’20 del 1900 la sua lettura era consigliata nelle scuole, come ho potuto
constatare personalmente, da una particolare edizione del 1924, che aveva mia Madre.
Oggi il libro è quasi introvabile in quanto l’edizione integrale più recente
risale al 2011, ad opera della “Rondine Edizioni”, casa editrice di Catanzaro,
da acquistarsi tramite internet.
Ora “Le ricordanze”, dalla
fanciullezza al 1848, sono una miniera inesauribile di eventi e di nomi riguardanti
la vita politica e culturale esistente a Napoli negli anni dal 1830 e del
regime poliziesco e repressivo che vi regnava e che opprimeva anche tutto il
territorio del regno con continue ribellioni e feroci repressioni, con nomi dei
patrioti fucilati ed impiccati, anche per soli reati di opinione, riprendendo quella
politica di repressione attuata nel 1799 dopo la riconquista di Napoli da parte
delle bande del Cardinale Ruffo, di cui era stato oggetto anche il padre di Luigi,
Raffaele, a testimonianza di una tradizione familiare improntata ai valori
liberali, di cui Luigi fu il degno erede. Non dimentichiamo infatti che Settembrini
fu l’autore di quella famosa “Protesta del popolo delle Due Sicilie”, dove rifacendosi
agli altrettanto famosi “Gli ultimi casi di Romagna” di Massimo d’Azeglio, mise
a nudo tutte le colpe del governo borbonico, piccolo aureo libro che si diffuse
nel e fuori del regno, confermando la frattura ormai insanabile tra la dinastia
allora regnante e la classe media ed intellettuale del paese. Ed è da notare
che questo giudizio sull’operato di Ferdinando II non era frutto di un
preconcetto, perché all’avvento al trono nel 1830 di questo giovane Re, molte
erano state le speranza di un mutamento positivo dei precedenti metodi di
governo, favorito anche dalla figura della sua sposa, la Regina Maria Cristina,
nata Principessa di Savoia, la cui religiosità sincera e vissuta, la sua bontà e
carità per i poveri, Le avevano già dato il nome di “Reginella Santa”,
purtroppo però venuta a mancare giovanissima, nel 1836, appena dopo aver dato
alla luce il figlio, futuro Re Francesco II.
L’importanza storica di queste
“Ricordanze”, pubblicate postuma nel 1879 fu sottolineata nella prefazione
delle stesse, scritta da un altro grande letterato e patriota, Francesco De
Santis, a dimostrazione e conferma di una comunanza spirituale tra queste personalità
del nostro Risorgimento, che nel Regno d’Italia trovarono il coronamento di tante
aspirazioni e sogni giovanili, e che allo stesso Regno, dettero dalla cattedra,
o nel Parlamento o nel Governo un importantissimo contributo, e Settembrini così
sintetizzò la sua visione unitaria con queste parole che troviamo appunto
scritte nelle “Ricordanze”. “…l’Italia ha spontaneamente trovato la sua forma
politica nella Monarchia, la quale sola può conservare l’Unità….Se l’Italia fosse
repubblica, non potrebbe essere che una federazione di repubbliche…..io ero (
da giovane) repubblicano …oggi essere repubblicani mi parrebbe sfasciare
l’unità e dare l’Italia in mano al Papa o allo straniero: la repubblica oggi
sarebbe un parricidio …..Fintanto che in Italia ci sarà un Papa, ci deve essere
un Re …anche essendo credente e cattolico. E se verrà un tempo che tutti gli
stati d’Europa diventeranno repubbliche, ultima fra tutte dovrebbe essere l’Italia.
“Parole profetiche, scritte prima di quelle più famose che pronunciò Francesco Crispi.
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