NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

lunedì 24 agosto 2020

Il libro azzurro sul referendum - XX cap - 1


Capitolo XX
Osservazioni di giuristi sul criterio adottato per stabilire la maggioranza e sul numero dei votanti in rapporto alla popolazione



La maggioranza del referendum (1)



1) La dottrina è di opposto parere della decisione della Corte di Cassazione circa il significato della parola «votanti» che «sono tutti coloro che hanno esercitato il diritto di voto deponendo materialmente una scheda nell'urna».

2) «Chi vota scheda. bianca non si astiene dall'esprimere nelle forme di legge la propria volontà, ma anzi esprime una particolare volontà e dichiara nelle forme prescritte di non consentire o di astenersi dal consentire ad ognuna delle soluzioni proposte».

3) La interpretazione del Bracci «elevato a ruolo di tecnico di questioni costituzionalistiche che la parola tecnica, che designa tutti coloro che prendono materialmente parte al voto, è quella di elettori è una «grossa svista sulla quale non vale la pena di soffermarsi». Gli elettori sono le persone iscritte nelle liste elettorali o coloro che hanno diritto ad esservi iscritti (2). 

4) La maggioranza semplice dei voti espressi validamente per la determinazione delle forme istituzionali dello Stato esclude che il numero e la quantità degli annullamenti dei singoli voti per copiosi che siano possano influire sulla validità od efficacia della votazione. Una soluzione per il solo fatto che raggiunga maggiore consenso di un'altra si impone all'intero popolo anche se non raggiunga il consenso della maggioranza del popolo che si è recato alle urne.

5) Un referendum nel quale vengono annullati tanti voti che non sia possibile di stabilire se alcune delle soluzioni abbia raggiunto la maggioranza nel procedimento di votazione non è un «referendum» conclusivo, che dà luogo alla formazione di una volontà certa che possa essere proclamata con certezza».

6) È materia opinabile se in decisione di così grave momento come quella della scelta da parte del popolo delle istituzioni dello Stato non sia preferibile stabilire la necessità di una maggioranza qualificata (3).

7) in ogni modo «il principio democratico che impone di lasciare alla sola maggioranza la decisione impone anche che si controlli che il procedimento attraverso cui si è formata la maggioranza non sia in tanta parte nullo da doversi escludere le sue concludenze».

8) «La prassi del plebiscito internazionale in concreto offre un argomento a forziori in favore ».

9) « Chi ritenga che, oltre le classi e le fazioni, esista un popolo (per es. il popolo italiano) e che solo allora esiste regime democratico quando questo popolo è arbitro  del proprio destino, sarà di parere opposto... a che la classe, il gruppo, la fazione più numerosa abbia il diritto di imporre all'intero popolo le proprie idee e la propria volontà e ritenga irrilevante ricercare quale seguito abbia tra il popolo la parte più numerosa... e richiederà che ogni decisione sia rimessa alla maggioranza del popolo e non alla prevalenza di una fazione sull'altra».

10) Il decreto 219 considerato dalla Corte «la fonte esclusiva per il computo dei risultati del «referendum» (art. I i, 16, 17) non consta solo dì questi articoli e le sue disposizioni «devono essere interpretate nell'armonia del sistema» e hanno tanto valore quanto non può essere riconosciuto da un decreto che prima della cessazione della Con­sulta, sia stato emesso senza sentire la Consulta»; ciò vale a sostenere «il parere precisamente opposto» a quello della Corte ». Innanzi tutto si rileva che l'art. 1 del D.L.L. 5 aprile 1945, n. 146 sulla Consulta sottoponeva al parere di quell'organo rappresentativo le leggi elettorali; e che nella specie la Consulta non è stata udita; e che le lacune nel procedimento degli atti aventi forza di legge, provate testual­mente dalle formule di promulgazione dell'atto, invalidano l'atto stes­so. Perciò «se il decreto n. 219 fosse lo statuto esclusivo del referen­dum sarebbe legge elettorale invalida».

(11) «La necessità di conferire ai giudici, e in particolare alla Corte di Cassazione, funzione di controllo e di proclamazione, imponeva che queste norme di .attuazione fossero rese nella forma del decreto legislativo, invece che col decreto del Presidente del Consiglio previsto dall'art. 8 del decreto n. 98 (non essendo possibile, senza esplicita formale delega, che nella specie mancava, disporre della competenza dei giudici e dare ad essi nuove funzioni)».

12) «La interpretazione autentica della parola votante si sarebbe dovuta ricerca se mai nel decretlìo legge Di marzo 1946 n. 74. Quest'ultimo esplicitamente agli art. 50-52 sanciva che per votanti si intendono tutti coloro che hanno partecipato alla votazione con voto valido o nullo e all'articolo 57 designava i voli validi con l'espressione voti «validi».

13)    La funzione giuridica della Corte non è naturalmente quella di far somme ma di proclamare l’esito del referendum, compiendo tutte le operazioni materiali necessarie all'adempimento della funzione». Attribuire alla interpretazione dell'articolo 17 un compito semplicemente enumerativo ed esclusivo di ogni altra operazione aritmetica e materiale «significherebbe il divieto alla Corte del confronto mediato dei risultati delle somme con il numero dei votanti (necessario per stabilire se sia stata raggiunta la maggioranza assoluta) ma anche il confronto immediato necessario per attribuire ad una delle soluzioni la maggioranza relativa».

14) L’ordinanza della Corte ha negato a quelle leggi il loro maggior merito (tradurre in atto il principio che la forza istituzionale dello Stato fosse scelta dal popolo) ed ha forzato la lettera della legge per negarne lo spirito animatore».



(1) La maggioranza nel referendum, Prof. Carlo Esposito ordinario di diritto costituzionale nell'Università di Padova (estratto dalla Giurisprudenza Italiana, 1946, Disp. li, parte I, Sez. 1.

(2) Bracci, Storia di una settimana, in «Il Ponte», II, 1948, pag. 605.

(3) Il precedente del referendum belga è sintomatico; Re Leopoldo Ottenne il 57% dei voti: l'interpretazione del Ministro Spaak fu un'offesa alla concezione democratica e la piazza prevalse sul diritto per lo spirito di abnegazione del Re.



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