Tanti anni fa, per la precisione nel 1980, mentre
frequentavo l’università di Trieste, una
sera in un’ osteria conobbi un vecchio, che beveva del vino. Il suo volto era solcato da rughe come quello
di un lupo di mare.
Aveva un cappello da
marinaio, così logoro che non ne avevo mai visti. Mi sedetti a un tavolo,
vicino al suo, ordinai qualcosa da mangiare, e nel frattempo mi misi a leggere
i giornali.
L’uomo mi osservava, forse
mi conosceva o mi aveva visto da qualche parte, non di rado passeggiavo per
Trieste dopo aver assistito alle lezioni alla facoltà di Legge. La solitudine di quel vecchio, lo spinse a
rivolgermi la parola.
Dopo il primo approccio, incominciò
a raccontarmi qualcosa della sua vita, in particolare mi narrò com’era fuggito
dall’Istria. Il racconto si fece molto interessante per come visse quei
momenti. Dalla casa dove abitava, dovette fuggire, recuperando solo qualche
oggetto prezioso che possedeva, si trattava di monili d’oro dei suoi genitori.
Portò con sé anche la
bandiera italiana, le foto del Re Vittorio Emanuele III e della Regina Elena.
Questo patrimonio spirituale non poteva lasciarlo in quella casa, che non
avrebbe più rivisto. La bandiera la nascose avvolgendola attorno ai fianchi e
v’indossò sopra un maglione, le foto dei sovrani dopo averle tolte dalla
cornice le mise in una busta per salvarle. Con i preziosi in mano si recò da un
suo amico slavo che conosceva da tanto tempo e gli chiese di aiutarlo per
arrivare in Italia, via mare.
Questo suo amico, con il
quale aveva lavorato in un piccolo peschereccio, gli voleva bene. La situazione
era molto difficile, la fuga di molti italiani era stata intercettata dagli
slavi e molti erano spariti da casa. Il sistema era di prelevarli dalle proprie
abitazioni e poi farli sparire nelle foibe.
Il suo amico all’inizio non
volle accettare di aiutarlo, la cosa era troppo rischiosa, e temeva che lo
ammazzassero. Il compenso per tale lavoro però era allettante, quell’oro lo
avrebbe aiutato a vivere per qualche tempo senza problemi. Una notte partirono con la barca e dopo, con
la fortuna che sorride a chi la sposa, finalmente riuscirono ad arrivare in
Italia.
Il vecchio che mi narrò
questa storia, aveva gli occhi lucidi e mi commosse. Essendo uno studente non
possedevo molto denaro, e quella sera non ebbi neppure la possibilità di
offrirgli un quartino di vino, o qualcosa da mangiare. Dopo essere sbarcato in
Italia, con molta difficoltà, raggiunse dei parenti che abitavano a Roma.
Mi piacque che la sua gioia
fosse stata quella di essere riuscito a portare in salvo la bandiera del Regno
d’Italia, quella del Re e dell’amata Regina Elena che definì una santa. Quando
giunse in Italia, dovette arrangiarsi a vivere una vita difficile, gli esuli
non erano molto amati dai comunisti che li consideravano dei fascisti, ma a lui
questo non era mai importato. Il suo cuore d’italiano era fiero d’aver salvato
quella bandiera a cui teneva moltissimo, e quelle foto.
Erano il suo patrimonio, che
racchiudeva i suoi sentimenti monarchici. Quella sera, dopo essere usciti
dall’osteria, c’incamminammo e lui era felice d’avermi raccontato quella sua
avventura. In quelle terre che aveva lasciato, non era più voluto tornare. La malinconia
nell’affrontare quel viaggio sarebbe stata tanta, seppe da un suo amico che la
sua casa esisteva ancora ed era abitata da una famiglia slava.
Lo consolò che vicino alla
sua casa ci fosse ancora un albero che aveva piantato suo padre e in questo modo
gli pareva che qualcosa di suo fosse rimasto.
Non ebbe più notizie
dell’amico che lo accompagnò in Italia.
Quella sera ci salutammo
vicino al molo Audace, e non lo rividi più.
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