NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

domenica 9 febbraio 2020

La bandiera del Regno d’Italia e il ritratto del Re salvati nella fuga dall’Istria


di Emilio Del Bel Belluz

Tanti  anni fa, per la precisione nel 1980, mentre frequentavo  l’università di Trieste, una sera in un’ osteria conobbi un vecchio, che beveva del vino.  Il suo volto era solcato da rughe come quello di un lupo di mare.
Aveva un cappello da marinaio, così logoro che non ne avevo mai visti. Mi sedetti a un tavolo, vicino al suo, ordinai qualcosa da mangiare, e nel frattempo mi misi a leggere i giornali.
L’uomo mi osservava, forse mi conosceva o mi aveva visto da qualche parte, non di rado passeggiavo per Trieste dopo aver assistito alle lezioni alla facoltà di Legge.  La solitudine di quel vecchio, lo spinse a rivolgermi la parola.
Dopo il primo approccio, incominciò a raccontarmi qualcosa della sua vita, in particolare mi narrò com’era fuggito dall’Istria. Il racconto si fece molto interessante per come visse quei momenti. Dalla casa dove abitava, dovette fuggire, recuperando solo qualche oggetto prezioso che possedeva, si trattava di monili d’oro dei suoi genitori.
Portò con sé anche la bandiera italiana, le foto del Re Vittorio Emanuele III e della Regina Elena. Questo patrimonio spirituale non poteva lasciarlo in quella casa, che non avrebbe più rivisto. La bandiera la nascose avvolgendola attorno ai fianchi e v’indossò sopra un maglione, le foto dei sovrani dopo averle tolte dalla cornice le mise in una busta per salvarle. Con i preziosi in mano si recò da un suo amico slavo che conosceva da tanto tempo e gli chiese di aiutarlo per arrivare in Italia, via mare. 
Questo suo amico, con il quale aveva lavorato in un piccolo peschereccio, gli voleva bene. La situazione era molto difficile, la fuga di molti italiani era stata intercettata dagli slavi e molti erano spariti da casa. Il sistema era di prelevarli dalle proprie abitazioni e poi farli sparire nelle foibe.
Il suo amico all’inizio non volle accettare di aiutarlo, la cosa era troppo rischiosa, e temeva che lo ammazzassero. Il compenso per tale lavoro però era allettante, quell’oro lo avrebbe aiutato a vivere per qualche tempo senza problemi.  Una notte partirono con la barca e dopo, con la fortuna che sorride a chi la sposa, finalmente riuscirono ad arrivare in Italia.
Il vecchio che mi narrò questa storia, aveva gli occhi lucidi e mi commosse. Essendo uno studente non possedevo molto denaro, e quella sera non ebbi neppure la possibilità di offrirgli un quartino di vino, o qualcosa da mangiare. Dopo essere sbarcato in Italia, con molta difficoltà, raggiunse dei parenti che abitavano a Roma.
Mi piacque che la sua gioia fosse stata quella di essere riuscito a portare in salvo la bandiera del Regno d’Italia, quella del Re e dell’amata Regina Elena che definì una santa. Quando giunse in Italia, dovette arrangiarsi a vivere una vita difficile, gli esuli non erano molto amati dai comunisti che li consideravano dei fascisti, ma a lui questo non era mai importato. Il suo cuore d’italiano era fiero d’aver salvato quella bandiera a cui teneva moltissimo, e quelle foto.
Erano il suo patrimonio, che racchiudeva i suoi sentimenti monarchici. Quella sera, dopo essere usciti dall’osteria, c’incamminammo e lui era felice d’avermi raccontato quella sua avventura. In quelle terre che aveva lasciato, non era più voluto tornare. La malinconia nell’affrontare quel viaggio sarebbe stata tanta, seppe da un suo amico che la sua casa esisteva ancora ed era abitata da una famiglia slava.
Lo consolò che vicino alla sua casa ci fosse ancora un albero che aveva piantato suo padre e in questo modo gli pareva che qualcosa di suo fosse rimasto.
Non ebbe più notizie dell’amico che lo accompagnò in Italia.
Quella sera ci salutammo vicino al molo Audace, e non lo rividi più. 

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