Hitler si sarebbe affrettato a porre l'Italia
sotto la sua protezione e vi sarebbero stati sempre molti italiani per
prestarsi alla triste bisogna. Per essere sempre in grado di ricorrere a tale operazione
Hitler si rifiutava di mandare in Italia aerei, carri armati e cannoni, ma
inviava invece unità organiche potentemente armate le quali ponevano in
soggezione le autorità italiane. Nello stesso tempo i tedeschi accrescevano e
perfezionavano la rete delle informazioni e dello spionaggio e prendevano possesso
dei punti vitali così da trovarsi pronti al momento della defezione prevista.
Quale era dunque la situazione del Sovrano?
Era certo inutile recriminare sul passato, ma bisognava guardare all'avvenire
per impedire il peggio. Il Re non poteva agire se non si realizzavano alcune
condizioni:
a) che si pronunciasse un movimento interno
nel fascismo contro il governo dì Mussolini perché la Monarchia trovasse una base
e una giustificazione per sostituire il dittatore;
b) che la Germania non fosse così forte da schiacciare
l'Italia in caso di rivolta contro di essa;
c) che la superiorità degli Alleati fosse
tanto rilevante nel teatro di guerra del Mediterraneo da consigliare Hitler a
non indugiare nella trappola strategica della Penisola;
d) che vi fosse una preliminare intesa tra
noi e gli anglosassoni allo scopo di rendere proficuo per tutti il
rovesciamento dell'alleanza di guerra.
Quando parvero realizzarsi queste condizioni?
Negli anni 1939, 1940, 1941, 1942 la superiorità tedesca fu piena e indiscussa
su tutti i fronti. Solo nel novembre del 1942 si ebbero ì tre grandi
avvenimenti militari che determinarono una svolta decisiva nell'andamento della
guerra: la sconfitta tedesca a Stalingrado; la sconfitta dell'Asse in Egitto (a
El Alamein); lo sbarco degli angloamericani nel nord Africa francese.
Fu dunque nei pochi mesi tra il gennaio e il
luglio 1943 che si venne precisando il proposito italiano di uscire dalla
guerra . Questo proposito matura innanzi tutto nel Re. Dal Re passa all'Alto
Comando più precisamente ad Ambrosio che sostituisce il primo febbraio il
Maresciallo Cavallero nel posto di Capo di Stato Maggiore Generale. Tra il Re e
lo Stato Maggiore, tra il Re e alcuni esponenti dell'antifascismo e, negli
ultimi tempi, tra il Re e i fascisti dissidenti fu sempre tramite intelligente
attivo e discreto il Ministro della Real Casa duca Acquarone: il quale coltivò
e rafforzò la decisione, che già era nel pensiero del Re, di liquidare Mussolini
e il fascismo. Convenivano gradatamente nello stesso proposito quei ministri e
alti gerarchi del fascismo che, compresa infine la inevitabile sorte delle
armi, cercavano in qualche modo di correre ai ripari per diminuire la propria
responsabilità. L'antifascismo fu quasi assente. Esso non partecipò alla prima fase
della congiura che si preparava. L'autorità di Mussolini era già in gran parte
caduta tra il 1938 e il 1939 per i provvedimenti impopolari relativi alla
razza, all'autarchia e per le direttive antiborghesi di quel periodo. Dopo una
breve parentesi di rinnovata popolarità tra il giugno e il settembre del 1940 e
cioè tra la battaglia di Francia e il mancato sbarco tedesco in Inghilterra,
l'autorità di Mussolini cadde di colpo con le sconfitte in Grecia e in Africa
nell'autunno 1940 e nell'inverno, 1940-1941. Il mito di un Mussolini
condottiero e guerriero precipitò fragorosamente e irreparabilmente. Il
Comandante in capo della guerra apparve subito all'occhio di tutti, soldati e
civili, un generale inesperto e un pericoloso millantatore.
Nel 1941 e nel 1942 Mussolini perse anche
quel poco credito che gli era rimasto come esperto uomo Politico: quando egli
cominciò a proclamare in pubbliche e private riunioni che avevamo vinto si ebbe
la precisa sensazione di trovarsi dinnanzi ad un uomo che aveva perduto il
controllo delle proprie facoltà mentali.
Il moto segreto delle opposizioni si
accompagnò, soltanto dopo la caduta del fascismo, al processo di revisione
politica ormai in corso; esso non accelerò, né rafforzò in modo rilevante la
corrente fascista ostile alla condotta politica e militare della guerra.
L'antifascismo era divenuto a quel tempo il minimo comune denominatore di ogni
discussione e di ogni incontro tra uomini che appena si conoscevano o si incontravano
per la prima volta.
In un articolo di uno tra i più notevoli
teorici dei partito d'azione, Guido Calogero, apparso su Mercurio (1) sono
descritte le origini e i progressi di quel movimento. Si trattava di sparuti
gruppi di professori e di studenti che venivano posti nella impossibilità di
agire non appena scrivevano un manifesto o stabilivano un incontro. Nessun dubbio sul loro coraggio e sulla
nobiltà della loro lotta clandestina, ma essa non costituì che un rivolo molto
sottile tra la guerra etiopica e la caduta del fascismo.
Il fascismo cadde con la sconfitta militare.
Quando l'Africa fu perduta e poi Pantelleria e poi la Sicilia e tutti si
avvidero che i soldati non combattevano più e i tedeschi erano odiati assai più
degli inglesi, divenne unanime il pensiero di farla finita, di uscire comunque
da una guerra che non poteva portare che alla totale distruzione del paese.
Molti pensarono alla opportunità di un rapido mutamento di rotta. Esso era
invocato da coloro che volevano liquidare la guerra perché la consideravano perduta
come da coloro - i Farinacci e gli Scorza - che domandavano un corso più
energico e più spietato di essa. Tutte le speranze si rivolgevano alla Monarchia.
Ora che lo scontento era così diffuso, la Patria tanto minacciata, i più
autorevoli fascisti, convinti della incapacità di Mussolini, doveva essere
possibile operare un mutamento interno e subito dopo il rovesciamento
dell'aIleanza. Se gli angloamericani fossero stati respinti dalla Sicilia è
probabile che il Gran Consiglio non sarebbe stato convocato o avrebbe avuto uno
svolgimento diverso.
Nell'iniziativa monarchica si raccoglievano
ormai tutte le speranze del popolo italiano. E’ infantile dire che la Monarchia si mosse per
tentare di salvare se stessa. Quale maraviglia che il Re si muova per salvare
lo Stato e prenda cura delle sue vitali necessità e perché adontarsi se esse
coincidono con la conservazione dell'Istituto monarchico? Il problema non sta nella
ricerca dei motivi per cui una Monarchia si salva o tenta salvarsi, ma nel
vedere se tali motivi coincidono con quelli della salvezza del popolo e dello
Stato. Ora non vi è dubbio che nel luglio 1943 l 'interesse della
Monarchia nell'esonerare Mussolini dalla carica di Primo Ministro coincideva
pienamente con l'interesse della Nazione italiana.
Siamo giunti così alla grande crisi
dell'estate '43 (25 luglio - 8 settembre 1943).
(1) GUIDO CALOGERO: Ricordi del movimento liberalsocialista.
«Mercurio». n. 2 (1 ottobre 1944).
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