Come sempre condividiamo cose interessanti non necessariamente d'accordo con ogni periodo compreso nell'articolo.
Due le visite al monastero benedettino del Re di casa
Savoia: la prima in uniforme da Maresciallo, la seconda in abiti borghesi
di ANIELLO RAGONE
Il governo italiano, riconosciuta la
impossibilità di continuare la impari lotta contro la soverchiante potenza
avversaria, nell’intento di risparmiare ulteriori e più gravi sciagure alla
Nazione, ha chiesto un armistizio al generale Eisenhower, comandante in capo
delle forze alleate anglo- americane. La richiesta è stata accolta. Conseguentemente,
ogni atto di ostilità contro le forze anglo-americane deve cessare da parte
delle forze italiane in ogni luogo. Esse però reagiranno ad eventuali attacchi
da qualsiasi altra provenienza. Con queste parole, pronunciate dal capo del
Governo Pietro Badoglio, l’8 settembre 1943 veniva reso noto in Italia
l’armistizio che era stato siglato precedentemente a Cassibile (Sicilia) il
giorno 3 dello stesso mese. Il governo fu spostato da Roma per “seguire” il Re che
si diresse dapprima in direzione di Pescara e in un secondo momento raggiunse
Brindisi. Nel 1944, come sede del governo, venne scelta la città di Salerno e
Vittorio Emanuele III prese per dimora Villa Episcopio a Ravello mentre il
Maresciallo d’Italia Pietro Badoglio si stanziò a Villa Guariglia in Raito di
Vietri sul Mare.
Il 12 aprile del 1944 il Re decise di
visitare la millenaria Abbazia Benedettina cavese della SS. Trinità, giorno
importante perché durante quella giornata decise altresì di lasciare la vita
pubblica nominando luogotenente del regno il principe Umberto. Secondo il
racconto di Fra Pietro verso le 8.30 antimeridiane si vide una macchina
avvicinarsi al millenario speco di S. Alferio con una bandierina che annunciava
la presenza di un generale. Al cospetto del frate si presentò un soldato che
chiese se l’Abate fosse in abbazia data la presenza di Sua Maestà il Re.
Portata la notizia, l’abate Rea (che era occupato con il coro) si affacciò da
uno dei balconi per accertarsi della presenza del sovrano. Il Re aspettava
dinnanzi l’ingresso e l’abate corse ad accoglierlo insieme all’archivista della
Badia D. Leone Mattei Cerasoli. Si decise di sospendere le lezioni e sua
altezza visitò il monastero e l’archivio (proprio sul registro si ritrova
ancora sua la firma e quella del suo seguito).
Particolari sono due episodi raccontati da
Fra Pietro: il primo riguarda la correzione che il Re fece ad una notizia circa
una moneta conservata alla Badia di Cava de’Tirreni (Vittorio Emanuele III fu
studioso di numismatica e grande collezionista di monete tanto da portarlo a
pubblicare il Corpus Nummorum Italicorum opera in 20 volumi dove sono
classificate e descritte le monete italiane); il secondo legato al rifiuto di
un qualsiasi “momento di ristoro” che sembrava ripetere quello della visita del
14 luglio 1932 dei principi Umberto di Savoia e Maria Josè del Belgio.
All’uscita il Re passò tra due file di studenti che, solo dopo un accenno di P.
D. Cerasoli, diedero vita ad un applauso scrosciante (la poca simpatia per il
sovrano non era certo cosa nuova!). Salutati i professori e gli accompagnatori,
Vittorio Emanuele III risalì in macchina per far ritorno a Ravello. Lo stesso
giorno venne trasmesso il proclama che diceva: «Ponendo in atto quanto ho già
comunicato alle autorità alleate e al mio governo, ho deciso di ritirarmi dalla
vita pubblica nominando luogotenente generale mio figlio Principe di Piemonte.
Tale nomina diventerà effettiva, mediante
il passaggio materiale dei poteri, lo stesso giorno in cui le truppe alleate
entreranno in Roma. Questa mia decisione, che ho ferma fiducia faciliterà
l’unità nazionale, è definitiva e irrevocabile ». Dal giorno 5 giugno 1944 alla
liberazione di Rowww. ma, il principe Umberto verrà nominato luogotenente del
regno. La visita successiva del sovrano avvenne circa dieci mesi dopo. Il
giorno 28 febbraio 1945 (anche questa seconda firma è conservata nel registro)
il sovrano si presentò in abiti borghesi, a differenza della visita precedente
dove aveva indossato l’uniforme di Maresciallo d’Italia. Il 9 maggio 1946 il vecchio
sovrano (allora quasi settantasettenne) abdicò a Napoli in favore del figlio
con atto del notaio Nicola Angrisano del collegio notarile di Napoli. Vittorio
Emanuele III morì il 28 dicembre 1947 ad Alessandria d’Egitto dove, con il
titolo di Conte di Pollenzo, si era ritirato in esilio prima della
consultazione referendaria.
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