L'integrazione delle nuove
province nel Regno di Francia avvenne con gradualità, rispettando il potere e i
costumi di ciascuno. Grazie al loro senso della giustizia, attraverso una
saggia amministrazione, i Re diedero alla Popolazione la voglia ed il piacere
di diventare Francese.
La Monarchia ha condotto la
Francia al suo apogeo nei XVII e XVIII secolo. Per la sua popolazione, per lo
sviluppo della sua economia, per la sua influenza culturale e intellettuale,
per la sua forza politica e militare, la Francia divenne in quell'epoca il
primo Paese dell'Europa e del Mondo. Molto di più di quanto non rappresentino
oggi Stati Uniti e Russia.
Dopo qualche riflessione sul
passato monarchico della Francia, vorrei adesso considerare il presente e
l'avvenire. Ci sono ancora dei monarchici in Francia, più numerosi di quanto
non si creda ed in tutti i celi sociali. E si sbaglierebbe nel ritenere che
essi siano dei nostalgici di un passato sepolto o dei sognatori romantici.
I monarchici francesi noni
pongono, infatti, la questione istituzionale su un piano sentimentale ma su un
Piano della verità politica, ossia su piano di intelligenza e di ragione.
A questo proposito, Charles
Maurras ha attualizzato, all’inizio del XX secolo la dottrina monarchica.,
Certo non ha inventato tutto ad un tratto un sistema monarchico teorico. Egli
si è impegnato a ritrovare ed a definire le leggi della politica francesi
soprattutto nella sua “lnchiesta sulla Monarchia”.
Nella nostra epoca, che è
dominata dal progresso delle scienze, della loro applicazione, Maurras: ha
opposto la scienza politica alle ideologie - alle nuvole - rivoluzionarie; se
ha preconizzato la Monarchia in Francia, è perché vi è stato condotto
attraverso lo studio obiettivo della storia e l’analisi attenta del presente.
Per questo ha Potuto parlare di monarchia scientifica. Ed ha dimostrato che la
costituzione che conviene alla Francia è la Monarchia tradizionale, ereditaria,
decentralizzata e rappresentativa; cioè la Monarchia capetingia perché è la
dinastia capetingia che ha fatto la Francia.
La Monarchia risponde, in Francia
alla triplice esigenza del nostro Paese; bisogno di una autorità, bisogno di
libertà, esigenza di una raffigurazione del Paese reale.
Consideriamo, innanzitutto,
l'esigenza di autorità.
Tutti i Paesi hanno bisogno d'una
autorità. ma la Francia ha necessità più d'ogni altro di essere guidata da una
autorità ferma, che riassuma tutti i valori nazionali, continua. Essa, infatti,
è esposta ad una doppia minaccia. Innanzitutto ad una minaccia esterna.
La Francia è favorita dalla
natura, per il suo clima, le sue ricchezze naturali, ma è facilmente esposta
alle invasioni degli stranieri, alla foro cupidigia, alle loro ingerenze.
Situata al centro dell'Europa,
non può isolarsi, restare ai margini dei grandi affari internazionali.
Ed esiste anche una minaccia
interna: i francesi hanno una naturale Predisposizione a disperdersi e a
dividersi. Come ha scritto Maurras («L'Action Française, «La legge delle lotte
intestine è scritta nel cuore dei francesi, come sul territorio della Patria».
I francesi si combattono tra di
loro, tanto in funzione dei loro interessi
particolari che in funzione delle rispettive ideologie. Il patriottismo
ed il senso di solidarietà nazionale non si risvegliano presso di essi che nei
periodi di pericolo e spesso troppo tardivamente.
Occorre, dunque, ai francesi una
autorità spirituale vigorosa tanto per garantire l’indipendenza che per
mantenere l'unità del Paese.
Questa autorità non può essere
procurata dalla repubblica perché quale che sia il numero che la contraddistingue
è il «regno» coi partiti e delle loro competizioni permanenti. Il «regno
dell’instabilità e dell’irresponsabilità politica»
L'elettività non esprime una
autorità veritiera, essa non fornisce che un’immagine effimera; quella delle
divisioni del Paese.
Un uomo eletto al supremo grado
dello Stato non può disporre d'una autorità incontestabile perché, ciò che una
elezione ha fatto, un'altra competizione
elettorale può disfare.
Solo la Monarchia - la Monarchia
ereditaria - può procurare alla Francia l’autorità politica che le è
necessaria.
Oggi è di moda contestare il
potere. Una certa sinistra pone volentieri il problema: “in nome di che cosa si
esercita il Potere?” - si afferma - ed a partire da questo interrogativo, viene
rimessa in discussione l'esistenza di tutta una tradizione, di tutta l'autorità
dello stesso Stato. Ma si sa bene che non e né l’autorità, né lo Stato che
bisogna sopprimere, perché allora si ricadrebbe nell'anarchia generatrice delle
peggiori ingiustizie. Per contro, è necessario restituire una legittimità al
potere.
E la Monarchia rappresenterebbe
in Francia un Potere legittimo, ossia un Potere esercitato nella considerazione
del solo bene comune e indipendente dai gruppi d'interesse e dalle sue fazioni.
La sua legittimità le deriverebbe dalla storia, dai servizi che ha reso al
Paese nel corso dei secoli.
In repubblica, non ci può essere
legittimità del potere, perché quest’ultimo viene esercitato da una fazione o
da un gruppo di fazioni che sono prevalse su altre fazioni avversarie.
La Monarchia rappresenterebbe
anche un potere realmente forte in quanto esso sarebbe indipendente dalle
elezioni e pertanto, anche dai partiti, dai gruppi di pressione, dall’influenza
degli stranieri che spesso agiscono attraverso
i partiti.
La Monarchia sarebbe proprio per questa sua indipendenza in grado di dominare le feudalità d'ogni
natura che oggi si sono installate nelle stanze dei bottoni; sia che queste
feudalità siano amministrative, partitiche o economico-finanziarie.
Non si può a questo riguardo non
considerare oggi la trasparente contraddizione tra i poteri allargati del
Presidente della repubblica francese ed il progressivo affievolimento del suo
Potere. Tiranneggiato come egli è da una molteplicità di forze politiche,
economiche, sindacali, dai cui umori dipende il suo mantenimento in carica.
Per rimediare all'anarchia
repubblicana, diversi sognano periodicamente la dittatura.
Quale debolezza, dunque, la
repubblica rivela sotto un'apparenza di autorità e di fermezza.
Charles Maurras lo ha
perfettamente dimostrato, confrontando la dittatura alla Monarchia: «Un uomo
solo è poco. Una vita d'uomo, un cuore d'uomo, una testa d'uomo tutto ciò è
troppo esposto e permeabile alla ubriacatura, all’assassinio alla malattia, ad
una miriade di accidenti. La sola forma razionale e sensata dell'autorità è
quella che riposa in una famiglia - di primo nato in primo nato secondo una
legge che esclude la competizione perché è un potere talmente naturale che,
comportando un’autorità integrale del vertice, chi l'esercita non può tuttavia
definirsi dittatore; egli è un Re e questa Magistratura regale, combinando i
due principi dell’autorità e dell’ereditarietà,
è istituzione talmente flessibile che non cessa di essere sempre se
stessa, pur se varia con il mutare dei tempi e si veste talvolta dell'aspetto
paterno di un semplice presidente del consiglio o del Parlamento espresso dal
Popolo, talvolta l'apparenza della dittatura diretta, talvolta quella della dittatura indiretta d'un
ministro di primo piano. Come succede per le corse di grande rilievo,
l’Istituzione è di gran lunga superiore agli uomini. Il suo valore principale è
quello di saper utilizzare il passato completamente a frutto del presente senza
peraltro, sacrificarvi l’avvenire.
(«L’Action Française, del 27
febbraio 1924)».
In questo testo, Charles Maurras,
esalta la continuità del potere nella Monarchia, come una delle sue più grandi
qualità.
La Monarchia sopprime la
competizione per il potere, per l'autorità suprema. Come ebbe a dire Bossuet: «Niente
brighe né cabale per fare un Re; è la natura a farlo».
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