( rimandiamo i visitatori alla pagina già pubblicata
sul sito www.reumberto.it)
Consiglio dei Ministri del 10 maggio 1946
Nel consiglio dei Ministri del 10
maggio 1946 (1) l'on. De Gasperi diede notizia della seguente lettera
dell'ammiraglio Stone in data 8:
«Mio caro signor Primo Ministro,
con riferimento alla nostra recente conversazione, il Supremo Comando alleato
mi ha fatto conoscere che i Capi di Stato Maggiore sono del parere che
l'abdicazione del Re non comporta nessuna azione o commento da parte della
Commissione Alleata, in quanto non tocca per nulla i poteri costituzionali del
Principe Umberto».
In seguito diede lettura della
lettera indirizzatagli da Re Umberto confermante l'impegno per il «referendum»
e la Costituente.
«Signor Presidente, l'abdicazione
di mio padre mi ha portato ope legis alla successione; quest'atto non muta in
nulla i poteri costituzionali da me esercitati in qualità di Luogotenente
Generale, né modifica in alcuna maniera l'impegno da me assunto in confronto
del "Referendum " e della Costituente. Certo che il Governo vorrà
collaborare ancora con me nell'interesse del paese, fino alla decisione della
consultazione, popolare, Le invio, signor Presidente, il mio cordiale saluto.
Umberto».
L'on. Togliatti chiese che fosse
messa a verbale la protesta del suo partito per il modo col quale era stata
rotta la tregua istituzionale; affermò che doveva entrare in vigore l'articolo
della legge sul referendum o che affidava la scelta della persona del Capo
dello Stato alla Costituente; chiese la decadenza della formula vigente nei
decreti: «per grazia di Dio e volontà della nazione»; annunciò che erano
costretti ad accentuare la propaganda personale contro Umberto e che non
avrebbero ammesso manifestazioni per il nuovo Re; in caso di vittoria
monarchica non avrebbero collaborato colla Monarchia.
Si associarono alla protesta Cianca
ed altri Ministri finché prese la parola Cattani: «Protesto per le parole che
ho udito: dissento energicamente su quanto riguarda le pubbliche manifestazioni
vietarle significa violare la libertà di consultazione popolare. Considero
peraltro alti gravi l’invito alla rottura del patto, stretto fra i partiti, di
collaborazione con la Monarchia in caso di vittoria monarchica; ciò significa
fin d'ora una promessa di passare al metodo rivoluzionario, ove la volontà
popolare si manifesti favorevole alla Corona. In tal caso non solo le elezioni
diventano vane, ma la nostra collaborazione al Governo non può durare un giorno
di più ».
Romita affermò che le
manifestazioni monarchiche lo turbavano «dal punto di vista dell'ordine
pubblico ».
De Gasperi: «Certo mi pare
opportuno di tener conto sia dell’esigenza di libertà prospettata da Cattani,
sia delle preoccupazioni di ordine pubblico sottolineate da Romita».
Schema dell'amnistia desiderata dal Re (1)
11 maggio 1946
Le misure dell'amnistia desiderate
dal Re e comunicate al Presidente dei Consiglio l'11 maggio 1946 per attuare la
necessaria pacificazione erano le seguenti:
1) Notevole riduzione delle pene
inflitte dall'alta Corte di Giustizia e dai Tribunali speciali;
2) Amnistia per le condanne
inferiori nel massimo ad anni cinque per motivi politici;
3) Amnistia per i provvedimenti
amministrativi nei confronti di funzionari ed impiegati statali;
4) Restituzione dei diritti
politici (in particolare quelli elettorali) a coloro che ne furono sospesi sino
ad un massimo di quattro anni;
5) Condono per i reati militari per
condanne inferiori a sei anni e amnistia per i renitenti di leva;
6) Amnistia per i reati comuni fino
a cinque anni; condono di un terzo della pena per condanne superiori.
Il Governo, su proposta del
Ministro della Giustizia on. Togliatti, approvò il 16 maggio un progetto di
provvedimento dal quale restano esclusi tassativamente i reati politici; era
concessa amnistia per i reati punibili sino a sei mesi ed un condono di 6 mesi
per i reati punibili sino a tre anni.
Il Consiglio dei Ministri propone un decreto d'amnistia
in misura ridotta
«Lo schema di decreto di amnistia
proposto dal consiglio dei Ministri in misura ridotta, dietro imposizione dei
socialcomunisti e immediatamente reso pubblico con procedura inusitata, non è
stato promulgato in quanto non ha ottenuto la sanzione Sovrana ».
Il Re non firma l'amnistia ridotta
28 maggio 1945
S.M. il Re all'ammiraglio Garofalo:
«Non firmerò mai un decreto di amnistia come quello che mi si vuole presentare.
Esso annulla la mia volontà di clemenza. Evito di respingerlo per non provocare
una crisi di Governo in questo momento. Ma la questione è solo accantonata. Se
il referendum sarà favorevole alla Corona, subito farò realizzare con adeguata
energia il mio proposito che risponde alla volontà del Paese... ».
(1) Italia Nuova, 26 maggio 1946; Storia segreta, pag. 66.
Nessun commento:
Posta un commento