NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

venerdì 21 ottobre 2016

La Sinistra Sociale Monarchica - X parte

Un Governo per la Nazione ed il nostro compito per prepararlo

A conclusione di questo esame di coscienza, di questa sintesi della situazione italiana, che dipende da una analisi approfondita della crisi della Nazione, la conclusione è una: perché si possa avere quel Governo che alla Nazione occorre è necessario che vi concorrano due circostanze. La prima è che la Democrazia Cristiana abbia il coraggio di rompere tutti quei legami che, così attraverso certi suoi uomini e circoli come attraverso i « partitini », la tengano, avvinta al giogo capitalistico, specie internazionale, e quindi abbia il coraggio di presentarsi al Parlamento con un Governo monocolore-tecnico che non abbia pregiudiziali politiche (questa era la felice formula del Gabinetto Pella), che per il programma, e soprattutto per la volontà ed il mordente nell'attuarlo, sia un Governo di vera e propria riconversione economico-sociale della politica della Comunità nazionale italiana dal piano capitalistico al piano popolare. La seconda circostanza è che tale Governo, così per avere una sufficiente base parlamentare, come per non perdere la propria qualificazione di equilibrio politico, possa chiedere e possa ottenere l'appoggio esterno - o positivo con il voto, o negativo con l'astensione, ma eguale dalle due parti - così dei socialisti come dei monarchici. Questo è il punto, e, sebbene la realizzazione di questa formula possa sembrare ancora lontana a chi guardi dal punto di vista della cristallizzata realtà odierna, ciascuno che vi sia impegnato ha il dovere di prepararvi se stesso, perché il momento di rottura della odierna cristallizzazione può presentarsi improvvisamente, e guai se per la seconda volta - come avvenne subito dopo le elezioni della primavera 1953 - tutti o qualcuno dei nuovi protagonisti fossero non preparati e pronti a realizzare la nuova formula.

Anche per questo bisogna superare - questo va detto a tutti i partiti, ma a noi compete dirlo oggi al nostro Partito e realizzarlo nella sua azione politica - le barriere ideologiche e le pregiudiziali che attengono alla filosofia, e quindi trascendono la Politica, o che dipendano da interessi materiali particolaristici, e quindi sono estranei al giudizio politico, e per loro natura devono essergli subordinati e non subordinarlo a se stessi. Bisogna tornare a quel costume democratico e civile che era comune alle generazioni che precedettero il fenomeno fascista, che attiene al realismo politico ed è intrinseco nella missione nazionale e nella tradizione italiana della Monarchia, costume per il quale gli avversari politici, tutti gli avversari politici, sono giustappunto avversarii e non nemici. Cioè: uomini e partiti dai quali si dissente per alcuni presupposti morali ed ideologici e per alcune visioni teleologiche, ma con i quali - tutti - si deve e si può collaborare allorché gli interessi della 'Nazione, o dei suoi singoli organi ed istituti, lo richiedono, e l'accordo può raggiungersi circa la soluzione da dare ai problemi concreti, pratici e contingenti tutti per loro natura, che appartengono nel momento all'arte della gestione politica.

Giacché si parla di democrazia e ci si proclama - a giusto titolo democratici, non bisogna dimenticare che è stata una caratteristica del fenomeno fascista non solo, ma una sua caratteristica direttamente dipendente dalla sua natura dittatoriale (cioè dalla identificazione del Partito con lo Stato con lo Stato e dello Stato con la Nazione), quella di iniziare l’aberrazione di distinguere i partecipanti alla Comunità nazionale in «antinazionali» ed in «nazionali» a seconda che fossero o non fossero suoi avversari politici. Ma questo ò stato uno dei punti fondamentali nei quali il periodo fascista si mantenne estraneo alla Tradizione monarchica nazionale, che noi dobbiamo oggi riprendere, reinterpretare e continuare. Si può esser sicuri che, immediatamente prima ed immediatamente dopo di quel periodo, la Maestà di Vittorio Emanuele Ill e di Umberto II, allorché ricevettero al Quirinale l’Uno l’on. Turati e l'Altro l'on. Nenni non stimarono di far cosa né scandalosa né essenzialmente diversa di quello che facevano ricevendovi l'Uno l’on. Giolitti e l'on. Salandra e l'on. Mussolini, e l'Altro l'on. Ruini, l'on. De Gasperi e l'on. Selvaggi.

E' a questo costume che noi dobbiamo, per primi e senza complessi né di inferiorità né di scandalo, ritornare, se vogliamo essere e nazionali e monarchici e democratici, se non vogliamo gravemente amputare e sterilizzare la nostra azione politica, se vogliamo tener pronto il PNM ai compiti cui l'interesse supremo della Nazione può, forse più presto che non si creda, chiamarlo.

Avversari con tutti, e nei punti programmatici che ci distinguono da ciascuno; nemici con nessuno. Esser sempre e rigorosamente noi stessi, approfondire e qualificare da noi la nostra azione, pronti a collaborare con chiunque quando sia necessario o conveniente, decisi a non confonderci con nessuno: è questa la formula, spregiudicata ma leale, che noi chiediamo al Congresso Nazionale di dare all'azione crescente e maturante del Partito Nazionale Monarchico.

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