La crisi nazionale nella crisi
politica
Un discorso politico non può
concludersi se non con un discorso sul Governo: sul Governo che occorre per la
Nazione.
Ma, prima di fare il discorso sul
Governo che occorrerebbe per la Nazione, bisogna per lo meno accennare - sia
pure con la discrezione che occorre nel guardare in casa altrui - ad un
discorso sul partito di maggioranza relativa. Per tale sua posizione
parlamentare la Democrazia Cristiana è oggi l'arbitra nello scegliere e nel
proporre al Parlamento la formula, il programma del Governo: ciò non significa
che essa possa, in questo campo, fare ciò che voglia, ma che essa è la maggiore
responsabile di qualsiasi cosa vi si faccia. La responsabilità di una scelta
sociale e politica per trarre fuori la Nazione dalla crisi che la attanaglia se
incombe su tutti, incombe massimamente sulla Democrazia Cristiana. E' lei che
deve scegliere: tra Cristianesimo, ché di questo si tratta, e Capitalismo; tra
Nazione, ché di questo si tratta, ed internazionalismo, e sia pure internazionalismo
a striscie e stelle anziché internazionalismo dalla stella in campo rosso; tra
una Democrazia politica la quale non può sussistere se non è sostenuta e
vivificata dalla democrazia sociale, e Stato di polizia, ché di questo oggi si
tratta.
Insomma, e per non citare che i due
oggi più in vista - e forse non tra i più lontani - tra i suoi molti leaders
contrardittori, la Democrazia Cristiana dove scegliere, almeno e senza altri
ritardi, tra Scelba e Fanfani. Tra l'on. Amintore Fanfani (il quale di recente
è stato per circa cinque mesi Ministro dell'Interno ed in quel periodo ha
superato tre scioperi generali nazionali dei lavoratori dell'Industria e tutto
il periodo acuto dello «affare Pignone» senza che gli Italiani quasi si
accorgessero dell'esistenza della Polizia) e l'on. Mario Scelba (il quale nello
stesso pomeriggio in cui andava al Quirinale per presentare al Presidente della
Repubblica la lista del proprio Gabinetto sentiva il bisogno di mandare a
spasso in parata per il centro di Roma le camionette della «Celere») vi è
identità di partito, ma vi è opposizione di Politica, rivelata dalla realtà
delle cose: opposizione ideologica; opposizione morale; opposizione sociale;
opposizione estetica, financo, come l'episodio delle camionette denuncia. Vi è
identità di partito, ma opposizione di Politica, tra Fanfani, Gronchi, Pella da
una parte, e Gonella, Scelba, Togni dall'altra; malgrado la differenze tattiche
e le questioni personali che possono distinguere questi uomini in ciascuno dei
due campi, nell’uno domina la tendenza ad una Politica nazionale e cristiana,
intesa questa parola alla cattolica, e nell'altro domina la tendenza ad una
Politica reazionaria e democratica, intesa questa parola all'americana. Queste
tendenze non sono né fungibili né aggIutinabili tra loro, malgrado le amicizie
personali, i tentativi e le apparenze; ne può bastare l'identità di tessera e di
partito a nascondere o a risolvere la crisi.
Questa è la scelta morale, politica
e sociale che la Democrazia Cristiana deve fare; comunque la faccia, più presto
la farà meglio sarà per lei e, quel che più conta, per la Nazione. Finirà lo
immobilismo suo e del Governo, degli altri partiti e della Nazione, questa, in
un modo o in un altro, a seconda che la scelta cada su l'una o sull'altra
strada, potrà avviarsi a risolvere ed a superare la propria crisi.
Premesso questo discorso sintetico
sul partito di maggioranza relativa e sulle gravi ed urgenti responsabilità che
gli incombono, si può fare il più generale e più importante discorso sul
Governo che occorrerebbe per la Nazione. Il quale, e le ragioni ne sono evidenti
come ne è evidente il già accertato fallimento politico e sociale, non può
essere il Governo quadripartito, comunque atteggiato, rimescolato o rimpastato;
come non può essere l'auspicato da molti Governo di centro-destra, che altro
non sarebbe se non il Governo della «operazione Togni», della schiavitù
italiana sotto il Capitalismo internazionale, e fatalmente dello sviluppo di un
Fronte Popolare ad inevitabile direzione comunista; come non può essere un
Governo di centro-sinistra esclusiva, con saragatto-pacciardiani o meno, il
quale in definitiva trascinerebbe la Democrazia Cristiana ad esser prigioniera
della formula DC-PSI-PCI del « tripartito 1946-47 », già scontato allora, ed
oggi non soltanto sconsigliabile, ma addirittura impossibile per le mutate
condizioni storiche e interne e internazionali.
Se il Governo quadripartito è,
comunque sia atteggiato, il governo dell'immobilismo, e della morte della
Nazione per asfissia, queste altre due formule condurrebbero, prima o poi, ad
un Governo da guerra civile.
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