NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

domenica 2 maggio 2021

Capitolo XXIV : Il grande incontro con Sharkey .

 


 di Emilio Del Bel Belluz

 Dopo gli ultimi incontri vittoriosi, Carnera ritornò a New York. Aveva voglia di riposarsi, di pensare ad altro. Le persone che conosci quando diventi famoso praticando uno sport sono tante, ma è difficile chiamarle amiche, sono quelle che ti stanno accanto solo nel momento della celebrità. Queste parole gliele diceva un campione del pugilato argentino che, appesi i guantoni al chiodo, dovette rifarsi una vita. I soldi che aveva guadagnato con la boxe si erano volatilizzati: quando aveva potuto aveva aiutato gli amici, quelli che una volta ottenuto quello che volevano, lo abbandonarono. La prima cosa che fece fu quella di rimettere a nuovo la casa dei suoi genitori, che se ne erano andati, e che dal cielo sperava si ricordassero di lui e in cui intendeva andarci ad abitare. Con il tempo aveva trovato un lavoro in una famiglia come guardiano notturno, i pugni che aveva preso lo avevano fatto diventare insonne. Aveva una paga onesta che non gli faceva rimpiangere la vita di prima, e in questo lavoro di pugni non ne prendeva. 

Nel periodo successivo all’ addio alla boxe si era sposato con una donna argentina che gli aveva donato alcuni figli e non aveva nessun rimpianto della boxe. Ogni tanto andava a vedere una riunione di pugilato e ritrovava l’ambiente in cui aveva vissuto per tanti anni. Quello che gradiva era che la gente lo riconoscesse e gli chiedesse dei vecchi incontri di boxe. Ma erano altri tempi, ora la sua vita era un’altra, con meno applausi, ma con grande soddisfazione per la famiglia che aveva formato. Carnera rimuginava questi pensieri mentre era seduto in un locale, dove la gente sorseggiava del buon vino. Con sé aveva portato dei giornali che parlavano di boxe e ipotizzavano un incontro tra lui e Jack Sharkey. Scrivevano già dei contratti che erano stai firmati dai managers, ma Primo non ne sapeva ancora nulla. Si scriveva che questo incontro doveva essere considerato davvero importante e valevole quasi come un campionato del mondo. Primo, bevendo del buon vino italiano, sorrise ed era felice di quello che si prospettava, anche se non poteva condividere con nessun amico questa sua gioia. Da anni ormai stava nel mondo della boxe e sentiva che in qualche modo la sua vita pugilistica avrebbe dovuto concludersi con il titolo mondiale. In Europa era considerato il più forte, e questo voleva dire che sarebbe stato il campione dei pesi massimi. Il titolo europeo era alla sua portata, e se avesse potuto stare in Italia non gli sarebbe dispiaciuta la corona in questa categoria. A Sequals avrebbe potuto godere della compagnia della famiglia e dei suoi paesani: proprio in quei giorni, dopo aver incontrato De Carolis, aveva spedito a tutte le famiglie del paese una cartolina con un saluto. La giornata di riposo fu allietata da una cena con Paul Journée che gli annunciò del prossimo match con Sharkey. Alcune cose erano ancora da definirsi, come l’entità della borsa. 

Passarono una serata tranquilla, il suo allenatore era molto importante per lui, era come un padre, lo seguiva e lo supportava sempre. Qualche giorno dopo venne a cercarlo in palestra il suo manager che gli confermò quello che avevano scritto i giornali: l’incontro si sarebbe fatto a ottobre. La data approssimativa era il 12 ottobre, giorno della scoperta dell’America, solo avvenuta nel 1492. Si ricordava bene questa data che aveva studiato a scuola. La maestra aveva pure fatto dei cenni sulla vita di Cristoforo Colombo, e gli era tornato in mente un bel monumento che aveva visto vicino a una chiesa cattolica a San Francisco. Paul Journée gli disse che non c’era tempo da perdere, gli allenamenti sarebbero iniziati quasi subito. Quello che era il più importante combattimento per Carnera, fu anche un tormento, non dovuto tanto a lui, ma al suo avversario che aveva subito degli incidenti durante gli allenamenti. Sharkey si era ferito ad un occhio, a un dito , e il match era stato in pericolo. Nel frattempo Carnera non aveva mai smesso di allenarsi, e con la dura attività fisica era calato di alcuni chili, modellando bene il suo corpo. La gente assisteva ai suoi allenamenti, e questo faceva ben sperare sulla presenza di molti spettatori all’incontro. Costoro non avevano dimenticato il ciclope italiano, il Maciste che diventava sempre più forte. Un fotografo italo-americano gli aveva scattato una bella fotografia con i guantoni, in cui aveva scritto: Primo Carnera, il gigante di Sequals. Spesso la gente gli chiedeva degli autografi e non voleva mai deluderla. 

Agli allenamenti assistevano tanti italiani che si trovavano a vivere in quei luoghi. I suoi fan gli portavano spesso dei regali,tra cui una penna stilografica di pregio con le sue iniziali. Questo dono gliela aveva fatto una ragazza, tra l’altro molto bella con la quale si era intrattenuto a parlare dopo l’allenamento. Gli mancava il piacere di conversare con una donna, e mentre stava in qualche modo rilassandosi lo chiamò con voce imperativa l’allenatore, perché bisognava ritornare in albergo. Quella ragazza presenziò a molte sedute di allenamento, e Primo la trovava simpatica, ma non poteva permettersi delle distrazioni: il momento era determinate. Pochi giorni dopo Carnera saliva sul ring per affrontare sulla distanza delle quindici riprese il pericoloso avversario. Il mondo della boxe era tutto puntato su questo match, a bordo ring c’erano tanti giornalisti e gente dello spettacolo. Carnera appariva tranquillo, aveva attorno al collo la bandiera sabauda. Salutò il pubblico, sventolò il vessilo e molti italiani presenti si alzarono in piedi e fecero altrettanto: fu un momento veramente toccante. L’arbitro Gunboat Smith chiamò i due pugili al centro del ring, e li fece le solite raccomandazioni. Oltre all’arbitro l’incontro aveva due giudici: Georges Kelly e Charles Madison. Carnera era più alto e più pesante del suo avversario. Aveva fatto registrare Kg 118,335 e Sharkey pesava Kg 91,625. L’incontro ebbe inizio e la folla scandiva i nomi dei due pugili. Le prime riprese furono favorevoli a Sharkey, l’ex marinaio andò a segno con dei duri colpi che Carnera aveva assorbito e aveva tentato di reagire, ma non avevano scosso l’americano. Nel quarto round Carnera andava a terra, rialzatosi l’arbitro lo contava e l’incontro ricominciò, ma era talmente debole che ritornò al tappeto. Primo chiaramente provato ritornò a combattere. 

All’angolo del pugile italiano si sentivano le urla di Paul Journée che lo incitava a non arrendersi. Molti italiani presenti all’incontro si alzarono in piedi e urlarono al campione di lottare. Carnera continuò il match, ma l’incontro era ormai ipotecato e ci voleva davvero un miracolo. All’undicesimo round Carnera aveva un occhio tumefatto e quasi chiuso che gli impediva di vedere i colpi di Sharkey. Il match andò avanti e Carnera aveva dimostrato del coraggio, una forza di continuare senza resa, ma la stoffa del campione stavolta non era stata sufficiente. (Carnera) Dodicesimo e tredicesimo round : “ Ormai il match è virtualmente finito poiché Carnera non pensa più che a difendersi. I suoi colpi sono lanciati senza convinzione e non possono più provocare il Ko dell’avversario, il solo che potrebbe mutare le sorti del combattimento. Il pubblico incita l’americano affinché chiuda il combattimento col Ko, ma la resistenza e la forza di volontà di Carnera hanno del fantastico. Pur dovendo superare momenti pericolosissimi specialmente nella quindicesima ripresa, durante la quale l’ex marinaio ha cercato selvaggiamente di stendere il gigante ai suoi piedi. Carnera finisce il memorabile incontro senza porre altre volte il ginocchio a terra e dando prova di possedere non comuni doti d’incasso e di recupero. I giornali americani furono tutti concordi nel rilevare che Sharkey aveva disputato un grande combattimento e che la sua forma era molto migliore di quella del suo match con Mickey Walker. 

I critici d’oltre Oceano riconobbero in Carnera un grande coraggio e un centrato jab sinistro, ma lo giudicarono ancora acerbo in fatto di tecnica, per battersi con i grandi artisti del ring dalla velocità e mobilità dei quali egli era dominato”. Carnera quella sera si fece medicare nei camerini. Il dottore non riscontrò complicanze di nessun genere e non occorrevano punti di sutura sul sopracciglio. In camerino il suo allenatore cercava in qualche modo di consolarlo, era stata una giornata dura, ma spesso gli diceva che una sconfitta si può trasformare in una rivincita. La gente della boxe era abituata a questi momenti, alla sconfitta ed alla profonda malinconia che ne conseguiva. La stanchezza che ti assaliva dopo l’incontro era davvero indescrivibile, non c’erano paragoni di sorta, ma c’era sempre la speranza che tutto potesse andare a posto. Il suo avversario era stato sconfitto sei mesi prima dal tedesco Max Schmeling per il titolo mondiale dei pesi massimi. Questa sera, invece, aveva vinto e per lui era comparsa una nuova speranza. Prima di lasciare gli spogliatoi, Primo fu intrattenuto da alcuni giornalisti, ed uno di loro gli chiese se non era ora che si ritirasse. Carnera gli ripose con un sorriso, che accontentò tutti. Il giorno dopo, il 13 ottobre 1931, si era fatto portare un pacco di giornali assieme alla colazione, e mentre stava mangiando lesse che il pugile Johnny Grosso era stato ucciso. Si ricordò subito del momento in cui si erano conosciuti, e della speranza che nutriva di poterlo incontrare sul ring: un match tra italiani, ma ora era morto. Si ricordava che il Grosso gli aveva detto che era apparso sulla copertina della rivista The Ring e questo non era poca cosa. 

Significava che all’inizio della carriera era tra i pugili più promettenti. Carnera soffrì più intensamente per la morte di Grosso che per la sua sconfitta con Sharkey. Primo lesse che Johnny Grosso era nato in America il 1 gennaio 1925, aveva entrambi i genitori italiani di Genova, Sanpierdarena e la doppia nazionalità. Rimase orfano di entrambi i genitori a 14 anni, e dovette fin da subito rimboccarsi le maniche e si mise a lavorare in una fabbrica di bottiglie. Aveva iniziato molto giovane a calcare il quadrato, inanellando incontri e vincendone 22 per Ko. Ma la storia di questo pugile veniva fermata aspramente e tragicamente il 14 ottobre 1931 a soli 27 anni, per mano di un sicario. Sempre il giornale Monut Veron, NY diceva: “Johnny Grosso, ex sparring partner di Gene Tunney e Jack Sharkey , secondo la polizia era un piccolo estorsore di denaro che usava l’intimidazione, e morì sul colpo questa mattina crivellato dai colpi sparati da un automobile in corsa mentre si trovava all’angolo di Gramatlan e Sydney Avenues. Venne colpito da quattro proiettili alla schiena. La polizia dichiarò che era stato coinvolto in estorsioni e che avrebbe subito un processo il lunedì seguente a White Pains per aggressione. Il suo avvocato fu l’ultimo a incontrarlo. Pure lui archiviò il fascicolo del suo cliente”. Carnera era molto triste e in questi momenti gli era di conforto suonare la fisarmonica. Quella sera si mise fuori dell’albergo a suonare e a cantare con quella voce da baritono che possedeva. Alcune persone si fermarono per ascoltare la sua voce che lasciava trapelare una vena di malinconia. 

Gli piaceva riproporre quelle canzoni che al suo paese si cantavano in occasione della sagra del patrono. Concluse la triste giornata bevendo un bicchiere di vino in onore e in ricordo del suo caro amico. Dopo lo sfortunato match con Jack Sharkey fece altri due incontri prima della fine dell’anno. Il primo, il 19 novembre 1931 a Chicago dove vinse ai punti contro King Lewinsky, una vittoria che lo ristorò nel cuore, e per Carnera che ripartiva alla caccia al titolo mondiale dei pesi massimi, fu un buon inizio. L’anno pugilistico di Carnera si concluse il 27 novembre con la vittoria per Ko al secondo round, contro Tony Campolo, un gigantesco pugile d’origine argentina, nel prestigioso Madison Square Garden. Il suo allenatore era rimasto soddisfatto della ripresa agonistica di Primo che faceva ben sperare in una nuova serie di vittorie.

 

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