NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

sabato 5 settembre 2020

La galleria che ricorda il nostro Re, Vittorio Emanuele III

dal sito https://latracciaescursioniemontagna.com/

di Paolo Casotto



La fine della Seconda Guerra Mondiale, le epurazioni e la sconfitta della monarchia nelle elezioni  non sono riuscite a far cancellare l’intitolazione della galleria che ha salvato l’esito del 1° Conflitto Mondiale. Concepita e organizzata, per essere il “nocciolo” del Grappa, studiata per poter sopravvivere e combattere sotto una corteccia rocciosa di circa 25 metri, ha permesso al soldato italiano di resistere e di mantenere il fronte. Il Generale Cadorna, comprese subito l’importanza di questo monte e ne dispose uno studio per renderlo una fortezza inespugnabile. La costruzione della galleria iniziò dopo la seconda battaglia del Grappa, 11-22 dicembre 1917, anche se dei primi lavori e misurazioni con strumenti tecnici  iniziarono nei primi giorni di dicembre 1917. Il Gruppo Lavoratori del Ten. Col. Del Genio Gavotti, iniziò subito impiegando perforatrici, carrelli, pale e picconi. Per la costruzione lavoravano contemporaneamente anche 400 perforatori, di tipo “Diatto”, “Romeo Italiano Piccolo” e “Skoda” sottratto al nemico. Il Genio Militare assieme ad operai civili, dimostrarono ancora una volta, le superiori attitudini e le sorprendenti riserve di arte, iniziativa e dottrina. La costruzione del nocciolo del Grappa provocò un totale di circa 80 mila  mc di scavo, tale ingente volume di scavo poteva intendersi ripartito: 1/10 di roccia da mina, 6/10 di roccia tenera e 3/10 di terra forte. Operarono circa 7000 lavoratori adeguatamente dotati di mezzi e di strumenti (compresi i trasporti). Lo sviluppo complessivo di tutta la galleria Vittorio Emanuele risultò di circa 4500 metri,      il tronco principale, spina dorsale del complesso, misurava oltre 1500 metri, con direzione longitudinale  sud-nord, ricco di numerosi rami e bracci a giro d’orizzonte dove si affacciavano artiglierie di medio calibro, armi a tiro rapido e osservatori. Il nocciuolo era stato progettato con spazi per tutte le necessità, dai magazzini ai serbatoi di acqua potabile in caverna, all’infermeria con mobilio e brandine. La sezione media delle gallerie era di 2 metri in altezza per 1,5 di larghezza, questo portava alla capacità di 4 uomini per metro lineare. La galleria era illuminata da luce elettrica, grazie a sei gruppi elettrogeni, vi erano posizionate 200 lampadine a filamento metallico. Fu predisposta una difesa contro i gas su tutti gli ingressi dei ricoveri e delle caverne con delle tende antigas impregnate con soluzione di ipoclorito di calcio. La galleria possedeva due pozzi che assicuravano un energico fenomeno di aspirazione verso l’esterno del fumo e dei gas provocato dalle batteria in caverna e altri ventilatori aspiranti facilitavano il movimento dell’aria. Visto il terreno così pieno d’insidie e così accidentato, con un nemico vigile e sempre pronto ad cogliere occasioni, fu predisposto un servizio fotoelettrico per individuare anche il minimo movimento notturno del nemico. Nel marzo 1918 c’erano in posizione 50 fotoelettriche. Ogni fotoelettrica si spostava su un piccolo binario Decauville dal ricovero alla piazzola. Nel massiccio del Grappa, subito dopo la prima occupazione del novembre 1917, il genio militare cominciò a lavorare per poter fornire l’acqua potabile alla grande massa di combattenti. Già nel mese di dicembre al monte Archeson a circa 1400 metri era assicurata una fornitura di 8000 litri all’ora, pompata da motori elettrici. Le potenti centrali di pompaggio sorsero a Ferronati, Santa Felicita, Osteria del Campo, Capitello, Borso, Covolo, San Liberale, Caniezza. Per le comunicazioni, l’Armata del Grappa possedeva diciannove compagnie telegrafiste, dipendenti dal Comando Genio dell’Armata. Le linee erano aeree e interrate. Nella galleria Vittorio Emanuele III (nocciuolo del Grappa) furono messi in opera 4 chilometri di cavi aerei, cassette di protezione a 20 linee, 8 cassette di distribuzione. Una stazione radiotelegrafica da 500 watt era impiantata sulla cima, con cavi armati; erano stabilite le comunicazioni tra il nocciuolo e i circostanti capisaldi anche otticamente. I centralini e le stazioni ottiche di trasmissione più esposte, erano sistemati nelle caverne della cima. La galleria Vittorio Emanuele III fu dotata di una speciale colombaia per 50 colombi per il servizio di corrispondenza messaggi. Nel marzo del 1918 il Re soldato visitò la vetta e lo stato dei lavori, con tristezza sopra la cuspide del piccolo Oratorio non trovò più la statua della Madonnina,  abbattuta dallo spostamento d’aria causato dall’esplosione di una granata d’artiglieria nemica il 14 gennaio 1918. Durante la battaglia dello solstizio di metà giugno 1918 tutte  le opere completate della galleria dimostrarono la loro funzionalità, le batterie in galleria aprirono il fuoco e i rifornimenti di ogni tipo arrivarono a destinazione. Furono sgomberati feriti e ammalati, sostituiti contemporaneamente dai  nuovi rincalzi della classe 99. Il Generale Gaetano Giardino, Comandante dell’Armata del Grappa, accompagnò più volte S.M. Vittorio Emanuele III a visitare la galleria e a osservare il terreno circostante dagli osservatori predisposti. Nei primi giorni di agosto 1918 la galleria Vittorio Emanuele III era completata e funzionante in tutte le sue parti. Funzionava come un meccanismo perfetto con attente regole e disciplina da parte di tutti, Ufficiali e soldati. Durante la battaglia di Vittorio Veneto (24 ottobre – 4 novembre 1918) il nocciuolo del Grappa e la galleria fornirono il supporto di fuoco determinante per il sostegno alle truppe in linea, allo sviluppo della manovra portando alla disfatta nemica.

Dopo la Grande Guerra, durante ricorrenze o cerimonie, patriottiche o religiose svolte sulla cima del sacro Monte, la grande galleria Vittorio Emanuele III viene presentata a moltissimi visitatori, autorità  italiane e straniere. L’opera fu studiata anche da altri eserciti come quello americano, che visitò l’opera già due mesi dopo il termine delle ostilità, nel gennaio 1919. Da oltre un secolo si rinnova la visita dell’area monumentale, da parte di studenti accompagnati dai loro docenti, da associazioni e da semplici turisti, tutti la conoscono diventando nel panorama storico, un’attrattiva tecnica di ingegneria da studiare e approfondire. Il nostro Re, vivendo al fronte con i suoi fanti, ha accompagnato la costruzione e con la sua costante presenza sulla linea del fronte, ha sigillato il prestigio di questa determinante opera.

 Paolo  Casotto

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