NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

venerdì 5 aprile 2019

Daranno la cittadinanza a Rami Ma lui si sente davvero italiano?


Le radici egiziane esibite dal giovane eroe del bus ne fanno dubitare. E la Francia insegna

di Salvatore Sfrecola

Per giorni i mezzi d'informazione hanno cercato di convincerci che è ingiusta la condizione dei bambini, figli di stranieri, nati in Italia, che non hanno la cittadinanza italiana eppure studiano nelle nostre scuole, condividono lo stesso banco con i nostri figli e i nostri nipoti. Bambini che parlano italiano, anzi si esprimono in dialetto milanese, bergamasco o romano. Che si sentono italiani,
che tifano Milan o Juventus.
Ed è cosi che Rami, il coraggioso. piccolo egiziano che, coadiuvato da Adam, marocchino, e da altri compagni italiani, è stato determinante per la salvezza dei 51 presi in ostaggio dal conducente «italiano», ma di origini senegalesi, avrà la cittadinanza italiana. La merita senza dubbio per aver contribuito in modo determinante a salvare i suoi compagni in un pullman che presto sarebbe stato in fiamme. Nessuno ha dubitato del coraggio di Rami e degli altri. È lecito dubitare, pero, che quel bimbo che studia, fianco a fianco con i nostri figli e nipoti, secondo la retorica cui ricorrono insistentemente i fautori dello ius soli, si «senta» italiano,cornei compagni che lo sono grazie allo ius sanguinis, perché figli di italiani.
Il dubbio è dato dalle immagini del bimbo che, accanto ad un sorridente Bruno Vespa, a Porta a Porta esibiva sulle spalle la bandiera dell’Egitto. Nulla di strano, quel bimbo è egiziano e si sente orgogliosamente egiziano, come è giusto che sia, erede di una grande civiltà. Perché Rami dovrebbe dimenticare le sue origini, la sua identità? Perché dovrebbe, invece, sentirsi italiano, figlio di Dante e di Petrarca, di Galileo e di Manzoni, perché dovrebbe ritenere che il padre della patria sia Vittorio Emanuele II e non Ramses II o Nasser o Saddam?
Il fatto è che l'identità di un popolo è costituita dalla naturale percezione dell’appartenenza che la famiglia rappresenta e la scuola conferma e arricchisce con le nozioni della storia e della cultura letteraria e artistica. Ugualmente l’identità di un popolo è data dall’ambiente naturale, per noi dalle valli e dalle montagne della nostra Penisola, dal verde dei prati e dal candore delle nevi, che non sono la sabbia distesa nella pianura egiziana dalla quale si stagliano i monumenti della magnificenza dell’antico regno, dalle piramidi di Giza ai templi di Luxor e di Tebe.
Non si lasciano mai del tutto le proprie radici, anche quando si recepiscono la cultura e le tradizioni del popolo con il quale si vive. Nel bene e nel male lo dimostra la cronaca delle azioni terroristiche dei «francesi» di seconda e terza generazione che non hanno acquisito l’identità della nazione che li ospita, che non diviene la loro patria, perché non è la terra dei loro padri. Per cui non si sentono tenuti a rispettare «con riconoscenza il patrimonio materiale e spirituale del paese che li ospita, ad obbedire alle sue leggi, a contribuire ai suoi oneri», come si legge al n. 2241 del Catechismo della Chiesa cattolica. Anzi, considerato che, come ammoniva  San Giovanni Paolo II. il «diritto primario dell’uomo è di vivere nella propri a patria ». quei «francesi» si sono sentiti sradicati dalla loro terra ed orgogliosi della loro cultura hanno cominciato a disprezzare l’Occidente corrotto, dove le donne provocano gli uomini esibendo le chiome corvine, che l’usanza islamica vorrebbe coperte, ed espongono le gambe con quelle ardite minigonne che a noi, invece, piacciono tanto. Per non dire della religione che esprime valori civili e spirituali nei quali i musulmani sono immersi. Basta viaggiare con la compagnia aerea di un paese islamico per sentire ricordare l’orario delle prediche dell’imam. Immaginate se su un aereo italiano si ricordasse ai viaggiatori l’orario delle messe!
La conclusione è che un a vera integrazione è il più delle volte impossibile. E chi ha una identità importante non l’abbandona in favore di quella del popolo che lo accoglie. E spesso cova sotto la cenere il culto della propria identità. Può rimanere un fatto culturale, ma può sfociare, com'è accaduto, nella ribellione,anche armata.
Molti ricorderanno che, in occasione della commemorazione delle vittime dei terroristi nel parigino Bataclan, in una scuola italiana le ragazze di fede musulmana rifiutarono di alzarsi in piedi per il minuto di silenzio. Quelle ragazze parlano italiano, forse sono attratte dai nostri costumi, dal modo di vestire delle nostre donne, ma non sono state capaci di un atto di pietà nei confronti di giovani uccisi in nome di una errata interpretazione della volontà del loro Dio.

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